Con la scusa di porgere gli auguri ai giornalisti cosentini, il questore di Cosenza, Giuseppe Cannizzaro, coglie l’occasione per raccontare alla stampa l’intensa attività svolta nel corso del 2024 dalla Polizia di Stato sul territorio bruzio. Con impeccabile precisione, il questore snocciola i dati dei reati scoperti dalla Questura: omicidi colposi, lesioni dolose, minacce, violenze sessuali, furti, rapine, estorsioni, truffe e frodi informatiche, danneggiamenti (con o senza fiamme) e spaccio di sostanze stupefacenti. In totale, sono 374 le persone arrestate nel 2024 dalla Polizia nel Cosentino, 194 per reati legati agli stupefacenti. E questo la dice lunga sull’imponente “giro” di sostanze a Cosenza e provincia, che genera un notevole “giro” d’affari. Nell’elenco sciorinato dal questore c’è di tutto, proprio tutto, ma, a volerci far caso, non c’è nessun reato tipico dei colletti bianchi: non c’è traccia dei reati di corruzione politica, voto di scambio, clientelismo illegale, riciclaggio di denaro sporco e illeciti amministrativi di ogni ordine e grado. A quanto pare, a Cosenza, dai dati forniti dal questore, questi reati non esistono. O meglio non si consumano.
Se qualcuno nutriva ancora dubbi sull’esistenza o meno, a Cosenza, della celebre massomafia, i dati diffusi quest’anno, che poi sono uguali a quelli degli anni precedenti, li dissipano definitivamente: la massomafia a Cosenza non esiste. E lo dice il questore, visto che nella sua intensa attività di investigatore non ha riscontrato, o meglio non ha scoperto, nessun tipo di reato politico-amministrativo. Anche quest’anno Cosenza si aggiudica il premio di “città isola felice”. Un premio a cui Cosenza è abituata. Del resto, è una delle poche città italiane, e l’unica in tutta la Calabria, dove non si registrano reati legati alla corruzione politica, al voto di scambio politico/mafioso, al clientelismo illegale, al riciclaggio di denaro sporco, agli illeciti finanziari. Cosenza: un faro di trasparenza nel mare burrascoso del malaffare politico/massonico/mafioso italiano. Sempre stando ai dati forniti dalla questura, in merito ovviamente alla mancanza dei reati tipici dei massomafiosi.
A Cosenza, secondo il questore, nessuno prende mazzette, nessuno si lascia corrompere, nessuno baratta pacchetti di voti, nessuno trucca appalti, nessuno ruba denaro pubblico, nessuno usa la sanità come un bancomat personale, nessuno fa la spia. E questo è un primato davvero importante, specie per una città calabrese che erge Cosenza a modello di alta moralità politica. I cosentini, a differenza delle altre città calabresi, non devono preoccuparsi dei loschi intrecci tra politica e criminalità, e delle disatrose conseguenze sociali e economiche che il malaffare produce, semplicemente perché l’intrallazzo politico-mafioso a Cosenza non esiste. Anche perchè i mafiosi cosentini sono così occupati a minacciare, taglieggiare e spacciare che non hanno il tempo di scendere a patti con i politici, con la borghesia imprenditoriale e gli amministratori locali. Hanno altro da fare.
Eppure, questa assenza di reati dei colletti bianchi potrebbe essere interpretata in un altro modo. Forse, e diciamo forse, a Cosenza c’è un sistema così perfetto e strutturato che i reati di questo tipo sono esclusi dalle attività investigative. Ma questo non lo pensa nessuno. In primis, magistratura e forze di polizia, men che meno i cittadini, che sono tutti fieri di vivere in una città libera dall’oppressione massomafia. Certo, in città si consuma qualche reato di stampo prettamente criminale, come ha detto il questore, ma niente di allarmante. I cosentini potranno continuare a dormire sonni tranquilli. A Cosenza la massomafia non esiste, la corruzione è solo una brutta parola nel dizionario, e la politica è lucida come uno specchio appena pulito. E se qualcosa sembra fuori posto, dev’essere solo un’impressione. Dopo tutto, l’isola felice di Cosenza non ha macchie. O, almeno, non quelle visibili alla lente di ingrandimento da investigatore del questore Cannizzaro.