di Gabriele Carchidi
Se chiudo un attimo gli occhi me lo vedo ancora davanti nella sua inimitabile imponenza nello studio radiologico di via Montesanto oppure al palazzetto di via Popilia per le partite del Club Basket Cosenza. Francesco Lanzone ha dedicato la sua vita alla professione ereditata dal padre e coltivata con grande dedizione. Ci spiegava il mondo dei raggi e delle Tac con semplicità e ci faceva capire quanto fosse fondamentale nel cammino della ricerca medica. Era impegnato anche col sindacato, con il Sumai, e ultimamente gliele aveva cantate a tutti per lo sfacelo dell’Asp di Cosenza. Il suo aspetto professionale è stato sempre impeccabile così come il suo savoir faire all’insegna della gentilezza e di quel pizzico di ironia che lo rendeva speciale. Qualità che aveva confermato anche in quei tre anni da consigliere comunale che aveva onorato come sempre con il massimo impegno.
Ma quello che ho conosciuto di più è stato l’aspetto della passione sportiva. Francesco amava il basket da competente perché aveva anche giocato e si era lanciato da dirigente nell’avventura del Club Basket insieme all’avvocato Enzo Aprile, a metà degli anni Novanta con quel gruppo di amici che lo avrebbero accompagnato sempre nel suo percorso di vita tra i quali Riccardo Adamo e Antonello Antonante, recentemente scomparsi.
Era stato proprio il dottore Lanzone a “convincere” Salvatore Perugini (che poi lo avrebbe portato in consiglio comunale con lui nella sua esperienza di sindaco della città ) ad unirsi alla compagnia per la scalata al basket nazionale, che ha coinvolto per diversi anni migliaia di appassionati. Francesco aveva la “cassa” della società e tutti i dirigenti non ci avevano pensato neanche un attimo a investirlo del delicato compito ma faceva anche altre mille cose per la causa e quegli anni sono stati straordinari per chi li ha vissuti insieme a loro come ho fatto io, col compito di raccontarne giornalisticamente le gesta. Tra telecronache, articoli e persino qualche conferenza stampa con la solita raccomandazione di Francesco di non esagerare, salvo poi vederlo quasi arrampicarsi sui “ferri” del palazzetto quando qualche arbitro lo faceva incazzare. Che tempi! Ciao Francesco, che la terra ti sia lieve e salutami tanto anche Riccardo e Antonello.