Antonio Martorano aveva 71 anni, si è spento ieri all’ospedale di Cosenza, dove era ricoverato da qualche giorno.
Con un passato di pilota di motocicletta, con la quale ha corso nelle più importanti piste italiane ed europee, è stato quello che, a discapito di tutti, ha cercato di portare l’automobilismo vero nella nostra martoriata regione; venerdì mattina gli renderemo l’ultimo saluto, nel suo amato Autodromo di Tarsia; nel pomeriggio i funerali, nella chiesa di San Francesco, a Terranova da Sibari
E’ stato un eroe, lo dico davvero; solo contro tutti: sindaco, provincia, regione, asp, polizia municipale, forze dell’ordine; non aveva secondi fini Tonino; non perseguiva interessi personali; la sua vita aveva un solo scopo: l’Autodromo di Tarsia; il frutto della sua vita; della sua grande passione per i motori. Glielo hanno impedito.
Ora che è morto molti che lo hanno ostacolato, lo beatificheranno, praticando quella brutalità italiota della ammirazione post mortem; gli stessi che lo hanno costretto a vivere rinchiuso nella “sua pista”, per paura che gliela prendessero; d’inverno e d’estate, con la pioggia e con il sole, con la luce elettrica e senza; con l’acqua calda e senza; Tonino era li; per questo è stato un eroe, perché ha lottato fino in fondo ed è caduto, come un eroe, è caduto sul campo.
Ma ha lottato fino alla fine, come un leone; novello Davide contro Golia; le numerose ingiustizie subite, però, lo avevano corroso dentro; l’ho capito subito quando è venuto allo studio una ventina di giorni fa; mi ha portato numerose carte, ed una sentenza del Tribunale di Castrovillari che lo assolveva definitivamente da una miriade di contestazioni che gli avevano fatto, a dimostrazione che nella nostra repubblica delle banane, la giustizia è debole con i forti, ma è forte con i deboli; si, proprio così, la nostra è una terra dove puoi delinquere come vuoi se sei il presidente di una regione, ma se non hai santi in paradiso, l’occupazione di qualche metro di suolo demaniale può esserti fatale; qualche metro, si, solo qualche metro, perché il terreno ove Tonino, con sacrifici immani, aveva realizzato l’Autodromo, era suo.
Chiedeva giustizia quando è venuto a trovarmi, voleva farla pagare a tanti infami che lo avevano bloccato, infangato, distrutto; che avevano tarpato le ali ad un progetto straordinario che meritava auditori più ampi; mai considerato realmente, proprio perché arrivava dal basso, da un uomo del popolo, da un vero appassionato di motori.
Caro Tonino collocherò la Tua foto nel mio Museo dell’Auto, ed ai visitatori racconterò chi eri e di quanto hai combattuto per realizzare il tuo grande sogno, che doveva essere il fiore all’occhiello dello sport automobilistico meridionale, e che, invece, Ti ha portato alla morte.
Adriano D’Amico










