Lo scrivevamo ormai da anni e ben prima delle ultime tragicomiche elezioni comunali che al Comune di Cosenza sotto la “guida” (si fa per dire) del cazzaro Occhiuto l’opposizione non esisteva e la prova vivente di questo concetto si chiama Marco Ambrogio, il quale ben prima di convolare a nozze con l’assessore Rosaria Succurro inciuciava con Occhiuto e con i clan mafiosi con i quali faceva affari. In questo pezzo ricapitoliamo i fatti salienti di questo rapporto malato, anche perché questo soggetto ha di nuovo tolto la testa fuori dal sacco non solo per fare da stampella ad Occhiuto (ché ormai questo lo sanno tutti) ma addirittura per proporre il dissequestro di piazza Fera, oltre che per i “successi” (sempre si fa per dire) della moglie. Insomma, la faccia come il culo più che comunista col culo degli altri.
I lavori riguardanti l’ultimo tratto di pavimentazione di corso Mazzini (la zona che coincide con la celeberrima “salita di Pagliaro”) sono stati subappaltati dalla Barbieri Costruzioni, l’azienda che ha vinto l’appalto per i lavori di piazza Fera/Bilotti, all’impresa Alvir Srl. Sì, proprio quella dei fratelli Rubino, molto chiacchierata e già aggiudicataria di affidamenti diretti e appalti pilotati per un ammontare complessivo di un milione di euro. La notizia ci era stata confermata da fonti molto attendibili della politica cosentina. Ma era tranquillamente visibile anche dalle insegne dell’impresa sul posto.
Quella era l’ennesima riprova che il “sistema Occhiuto” era così potente a Cosenza da ricordare per molti versi quello, ormai famoso, di “Mafia Capitale”. Per semplificare: Cosenza Criminale. Occhiuto e i suoi “amici” hanno creduto di poter fare quello che volevano e di rimanere sempre impuniti. Ma questi fatti sono largamente a conoscenza anche della Dda di Catanzaro, che a quanto ne sappiamo, sta attenzionando da tempo una serie di aziende.
La Alvir avrebbe preso probabilmente tutti i subappalti dall’affare che Occhiuto stava chiudendo ancora con la Barbieri Costruzioni per un tratto più lungo della pavimentazione di corso Mazzini. Un affare da mezzo milione di euro che, però, Occhiuto ha fatto in tempo a mandare all’aria dopo una segnalazione del consigliere comunale Marco Ambrogio.
Appalto revocato e un sospiro di sollievo.
Il consigliere comunale del Pd Marco Ambrogio è da sempre un finto oppositore del “sistema Occhiuto” del quale invece fa pienamente parte, anche perché ha sposato l’assessore Succurro (pensa tu che oppositore serio!).
Tra l’estate e l’autunno 2015 aveva diffuso comunicati stampa nei quali si occupava delle questioni relative agli affidamenti diretti e agli incarichi che il sindaco Occhiuto continuava ad elargire senza curarsi di nessuno. Ambrogio era funzionale a denunciare quei subappalti di Barbieri che poi andavano revocati per non dare nell’occhio.
Ma leggete e rendetevi conto.
“Questa estate (siamo nel 2015, ndr) – scriveva Ambrogio – avevamo fortemente sollecitato al sindaco Occhiuto l’annullamento di un affidamento diretto nel campo dei Lavori Pubblici concernenti la pavimentazione del primo tratto di Corso Mazzini tra Viale Trieste e Via Piave che superava di gran lunga il sotto soglia (490mila euro).
Il sindaco dal canto suo, a malincuore, decise di seguire il nostro consiglio annullando quell’atto palesemente illegale bandendo una gara pubblica.
Oggi purtroppo siamo costretti a ritornare sull’argomento sempre in merito ad affidamenti di incarichi relativi a quel tratto di strada. Questa volta però dobbiamo puntare il dito contro l’affidamento della progettazione e direzione lavori. Naturalmente nulla contro l’ingegnere Francesco Tucci, stimato professionista che sta già seguendo il cantiere di Piazza Bilotti, ma ci sentiamo di fare emergere un’anomalia che porterebbe il Comune a pagare due volte uno stesso progetto.
Infatti durante la giunta Perugini fu affidato quell’incarico all’ufficio tecnico comunale che si occupò di redigere proprio quel progetto di quel tratto di strada (e le carte sono agli atti) ad un costo irrisorio senza dover ricorrere a tecnici esterni.
Capiamo che è usanza assai consolidata della gestione Occhiuto elargire incarichi professionali tutti rigorosamente esterni ma non possiamo far finta di non sapere e non vedere che esistono agli atti progetti già redatti sperperando così una qualsiasi cifra che in questo caso sfiora i 500mila euro.
La determina é la 2692/2015 con la quale si sancisce a nostro avviso un ulteriore illecito amministrativo che sarebbe perseguibile penalmente e dalla Corte dei Conti. Al sindaco Occhiuto intimiamo l’annullamento della stessa premunendoci di fargli recapitare il progetto già esistente, qualora continuasse ad ignorarlo, che seppur stilato da tecnici interni è degno di potere essere attuato a costo zero.
Per il futuro ci auguriamo che questa amministrazione possa valorizzare il personale interno evitando il continuo sperpero di denaro pubblico praticando finalmente la buona amministrazione“.
Fin qui, correttamente, abbiamo riportato il pensiero di Marco Ambrogio.
Ora, però, una domanda sorge spontanea: ma se già Ambrogio si era preso le “maledizioni” dei suoi colleghi di opposizione (che poi avrebbero fatto quasi tutti la sua… stessa fine) per aver, in pratica, offerto la possibilità a Occhiuto di revocare un appalto palesemente illegale, perché ha ripetuto l’operazione a mo’ di coniglio che esce dal cilindro? Sbagliare è umano ma perseverare è diabolico se non funzionale alla logica di Occhiuto.
Non sarebbe stato più producente recarsi direttamente negli uffici della procura della Repubblica di Cosenza e denunciare il tutto? Certo, anche lì ci avrebbe pensato Spagnuolo a mettere a tacere tutto ma così facendo, invece, Ambrogio avvalorava i sospetti di “combine” con Occhiuto e non rendeva un servizio alla comunità ma soltanto al… sindaco. Che infatti ha proceduto ad annullare la determina. Come il gioco dei due compari. Anzi… tre con l’aggiunta dell’assessore Succurro.
PS: quei lavori tra viale Trieste e via Piave sono stati desolatamente fermi mesi e mesi perché il Comune ha “litigato” con l’impresa Iaria di Reggio, ingaggiata dopo il “regalo” del marito della Succurro. Ora sono terminati e Iaria è stato costretto a chiamare Lino Polimeni per chiedere lumi sulla pratica per i pagamenti, il quale a sua volta è arrivato alla corte dell’ormai leggendario Giuseppe Uomo-Zainetto Nardi… Poi il dissesto l’ha spazzato via…