Nel novembre 2015 la procura della Repubblica di Cosenza ha assolto tutti gli imputati dal cosiddetto “processo delle cooperative”. Sia Ivan Trinni e Domenico Plateroti che i dipendenti comunali Mario Massaro e Luigi Sicoli. Le ipotesi di reato contestate, a vario titolo, erano di falso, corruzione e tentata estorsione. Sono crollate tutte, una per una. O meglio: non ce n’era una ritenuta fondata.
Il loro grande accusatore era stato il sindaco in persona, Mario Occhiuto detto anche Mario il bugiardo. Un vecchio adagio dice che il tempo è galantuomo e poiché in questa città spesso e volentieri si ha la memoria corta, ci sembra più che mai doveroso riportare quanto affermava pubblicamente il sindaco all’indomani degli arresti. Un delirio di dimensioni stratosferiche.

Da analizzare passo per passo. Siamo a maggio del 2013.
“A nome della città e dell’istituzione che rappresento – affermava Occhiuto -, esprimo tutto il mio apprezzamento alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza e al questore Alfredo Anzalone per l’inchiesta giudiziaria che ha fatto emergere un clima di minacce e pressioni… ”.
Il sindaco voleva dimostrare di essere vittima mentre in realtà aveva già gestito e voleva gestire lui la situazione accordandosi con uno dei clan e calandoci anche il “carico” degli arresti. Un piano per certi versi diabolico. Del quale torneremo a parlare quando arriverà alla conclusione l’inchiesta della Dda di Catanzaro su mafia e politica a Cosenza.
“La vicenda delle Cooperative sociali – dichiarava ancora Occhiuto – ha condizionato la tranquillità della macchina municipale, attraverso occupazioni e dimostranze oltre il limite del consentito, come attesta oggi l’inchiesta della Procura. Da parte nostra, mi sembra giusto ricordare che Palazzo dei Bruzi ha gestito questa vicenda nell’unico modo possibile, ovvero nel rispetto della legalità. Solo così, infatti, in futuro potremo continuare a garantire i servizi, tutelando i lavoratori onesti e salvaguardandone i posti occupazionali esistenti. Tant’è che ancora prima della scadenza del contratto, avevamo deciso di dare seguito alla prosecuzione dei lavori delle Cooperative tramite una procedura di evidenza pubblica, chiedendo, per l’espletamento, il supporto della Prefettura e accorpando i servizi per evitare frazionamenti elusivi delle normative vigenti. In attesa che la Prefettura ci desse l’adesione richiesta, poi arrivata, abbiamo dato seguito alla prosecuzione dei lavori richiedendo le certificazioni antimafia…”.
Una sorta di divisione dei lavoratori delle cooperative in buoni e cattivi. I cattivi in carcere o, nella migliore delle ipotesi, defenestrati da presidenti e declassati a soci con stipendio dimezzato. I buoni a braccetto di coloro che venivano chiamati già da allora “lecchini del sindaco”. Uno spettacolo indecoroso, sfociato poi nel pestaggio di Ivan Trinni, oggi assolto, sul quale bisognerà urgentemente fare chiarezza.
Ma riprendiamo a leggere il delirio di Mario il bugiardo.
“… Tutto ciò evidenzia come anche l’esito delle indagini abbia dato conferma della giustezza delle nostre procedure che, venendo a mancare, avrebbero messo a serio rischio sia i lavoratori sia lo stesso ente. Purtroppo, mi duole constatare che i lavoratori sono spesso merce di scambio, strumentalizzati e usati da taluni per bieche battaglie politiche. E sono i lavoratori in primis a farne le spese, fidandosi di chi getta loro fumo negli occhi a causa di oscuri interessi personali. Spiace per il brutto risvolto assunto dalla vicenda, come pure il dovere rimarcare di avere avuto ragione quando in consiglio comunale qualcuno mi accusava di essere bugiardo…”.
E qui possiamo ritenerci soddisfatti, al pari di chi all’epoca in consiglio comunale lo aveva denunciato: Mario Occhiuto non può essere accusato di essere bugiardo perché in realtà lui e la bugia sono una cosa sola. Tutta questa “tarantella” gli è servita per affidare i lavori ai suoi lecchini. Che ovviamente hanno nomi e cognomi e le cui identità presto rinfrescheremo ai cosentini. Onesti…