dalla pagina FB di Luigi Caputo
“Lasciate ogni speranza, voi che entrate”. È mai possibile che la terribile frase dantesca debba essere associata ad un ospedale cittadino, quello dell’Annunziata di Cosenza, nell’anno di grazia 2020?
È mai possibile che a queste latitudini si debba avere il timore di accedere a un luogo deputato alla cura e alla salute delle persone, perché potrebbe accadere l’irreparabile?
Giovedì sera all’Annunziata è scomparsa una ragazza di 34 anni, Mariangela, incinta al sesto mese. Le cronache ci dicono che si era presentata al Pronto soccorso già lunedì, che era stata dimessa e che poi era tornata mercoledì ancora in preda a forti dolori.
Una notizia che mi ha sconvolto.
Lo so cosa si prova quando si arriva a varcare quella soglia, pieni di speranza e di attesa, ma anche di mille preoccupazioni. L’ho vissuto in prima persona meno di un mese fa. Un marito accompagna la propria moglie e in questo tempo di emergenza sanitaria per il Covid (che a Cosenza – grazie al cielo! – non c’è mai stata realmente), non può accedere con lei in pronto soccorso, non può accompagnarla in reparto, non può farle compagnia, non può tenerle la mano, non può darle conforto. Resta un contatto whatsapp, un telefono e poi nulla più. Dall’altra parte, personale sottodimensionato per logiche disumane e pazienti abbandonati alla mercè del proprio destino, come se fossero improvvisamente piombati in uno sperduto villaggio nella foresta o in un passato lontano. “Sto male, non riesco a respirare, sono sola, qui non c’è nessuno!”: questo è l’ultimo disperato messaggio di Mariangela…
Mi chiedo come sia possibile morire così, nel 2020. Te lo chiederai anche tu, povera Mariangela, ragazza che non conoscevo ma per la quale provo una pena immensa. Chissà quante speranze, quali sogni avevi affidato alla creatura che portavi in grembo. Chissà quale futuro avevi immaginato insieme a tuo marito (che non conosco, ma al quale sento di inviare un abbraccio pieno di rabbia e dolore) per una famiglia che si sarebbe arricchita di una nuova luce, la più bella, quella della vita, e che invece oggi è sprofondata nel buio.
No, non si può morire così, nel 2020, in una città che vuole dirsi civile.
La giustizia deve far luce. Se ci sono state negligenze, devono essere punite.