Cosenza, Giovanni Petrasso e la casa circondariale: era in condizioni di detenere la pistola?

La tragedia familiare di ieri a Montalto riporta alla luce la difficile situazione del carcere di Cosenza. Giovanni Petrasso, 53 anni, l’agente di polizia penitenziaria che prima ha ucciso sua moglie Maria Grazia Russo e poi si è suicidato, lavorava proprio nella casa circondariale di Cosenza. Le indagini stanno appurando che alla base della tragedia ci sono motivi passionali e personali ma ciò non toglie che Petrasso probabilmente stesse vivendo un momento difficile anche per la sfera professionale. E qualcuno forse avrebbe dovuto capire che si trovava in una situazione nella quale non era consigliabile lasciargli la disponibilità dell’arma.

Altro che invocare comprensione e strumentalizzare l’accaduto in maniera assurda come ha fatto Matteo Salvini ovvero la feccia della società italiana al pari del PD e del sistema dei partiti.

Per quanto se ne sa, Petrasso godeva della stima e della fiducia di tutti: sia gli ex detenuti sia gli avvocati ieri, nelle ore immediatamente successive alla tragedia, lo hanno descritto come un lavoratore modello, sempre comprensivo con i detenuti mentre era proprio lui ad essere l’agente di riferimento dei legali nella difficile e delicata gestione dei colloqui.

Resta da vedere, in questi casi, e dovrebbe essere compito della procura verificarlo, se Petrasso nell’ultimo periodo avesse tutte le caratteristiche necessarie per continuare a detenere la pistola d’ordinanza con la quale ha ucciso la moglie e si è tolto la vita. Tradotto in soldoni: in questi casi, chi gli ha lasciato la disponibilità legale dell’arma non può dormire sonni tranquilli. Non conosciamo bene le gerarchie della polizia penitenziaria ma è evidente che qualcuno deve avere la responsabilità del personale. Stiamo parlando di un corpo che in ogni caso – senza ricorrere agli sciacallaggi di Salvini – è esposto a mille rischi e non è possibile che accadano, con cadenza purtroppo molto frequente, queste tragedie. Le cui responsabilità vanno doverosamente ricercate. Altro che Salvini!

A margine di queste considerazioni, bisogna obiettivamente aggiungere che la realtà del carcere di Cosenza è comunque tutt’altro che rosea.

Sergio Cosmai

Fino al 2014 nella casa circondariale di Cosenza intitolata a Sergio Cosmai, costruita nel 1948, consegnata nel 1982 e ristrutturata negli anni 2005/2006, a fronte di una capienza regolamentare di 209 posti erano rinchiusi 294 detenuti dei quali 197 appartenenti al circuito della Media Sicurezza e 97 a quelli dell’Alta Sicurezza. Tra questi, quelli condannati definitivamente erano 149 mentre quelli in attesa di giudizio erano 145 (81 imputati, 39 appellanti e 25 ricorrenti). Purtroppo solo 39 sono i ristretti che riescono a lavorare all’interno del carcere alle dirette dipendenze dell’Amministrazione Penitenziaria.

Il numero degli agenti di polizia penitenziaria era già allora sottodimensionato : 160 erano quelli effettivamente in servizio contro i 198 previsti nella pianta organica. Carenti anche gli educatori e gli psicologi. Buona invece l’assistenza medico sanitaria.

Se nel 2014 la situazione era questa, non è difficile immaginare che le cose siano andate sempre peggio, per come testimonia il documento del Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria) datato 15 dicembre 2016.

IL DOCUMENTO DEL SAPPE DEL 15 DICEMBRE 2016

COSENZA. “La situazione, nel carcere di Cosenza, è diventata ormai ingestibile”. La denuncia è del Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria, che ha diffuso una nota del segretario generale, Giovanni Battista Durante. “Ieri, nel corso della giornata, – si legge – un gruppo di detenuti ne ha aggredito un altro e, successivamente, nel primo pomeriggio, in un altro episodio, avvenuto all’interno del cortile destinato alla permanenza dei detenuti all’aperto, altri due ristretti sono stati oggetto di aggressione da parte dei compagni di detenzione. Per fortuna l’immediato intervento del personale della Polizia Penitenziaria in servizio ha permesso di evitare ulteriori conseguenze ed ha portato anche al rinvenimento e sequestro di un coltello”.

Nel corso della notte – riferiva ancora – le auto di due appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria in servizio nella struttura cosentina e parcheggiate nello stesso cortile hanno preso fuoco per cause in via di accertamento.

Tutto ciò dimostra – secondo il Sappe – come siano necessari urgenti interventi da parte dell’amministrazione centrale e di quella regionale, a partire dall’invio di un’apposita ispezione che permetta di far luce su quanto si è verificato e sui problemi esistenti nella struttura penitenziaria cosentina che, allo stato, ospita circa 300 detenuti di media e alta sicurezza di cui una trentina stranieri”.