Cosenza, il sogno è realtà. Guarascio, da Arezzo a Pescara: sette anni vissuti intensamente

FOTO FRANCESCO DONATO

Il 31 luglio 2003 la Figc sanciva la radiazione del Cosenza Calcio e la conseguente perdita non solo del patrimonio della Serie B ma anche la fine di un’era che era iniziata 15 anni prima, nel 1988, con la terza storica promozione tra i Cadetti e con 14 campionati nella seconda serie nazionale.

Sono stati anni maledetti: il disastro di Nicola Adamo ed Eva Catizone, incapaci di avviare un progetto serio, che hanno affidato il Cosenza ad avventurieri senza né arte e né parte. Addirittura i due Cosenza (Football Club e 1914) della stagione 2004-05, fino alla sparizione definitiva di entrambe le mostruose “creature” appena due anni dopo. Successivamente, due anni di rinascita grazie all’operazione Rende e all’insediamento sul ponte di comando di Massimo Mirabelli con gli imprenditori del Tirreno, Damiano Paletta e Pino Chianello, con due campionati vinti consecutivamente e il ritorno in Serie C. Ma dietro l’angolo si nascondeva l’ennesima beffa e così, nell’anno del Signore 2011, ci siamo ritrovati davanti l’ennesimo fallimento e la prospettiva di ricominciare daccapo.

E’ a questo punto che entra sulla scena Eugenio Guarascio, deus ex machina della raccolta dei rifiuti con la sua “Ecologia Oggi”, spinto dal sindaco Occhiuto a prendere in mano la fatidica “patata bollente” del Cosenza Calcio appena fallito nella terribile Serie D. Guarascio è un imprenditore molto particolare sotto il profilo caratteriale: restio ai voli pindarici, sempre con i piedi per terra e “attaccato” tremendamente alla pulizia dei conti. Non è stato facile uscire dall’inferno della Serie D. Due campionati “disgraziati”, nel corso dei quali si è consumata una guerra aperta con Stefano Fiore e Aristide Leonetti. Il Campione cosentino riteneva, a ragione, che Guarascio non fosse ancora pronto per buttarsi nel business del calcio e glielo ha sempre detto a muso duro provocando situazioni al limite del surreale, come l’esonero di Patania e il suo successore Tommaso Napoli decisi dal presidente e non dal direttore sportivo. La vittoria nei playoff ad Arezzo sembrava potesse determinare il “miracolo” del ripescaggio e invece niente: un’altra stagione di guerre interne. Ma stavolta lassù qualcuno ha strizzato l’occhio ai Lupi e così è arrivato il ripescaggio e l’approdo nella Seconda Divisione.

Rotto il rapporto con Fiore, Guarascio per la stagione del Centenario si è affidato a Ciccio Marino, ma anche con lui i rapporti sono stati tesi e conflittuali fin dalle prime battute e meno male che, grazie alla riforma dei campionati e alla buona scelta del tecnico Roberto Cappellacci, è bastato arrivare quarti per tornare nella terza serie nazionale e provare a pianificare un progetto serio. Mauro Meluso sembrava l’uomo giusto ma anche in questo caso non sono mancati gli ostacoli e solo dopo l’esonero di Cappellacci il Cosenza ha ripreso quota uscendo dai bassifondi della classifica e conquistando con Giorgio Roselli al timone la Coppa Italia di Lega Pro, che ha ridato un po’ di entusiasmo alla piazza.

Ma il progetto-Guarascio era ancora ben lungi dal realizzarsi e così si sono vissute ancora altre due stagioni difficili, che hanno portato disaffezione e disinnamoramento e altri direttori sportivi e allenatori dopo l’addio di Meluso e il “siluramento” di Roselli. Fino alla storia degli ultimi due mesi: dalle contestazioni vibranti successive al disastro col Rende del mese di aprile al trionfo di Pescara e dei playoff. Lassù qualcuno ancora ama il Cosenza e qualcuno spinge forte anche Guarascio. Oggi è giusto riconoscergli i meriti che ha. In fondo, il vincitore è un sognatore che non si è mai arreso.