Cosenza. Ciao signor Peluso, storico collaboratore dell’Ufficio Stampa di Palazzo dei Bruzi

E’ scomparso ieri all’età di 77 anni Saverio Peluso, ex dipendente del Comune di Cosenza, in pensione dalla fine di giugno del 2002. Per lungo tempo Saverio Peluso, che era nato il 10 aprile del 1946, ha prestato servizio come collaboratore amministrativo dell’Ufficio Stampa di Palazzo dei Bruzi. Oggi quel nucleo storico di giornalisti dell’Ufficio Stampa del Comune (da Elena Scrivano a Giuseppe Di Donna a Federico Bria) che conobbero da vicino le sue qualità, ne piange la scomparsa, nella consapevolezza di aver perduto non solo un validissimo collega di lavoro ma anche un grande amico dal cuore d’oro.

Quando la rassegna stampa si confezionava artigianalmente ed era ancora lontano l’avvento delle nuove tecnologie che hanno semplificato notevolmente il lavoro con la digitalizzazione degli articoli di giornale, Saverio Peluso insieme a Davide Guzzo (scomparso da qualche anno) e successivamente ad Emilio De Luca, armato di forbici e colla, ogni mattina selezionava i giornali fotocopiandoli a beneficio di sindaci, assessori e consiglieri comunali. Una rassegna stampa ante litteram di cui Saverio può essere considerato un autentico pioniere.

Questa la testimonianza affettuosa di Giuseppe Di Donna, che doverosamente ha ricordato la memoria del suo collega di lavoro. La nostra generazione di giornalisti nati negli anni Sessanta, ovviamente anche chi non ha lavorato all’Ufficio Stampa del Comune di Cosenza, ha avuto modo ugualmente di conoscere “Franco” (come lo chiamavano tutti) Peluso e il suo genuino savoir faire fatto di pazienza, a volte di complicità ma soprattutto di squisita cortesia. Franco Peluso era un rendese doc e gli piaceva esternare la sua “rendesità” anche in un contesto decisamente “cosentino” e gli sfottò reciproci con lui sono uno dei ricordi più belli che conservo personalmente della mia lunga esperienza di cronista “politico” degli anni Ottanta e Novanta. Sia con le televisioni che con i giornali. Quando non lo chiamavamo Franco, spesso diventava il “signor” Peluso e mi sembra ancora di rivedere il suo sorriso sornione ma divertito ogni volta che ci si incrociava. Con lui se ne va un pezzo di storia di Palazzo dei Bruzi quando ancora agli incappucciati e ai guappi di cartone era vietato metterci piede. Bei tempi! (g. c.)