Nella folle città può succedere di tutto. In quella cantata da una allora super sensuale Loredana Bertè, ridevano le iene e fumavano i bar. Uno scenario che mette qualche brivido, e che non ha niente da invidiare alla dimensione che invece avvolge la città unica di Cosenza/Rende, dove succede quasi sempre l’esatto contrario di quello che ci si aspetta dopo aver appreso una qualche verità.
Una città dove tutto gira alla rovescia. Ad esempio: se un sindaco, che già di suo ha fatto fallire 18 società producendo un debito di 25 milioni di euro, fa fallire il comune che amministra, il tutto certificato, in una città normale dove tutto gira nel giusto senso, il minimo che patirebbe sarebbe l’esclusione a vita dalla pubblica amministrazione, ma da noi, una città al contrario, viene eletto senatore della repubblica.
Ancora: se un procuratore capo si dimostra inadeguato al ruolo chiamato a svolgere, al punto tale da essere oggetto di ben due interrogazioni parlamentari, entrambe finite a tarallucci e vino, il che la dice lunga sulla “filiera” delle coperture, da noi, nel mondo capovolto, il Csm, anzichè trasferirlo per palese conflitto di interessi, anche solo in via cautelativa viste le tantissime segnalazioni di cittadini insoddisfatti del suo operato, non solo lo tutela coprendone le magagne, ma lo assolve da ogni palese colpa. E poi: se provi a denunciare, con carte alla mano, il malaffare, sporgendo regolare denuncia, a finire sotto processo, nella città unica delle storture, è sempre il denunciante e mai il denunciato. Più ara ‘mmersa di così.
Nel fantastico mondo della città unica dove si può sostenere il tutto e il contrario di tutto con leggerezza e senza alcuna conseguenza, capita anche che: se arrestano un sindaco massomafioso in una retata con conclamati mafiosi, sindaco già indagato per mazzette a giudici per taroccare sentenze di mafiosi con tanto di video che immortala la cessione della bustarella farcita, il garantismo dilaga ad ogni livello. Un garantismo estremo che non guarda in faccia nessuno, nemmeno la realtà oggettiva dei fatti. E che arriva, nella città dove niente desta scalpore, anche da chi dovrebbe stare dall’altra parte della barricata.
A difendere il sindaco vittima di un clamoroso errore giudiziario alla “Enzo Tortora”, non solo la paranza politica che è normale, ma anche chi le paranze politiche dice di combattere, che non è normale. In una città normale il “contropotere” sta sempre dall’altra parte del potere. Ma da noi, quando c’è di mezzo lo status quo, si confondono. E ne consegue che: se arrestano un compagno e lo condannano all’ergastolo in regime di 41-bis, come nel caso di Alfredo Cospito, per un gesto dimostrativo che non ha provocato né morti né feriti, il garantismo agitato e sbandierato dall’antagonismo cittadino a favore dell’avvocato del boss di ‘ndrangheta che corrompe i giudici, tace. Nessuno dei praticanti del contropotere si straccia le vesti di fronte a questo abominio giuridico che rischia di pregiudicare l’azione politica proprio dei movimenti a cui dicono di appartenere.
Nessuna voce antagonista cittadina (Cosenza, Rende, Università) si è ancora levata, così come è successo per Cesare Battisti, a favore di Cospito in sciopero della fame da quasi 80 giorni. Comunisti, anarchici, antagonisti, militanti di sinistra, praticanti della sovversione, teorici della libertà, mediattivisti della controinformazione, influencer marxisti, che generalmente in tutte le città italiane e non solo, avversano il potere, da noi si schierano con l’avvocato della mafia, ma non con Cospito. Se i diritti costituzionali valgono per tutti, e la pena non deve diventare tortura e privazione della dignità del detenuto, indipendentemente dal reato commesso, nella città unica di Cosenza/Rende, dove l’orologio della storia gira al contrario, ciò che vale per conclamati massomafiosi e per cui bisogna battaersi, per tutte le realtà sociali e antagoniste, non vale per l’anarchico Alfredo Cospito. E questo perché a difendere i massomafiosi ci si può sempre guadagnare, a difendere i diritti negati di Cospito, c’è solo da perdere. Che dire, da noi non ci facciamo mancare niente, nemmeno l’antagonismo al contrario.