RIASSUNTO DELLA PUNTATA PRECEDENTE
Non è la prima volta che la famiglia Barbieri resta impelagata in vicende giudiziarie relative ad appalti. Negli anni Novanta era toccato a Giuseppe “Peppino” Barbieri, il papà di Giorgio Ottavio, finire agli arresti. E questo è solo il primo di una serie incredibile di corsi e ricorsi storici.
Barbieri senior, scomparso da qualche anno, risultava tra gli undici arrestati di un’operazione condotta dalla procura della Repubblica di Cosenza ed in particolare dai pm Mario Spagnuolo, Emilio Sirianni e Vincenzo Luberto, il cui personaggio di maggiore spicco era il popolare Franco Covello, senatore della DC. Un’indagine che non a caso venne denominata Appalti d’oro ma che si risolse alla fine in una bolla di sapone con l’assoluzione dei principali imputati. In perfetto stile procura di Cosenza-porto delle nebbie.
Spagnuolo, 20 anni dopo, è tornato a Cosenza mentre Luberto, allora trentenne, è tra i magistrati che arrestano a distanza di 20 anni dal padre, Barbieri junior. E i corsi e ricorsi storici salgono a tre.
Eppure il clamore dell’operazione era stato notevole, visto che eravamo in “zona Tangentopoli” e Covello era stato ed era ancora un politico importante.
Peppino Barbieri, amministratore delegato della NER srl, tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, si era aggiudicato in proprio o in associazione con altre imprese, i seguenti lavori: costruzione casa circondariale di Rossano, lavori Consorzio Università a Rende, facoltà di Architettura all’Università di Reggio, sede regionale RAI Cosenza, lavori di ristrutturazione caserma Settino a Cosenza, caserma della polizia di stato a Catanzaro, infrastrutture di cantiere della centrale termoelettrica di Gioia Tauro.
E ritorniamo ai corsi e ricorsi storici, per la precisione al quarto. L’azienda di Barbieri senior era una corazzata, più o meno come l’azienda di suo figlio fino a pochi giorni fa. Solo che allora l’Antimafia era ancora in embrione e quindi si muovevano le procure ordinarie. Che non avevano la stessa forza.
Intorno a Covello e Barbieri, tuttavia, in quella brutta storia, c’era anche altra gente. L’ex presidente dell’Ordine degli ingegneri della provincia di Cosenza, Francesco Mauro, marito dell’ex deputata DC Anna Maria Nucci, gli imprenditori Giovanni e Antonio Tallarico (quelli dei grattacieli a via degli Stadi, tanto per capirci), che viaggiavano in tandem con Barbieri, Natale Aiello, Ernesto Arcuri, Annunziato Costabile e anche e soprattutto Michele Laudati.
E siamo al quinto corso e ricorso storico: Laudati fino a poco tempo fa è stato il direttore generale del Parco della Sila, ente che è stato determinante per sdoganare i lavori per Barbieri junior a Lorica.
SECONDA PUNTATA
L’inchiesta sui cosiddetti ”appalti d’oro” era iniziata nel 1993, condotta dalla procura di Castrovillari ma non era arrivata a conclusione ed era passata successivamente alla procura di Cosenza, che l’aveva portata a termine ed aveva disposto gli arresti con le pesanti accuse di associazione per delinquere, corruzione, abuso in atti d’ufficio, falso in atto pubblico.
L’8 giugno 1996 furono emesse 11 ordinanze di custodia cautelare in carcere e molti avvisi di garanzia. Fra le opere pubbliche in riferimento alle quali sarebbero state commesse irregolarità, gli inquirenti indicavano l’appalto inerente all’irrigazione della Diga del “Farneto del Principe” di Roggiano Gravina (CS), per un valore che si aggira intorno ai quattordici miliardi; i lavori per il recupero del centro storico di Amantea (CS) per un valore di circa otto miliardi e le opere riguardanti la costruzione del “Centro visitatori del Cupone”, all’interno del Parco Nazionale della Calabria, per un valore che sfiorava i due miliardi di lire, tutti finanziati dall’ex Agensud e Cassa per il Mezzogiorno.
Gli inquirenti ipotizzavano un comitato di affari, formato da politici, tecnici e professionisti, capeggiato da Covello, che avrebbe gestito appalti per opere pubbliche, finanziate per svariati miliari di lire, da cui sarebbe derivato un costante finanziamento di partiti e personale. Si parla di oltre 50 miliardi di vecchie lire.
Noi adesso vi raccontiamo la genesi di questa storia.
Covello, Barbieri e Tallarico avevano promesso a Mario Albino Gagliardi, allora presidente della Comunità Montana del Pollino, con sede in Castrovillari, denaro ed altre utilità per indurlo a favorire la vittoria del gruppo imprenditoriale in cui erano cointeressati Barbieri e Tallarico in una gara di appalto relativa ai lavori di recupero dei centri storici di Laino Borgo, Laino Castello, Mormanno, Morano e Civita per il valore di 15,5 miliardi di vecchie lire. Ma la loro offerta non viene accettata. (aprile 1992).
La vicenda giudiziaria nasce dall’esposto-denuncia presentato da Mario Albino Gagliardi, che oggi è apprezzato sindaco di Saracena.
“In più occasioni – dichiarò Gagliardi alla procura di Castrovillari -, sia pur in modo velato, quasi en passant, il senatore Covello cominciò ad accennare all’eventuale interesse da parte di imprecisati amici imprenditori per l’affidamento dei lavori previsti dal progetto approvato”.
In due occasioni Covello fece incontrare al Gagliardi, all’insaputa dello stesso che in precedenza non li aveva mai conosciuti, i suoi amici imprenditori. Una volta a Sangineto, dove Gagliardi era stato invitato a cena insieme ad altri amici. Un’altra volta a Roma, nei pressi di Palazzo Madama, nella casa dell’imprenditore Barbieri.
Dopo le presentazioni di rito, i due imprenditori esternarono al Gagliardi un loro interessamento per i lavori previsti nel progetto e gli chiesero un intervento. Gagliardi rimproverò il senatore Covello per l’accaduto e gli chiese di non interessarsi più di simili questioni da lui definite semplici raccomandazioni.
A Roma invece Barbieri chiese esplicitamente a Gagliardi un comportamento compiacente e si vantò di avere collusioni con ordini professionali, Avvocatura dello stato e Università: l’obiettivo era quello di turbare la gara d’appalto e a quel punto il presidente della Comunità Montana del Pollino disse a Covello di non fargli più incontrare Barbieri e Tallarico.
Il 5 aprile 1992 durante un colloquio personale avuto con Gagliardi, il senatore Covello, traendo spunto dalle spese elettorali che stava approntando, ritornò alla carica per Barbieri e Tallarico sollecitando “un chiaro comportamento atto a favorire i due imprenditori nell’ormai imminente gara d’appalto”.
Covello disse a Gagliardi quasi testualmente: “Caro Mario, se no, come si fa a pagare quanto si spende in campagna elettorale? D’altra parte, come farai tu se ti presenti alle prossime elezioni regionali?”. E non contento: “Se proprio non ne vuoi né per te, né per la tua sezione, i soldi li portiamo a Citaristi (il leggendario cassiere della vecchia DC di Tangentopoli, ndr) così farai una bella figura agli occhi del partito nazionale”.
“E poi, caro Mario, se non lo facciamo noi lo fanno gli altri e si piglia tutto Maurizio e fa come ha fatto alla Soprintendenza il padre con Guido e si frega tutto lui…”.
Maurizio altri non è che Maurizio Misasi, figlio di Riccardo, all’epoca ancora ministro del Mezzogiorno e numero uno indiscusso della DC in Calabria. E Guido è l’impresa Guido ovvero l’azienda di riferimento di Misasi e che grazie al suo interessamento aveva effettuato lavori alla Soprintendenza di Cosenza.
Covello non lo sapeva ma con quella sua dichiarazione era stato quasi profetico perché il figlio di Misasi nel luglio del 1993 e quindi poco più di un anno dopo finì nei guai.
I carabinieri della compagnia di Scalea lo arrestarono insieme ad Aldo Ceccarelli, sovrintendente regionale ai Beni culturali e ambientali della Calabria, come lui destinatario di un ordine di custodia cautelare emesso dal gip del tribunale di Paola, Gaetano Eboli, su richiesta del sostituto procuratore della Repubblica Francesco Greco. Ceccarelli e Misasi erano accusati di truffa ai danni dello Stato, abuso in atti d’ ufficio e falsità ideologica. A Misasi, inoltre, veniva contestata la corruzione aggravata. Gli arresti riguardavano l’ inchiesta sui presunti illeciti connessi ai lavori di ristrutturazione del “Palazzo del Principe” di San Nicola Arcella. I lavori di ristrutturazione sono stati eseguiti con un finanziamento Fio per circa 28 miliardi di lire. E il sospetto è che si siano verificati episodi di corruzione in relazione alla concessione e all’ utilizzo del finanziamento. Misasi, in particolare, secondo l’ accusa, avrebbe svolto un ruolo di mediazione.
Nello stesso anno, Riccardo Misasi invece finì nel tritacarne mediatico dell’omicidio dell’ex presidente delle Ferrovie Lodovico Ligato e, di fatto, venne estromesso dalla ribalta nazionale, come poi sarebbe accaduto anche a Giacomo Mancini.
Per tornare, invece, a quella gara che vedeva protagonisti Covello e Barbieri, la Commissione giudicatrice escluse la NER e decretò vincitrice l’impresa CCC di Bologna.
Quell’esposto-denuncia non bastò per arrestare Covello, Barbieri e Tallarico. Ci sarebbe riuscito tre anni dopo Mario Spagnuolo ma la fine della storia si rivelerà un clamoroso flop per il magistrato cosentino.
Ma questa storia ve la racconteremo presto.
2 – (continua)