Cosenza, incredibile (ma vero): la Manzini ha scritto un libro! (e il Gattopardo non lo sa)

Sulle prime stentavamo a crederci, visto che mai come oggi in Italia il rischio di incappare nelle fake news è altissimo ma poi, andando avanti nella lettura, abbiamo capito che, purtroppo, era tutto vero, verissimo.

Il procuratore aggiunto di Cosenza Marisa Manzini, meglio nota come pettinatrice indefessa di bambole (d’epoca) e complice (nella migliore delle ipotesi) della corruzione dilagante del porto delle nebbie di Cosenza, ha dato alle stampe un libro! Sì, un libro! Seguendo l’esempio del suo grande maestro Gratteri e, se possibile, superandolo perché se zio Nicola si fa aiutare da Antonio Nicaso, lei firma il volume da sola e (addirittura!) si appresta anche a presentarlo. No, non a Cosenza (mannaia!) ma a Vibo Valentia, palazzo Gagliardi, sala C. L’appuntamento è per oggi, mercoledì 3 ottobre, alle ore 18. Ora, vi starete certamente chiedendo di cosa si occupa la grande Marisa in questa sua incredibile fatica letteraria e in questo ci aiuta molto anche il titolo “Fai silenzio ca parrasti assai”… Beh, qui a Cosenza non possiamo certo dire di averla sentita “cinguettare” parecchio, diremmo quasi per nulla, ma tant’è. Nella “velina” passata ai media, si legge che si tratta di un testo-messaggio rivolto all’intera popolazione calabrese contro la ‘ndrangheta e che alla presentazione del libro (udite udite!) sarà presente anche l’autrice.

“… Un testo il cui obiettivo principale – si legge ancora nella velina – è quello di trasmettere un messaggio fondamentale all’intera cittadinanza calabrese: l’importanza della parola. Offrire ai lettori il punto di vista di chi ha avuto l’opportunità di avvicinarsi a persone e luoghi che, senza forse averne consapevolezza, hanno contribuito ad avviare un nuovo corso per questa regione. Questo l’obiettivo dell’autrice, Marisa Manzini, magistrato, attualmente procuratore aggiunto presso la procura di Cosenza, per lungo tempo impegnata quotidianamente nella lotta alla ‘ndrangheta, in particolare vibonese, e legata ad una terra che non le ha donato i natali ma che sente appartenerle…“.

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La guerra alla ‘ndrangheta – afferma Marisa Manzini – non può prescindere dalla collaborazione della gente. La parola ha una forza dirompente. I mafiosi temono chi ha il coraggio di parlare”.

Ci sarebbe da stropicciarsi gli occhi per rendersi conto se chi ha scritto queste note sia in se oppure sia in preda a qualche delirio ma è tutto vero. Adesso la Manzini, dopo anni nei quali ci siamo “divertiti” a ironizzare sul suo leggendario immobilismo, “comandata” dal re della corruzione della magistratura, il Gattopardo Spagnuolo, con tanto di richiesta di ispezione ministeriale da parte del Movimento Cinquestelle, inizia un percorso letterario e si avvale anche della prefazione di Otello Lupacchini, procuratore generale della Corte d’Appello di Catanzaro. Il particolare non è secondario, perché il magistrato (almeno lui sì) è veramente “nemico giurato” del Gattopardo cosentino e questo potrebbe voler dire che la Manzini (a modo suo, per carità!) forse deve essersi “ribellata” a questo stato di cose. Altrimenti la prefazione l’avrebbe chiesta a quel corrotto del suo “capo”, dal quale invece – mai come in questa occasione – sembra aver preso decisamente le distanze preferendogli il suo “nemico”.

E allora la Manzini, forse e sottolineiamo ancora forse, vuole dirci con questo suo libro che, in quelle lunghe giornate passate dentro il nostro porto delle nebbie, non pensava soltanto a pettinare le sue bellissime bambole ma parlava al telefonino con Lupacchini di nascosto da Spagnuolo e scriveva note infuocate contro quei cattivoni della ‘ndrangheta e magari. E in questo ci viene in soccorso l’ultima parte della “velina” passata ai media.

Un titolo particolare quello scelto per il testo che nasce da una diretta esperienza dell’autrice che, il 10 ottobre 2016, durante un’udienza, che vedeva alle sbarre il gruppo ‘ndranghetistico Mancuso, si sentì rivolgere, con aria spavalda, da Pantaleone Mancuso, detto “Scarpuni”, imputato sottoposto a regime duro, la frase: “Fai silenzio, fai silenzio. Fai silenzio ca parrasti assai. Hai capito ca parrasti assai? Fai silenzio ca parrasti assai”. Da questa frase l’idea di realizzare un testo che metta in risalto quanto la parola venga vista come un pericolo dai mafiosi che vogliono il silenzio, lo pretendono“.

Che dire? Continuiamo ad essere esterrefatti dalla metamorfosi della Manzini. Un’ultima considerazione, tuttavia, la vogliamo fare alla leggendaria Marisa. Ma c’era bisogno di chiamare il “giornalista” Pietro Comito per presentare questa “perla”? Comito, lecchino di LaC News (televisione di regime per eccellenza), braccio destro del lecchino-capo Pasquale Motta, non ha mai dato fastidio (neanche per scherzo) alla ‘ndrangheta e ha sempre “onestamente” leccato il culo ai potenti della politica. C’era proprio bisogno di “scomodarlo”?

PS: Marisa, faremo di tutto per essere presenti, anche se Vibo non è proprio dietro l’angolo. Vogliamo testimoniare dal vivo quanto stai facendo nella lotta contro la ‘ndrangheta e la corruzione anche a Cosenza!!!