Cosenza, a chi fanno gola gli alberghi di Mimmo Barile? E la procura gli ha sequestrato (o no) i soldi?

Mimmo Barile

Quando gli antagonisti cosentini, rappresentati dal Comitato Prendocasa, avevano deciso di occupare l’Hotel Centrale, erano tornate di scottante attualità tutte le manovre legate alla proprietà di questo albergo, che avevano trovato il solito “coperchio” del porto delle nebbie tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre del 2017.

L’Hotel Centrale, come tutti sanno, è di proprietà di Mimmo Barile, discusso imprenditore e politico cosentino, ex consigliere regionale, da sempre molto vicino al Cinghiale, al secolo Tonino Gentile. Ma a causa delle sue vicissitudini giudiziarie era finito nel degrado totale e nell’abbandono. Oggi invece abbiamo appreso che, a causa di una non meglio precisata condanna del Tribunale di Cosenza risalente al 2018 e riguardante – guarda caso – proprio l’Hotel Centrale, Barile si trova addirittura in carcere, a Paola. Di conseguenza, rilevato e ripetuto che a Cosenza e quando c’è di mezzo il porto delle nebbie, nulla è come appare, cerchiamo di dare qualche spiegazione a quanto accade. 

Mimmo Barile era tornato agli arresti (domiciliari) il 28 settembre del 2017 dopo appena tre mesi. Aveva appena finito di scontare, a giugno, i quattro anni di condanna che gli erano stati inflitti dalla procura di Catanzaro (perché Cosenza ancora dormiva beatamente) per il “buco” da 500mila euro alla Fondazione Field della Regione ed ecco che stavolta arrivava a perseguirlo addirittura la procura della Repubblica di Cosenza, che in tutti questi anni, nonostante le pressanti denunce del fratello Ercole, che ne aveva messo in piazza le incredibili piroette anche su Iacchite’, aveva voltato la faccia dall’altra parte.

Sono stati in molti a chiedersi nelle ore immediatamente successive a quell’arresto del 2017 come mai per Mimmo Barile fossero finite le coperture e fosse arrivata un’altra batosta ma a Cosenza, come ormai tutti sapete e come non ci stanchiamo mai di ripetere, nulla è come appare.

Per quanto se ne sa, l’ex consigliere regionale, dopo aver fatto crescere ad arte i debiti delle aziende di famiglia ed aver provocato il fallimento della Nord Hotel, si stava attivando, una volta eliminati i debiti e il socio “scomodo” ovvero il fratello Ercole, per ripartire da zero con una società milanese e riacquistare l’Hotel Centrale e l’Hotel Executive con una veste completamente “pulita”. C’è di più. Mimmo Barile stava trattando ormai da un paio di mesi con una banca per riprendersi la proprietà dell’Hotel Centrale.

In questi mesi, poi, erano accadute ancora altre cose che potrebbero avere indotto la procura di Cosenza a fermare Mimmo Barile. L’imprenditore ha scontato i domiciliari per la vicenda Field nell’abitazione della sua compagna ma a quanto pare il feeling con questa signora si era esaurito da tempo e così, allo scadere della detenzione domiciliare, pare che il Barile abbia fatto trovare alla donna l’armadio completamente svuotato determinando la sua immediata reazione. E come per incanto, il computer (sempre di proprietà della signora) sul quale Barile aveva avuto modo di appuntare notizie importanti rispetto alle sue attività, è finito nella caserma della Guardia di Finanza.

Nel frattempo, erano emersi altri particolari sui rapporti di Mimmo Barile con due consulenti, tali Giovanni Galoppi e Giuseppe Terragoni, già vicini in passato all’Udc e alla famiglia Trematerra. Gran parte delle aziende che sono finite nelle mani di questi soggetti sono andate in bancarotta e c’è chi dice che siano veri e propri specialisti in materia. In questo caso, il loro lavoro è consistito nel convincere il fratello di Mimmo Barile, Ercole, a rivestire il ruolo di amministratore di firma o – se preferite – di testa di legno per ripulire le società dei debiti e levarsi di torno questo socio scomodo che, per come abbiamo ampiamente documentato (e continueremo a fare), ha ripetutamente denunciato le manovre del fratello in procura.
E allora, ritornando a bomba al quesito iniziale, perché è stato riarrestato Mimmo Barile? C’è chi dice che tutto ruota intorno al suo tentativo di riappropriarsi degli alberghi, che evidentemente fanno gola a qualche altro “furbacchione” meglio piazzato in procura tanto da determinare il suo arresto e quindi la sua “eliminazione”. E c’è da giurare che abbia a che fare con la politica e con altri traffici più o meno illeciti. C’è chi dice che sia un “mammasantissima” piazzato benissimo nel porto delle nebbie, c’è chi dice che sia vicino ad un Cinghiale e, dulcis in fundo, c’è chi dice che abbia a che fare con le cliniche private, iGreco naturalmente.
Qualche giorno dopo, il 4 ottobre 2017 e quindi neanche una settimana dopo il suo arresto, il gip del Tribunale di Cosenza Piero Santese aveva disposto la revoca della misura cautelare degli arresti domiciliari per Mimmo Barile in quanto non essendo più amministratore delle aziende da cui è accusato di aver distratto milioni di euro non vi sarebbe più il pericolo di reiterazione del reato. Mimmo Barile era stato arrestato con l’accusa di bancarotta fraudolenta. Contestualmente, i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria hanno eseguito un sequestro preventivo di circa 2 milioni e mezzo di euro nei confronti di tre società gestite dal medesimo imprenditore. Per quanto se ne sa, dunque, era stata disposta la revoca degli arresti domiciliari ma non quella del sequestro. E se Barile non è amministratore delle aziende, che fine avranno fatto adesso questi soldi? Fanno parte o no della sua disponibilità?
La società fallita, la Nord Hotel, è stata nel tempo gravata da rilevanti esposizioni debitorie nei confronti di banche, fornitori e società di leasing, nonostante sia stata destinataria di rilevanti contributi regionali sin dagli anni 90. Il dissesto finanziario della società e, quindi, il depauperamento del patrimonio della stessa, è stato pertanto la conseguenza di una gestione caratterizzata da continue e ingiustificate distrazioni di denaro perpetrate dai soci, sia a favore di loro congiunti sia sotto forma di finanziamenti a favore delle altre società del “Gruppo”. Questa era ed è la tesi dell’accusa.
A questo punto, si tratta di verificare il flusso dei soldi e trarre le necessarie conclusioni. Ma è molto forte un sospetto, che già nel 2017 deve avere animato anche l’azione di occupazione da parte degli antagonisti del Comitato Prendocasa. E se tutta quella pantomima dell’arresto e della conseguente scarcerazione con connesso sequestro “a nonna” di quei due milioni e mezzo fosse funzionale ad un accordo?
Quale? Semplice: Mimmo Barile rinuncia a riprendersi l’Hotel Centrale, che a questo punto può passare tranquillamente ai “papponi” che se lo contendono e come indennizzo gli vengono “restituiti” legittimamente due milioni e mezzo di euro. Un accordo molto produttivo per tutti. E dev’essere questo sospetto che ha fatto definitivamente rompere gli indugi agli occupanti. Arrivati a quel punto, i “papponi”, il porto delle nebbie e Mimmo Barile sarebbero dovuti uscire allo scoperto e già allora eravamo proprio curiosi di vedere chi avrebbe mosso il primo passo. Questo primo passo, anche se a distanza di anni, perché come sapete al porto delle nebbie il tempo è relativo…, l’ha mosso il Tribunale di Cosenza. Vedremo adesso – con calma, naturalmente – cosa si muoverà per queste tragicomiche vicende di squallido potere.