Calabria, incendi e taglio alberi: ecco chi c’è dietro al disastro ambientale

Chi c’è dietro al più grande disastro ambientale di tutti i tempi? Cosa si nasconde dietro la strategia degli incendiari che evidentemente o lo stato copre o non è in grado di controllare nonostante si sviluppi al suo interno? Non si scappa e non c’è via d’uscita.

Dev’essere per questo che i grandi media non si avventurano in inchieste e non cercano con insistenza una spiegazione. Ma qualcuno che ha voglia di lavorare d’inchiesta, per fortuna, ancora c’è. Su Tiscalinews Antonio Manna qualche anno fa (ma la situazione – ahinoi – è sempre uguale se non ancora peggiore) provava a darsi una spiegazione.

“… Fin dai primi inneschi, la domanda è corsa insieme all’indignazione. Chi c’è dietro questa incredibile catena di falò? Alcuni hanno gridato al grande disegno di speculazione, ordito non si sa bene da chi: poteri oscuri e occulti, forse palazzinari, imprenditori corrotti, forse la camorra o la ‘ndrangheta. Una qualche organizzazione che a tavolino avrebbe deciso di dare il via alla distruzione per aprire lo spazio a una catena di profitti. Speculare su cosa? Sul rimboschimento? Sulla bonifica dei suoli? Sullo smaltimento delle ceneri? O su cos’altro?”.

Manna approfondendo la sua inchiesta scrive anche che qualche volta ci si imbatte in abitanti di zone boschive che si “divertono” o altri sprovveduti ai quali scappa di mano un incendio. Le scuole di pensiero sono due. Manna, che tuttavia si riferisce soprattutto alla realtà campana, sostiene che almeno da quelle parti “non c’è nulla che somigli a quel grande complotto esterno a cui spesso ci si attacca per non vedere la durissima realtà: e cioè che siamo bravissimi a farci male con le nostre stesse mani”.

Ma qui in Calabria, come del resto in Campania, le speculazioni sul rimboschimento, sulla stessa bonifica dei suoli e sullo smaltimento di ogni tipo di rifiuti, sono pane quotidiano e forse sono anche una chiave di lettura del fenomeno. Così come la frustrazione di forestali che non lavorano, che potrebbero agire insieme a volontari dei vigili del fuoco senza stipendio e dunque sono massimi esperti delle cose riguardanti i boschi e gli incendi. Potrebbero essere coinvolte anche associazioni di protezione civile, piloti di canadair e gente che sta nel grande business delle centrali a biomasse. Ci stanno tutte le ipotesi. 

Le falle del sistema

“… Di sicuro – scrive ancora Manna – la catena di incendi ha svelato, però, un sistema di controllo, di prevenzione e di pronto (si fa per dire) intervento che ha fatto acqua (se anche questa metafora non risultasse azzardata). Qualcosa non ha funzionato, è evidente: sia nella manutenzione del territorio sia nella prevenzione sia nel monitoraggio sia nella capacità di intervenire tempestivamente e spegnere sul nascere i focolai. Proprio per questo cresce sui territori un senso di abbandono, insieme alla tentazione di un fare da sé, sia controllo sia giustizia…”.

La taglia sui piromani

“… Nasce da qui, probabilmente, la proposta di Salvatore Aceto, l’ imprenditore di Amalfi che ha lanciato una raccolta fondi per mettere la taglia sugli incendiari. Una ricompensa, insomma, su chi fornirà alle forze dell’ordine notizie utili per individuare i piromani. “In realtà i fondi – aggiusta un po’ il tiro l’imprenditore, in una dichiarazione alla Stampa – servirebbero anche per fare prevenzione e controllo del territorio, sempre ovviamente insieme alle autorità pubbliche”.

Fin qui l’ottimo Manna su Tiscalinews.

Il ripetersi degli eventi depone per atti di singoli soggetti o gruppi di soggetti che con accurata conoscenza orografica stanno attuando una strategia distruttiva che prevede, anche, risorse economiche, provvidenze emergenziali, utilizzo di ausili, personale, mezzi. Per ogni posto danno vita ad un’opera scientifica di distruzione attaccando su più fronti concentrici per sterminare il più possibile. Operazioni come quelle di Longobucco e di Rose non possono non avere una regia dall’alto. Troppo sistematiche per lasciare spazio al caso. C’è un disegno. E oggi sappiamo anche che il comandante della stazione dei carabinieri forestali di Longobucco, Carmine Greco, è stato arrestato. La fatidica prova del nove. 

La Calabria brucia non per un pugno di incendiari, ma per colpa di qualcuno che, insieme a loro, specula su tutto quello su cui si può speculare. Allora sì che la latitanza delle pubbliche istituzioni è deplorevole e complice, perché non è possibile che si possa andare avanti a questo ritmo se non ci fosse qualcuno che copre o non vede. Il primo atto tangibile dell’arresto del maresciallo va benissimo ma non può essere un atto isolato, c’è bisogno di andare fino in fondo.