Cosenza, la città delle banche e del riciclaggio

Cosenza è la città dei paradossi. A Cosenza ciò che non dovrebbe essere spesso e volentieri è. Ad esempio: a Cosenza non è difficile trovare disoccupati, inoccupati che se ne vanno in giro tutto il giorno a bordo del loro Suv da 60.000 euro. Come è facile trovare un magistrato che va a cena con l’indagato, o un politico camminare a braccetto con delinquenti e corrotti. A Cosenza il tasso di disoccupazione supera il 40% (quella giovanile è al 60%) ma i ristoranti, le birrerie, e le sale scommesse, sono sempre piene. Su dieci cosentini (in età lavorativa) solo 6 hanno una occupazione. Di questi 3 hanno un contratto “stabile” con la pubblica amministrazione, o a loro legati (indotto, esternalizzazione, ecc.). Gli altri due alimentano la richiesta di manodopera del privato (piccolo artigianato) che da noi significa lavoro nero e sfruttamento, e uno è “impiegato” nel commercio. A Cosenza si sa che non esistono fabbriche, o attività produttive di un certo livello in grado di creare occupazione.  Ma nonostante ciò il cosentino non rinuncia a vacanze, spridi, e a salti più lunghi della gamba.

Sul cosentino si dice che: un tena pani e va truvannu sazizza. Tanto è riconosciuto lo stato di bisogno, ma anche il desiderio di apparire per quello che non si è.

Si può dunque affermare che la principale fonte economica in città è lo “stato”, che oltre a stipendiare migliaia e migliaia di cosentini, è l’unico soggetto in grado di produrre economia attraverso i famigerati lavori pubblici che come si sa arricchiscono pochi e non producono nuovi posti di lavoro.

A riprova di Cosenza come città dove vige (quasi per regola) il paradosso, c’è anche un altro aspetto che conferma questa “tendenza” e pone non poche domande, quali: se a Cosenza non lavora quasi nessuno, se non ci sono le industrie, se non c’è la piccola e media azienda, se il commercio è in perenne crisi, come si spiega la presenza in città di oltre 40 sportelli bancari (filiali comprese)? E parliamo della sola città di Cosenza, e senza contare le centinaia di finanziarie presenti in ogni condominio cittadino. La domanda è dunque questa: chi deposita i soldi in questa banche, tanto da giustificarne la presenza, visto che l’economia a Cosenza si regge sul pubblico impiego e su un po’ di pensioni? Infatti per quel poco di economia che gira fuori dai circuiti statali basterebbe un solo sportello a Cosenza, e invece ce ne sono 40.

La domanda appena espressa ha un po’ il sapore della retorica, perché la risposta reale la conosciamo tutti: a Cosenza girano capitali illeciti, proveniente da truffe allo stato o alla Comunità Europea, proveniente anche da altre parti d’Italia, nonché “narcoeuro” che tante banche – alcune delle quali arrivano a Cosenza restano un po’ e poi spariscono – sono disposte a riciclare. Cosenza è senza ombra di dubbio la città italiana dove il riciclaggio di denaro sporco raggiunge i livelli della Svizzera. Perché la tranquillità è garantita dalla cupola masso/mafiosa che governa la città, che su quei capitali prende la stecca.  Ecco perché Cosenza è, e deve restare un’isola felice. Conviene a tanti questa situazione. Cosenza al pari dei tanti “paradisi fiscali” sparsi per il mondo, dove nessuno ficca il naso negli affari altrui e dove gira tanto di quel denaro da giustificare i tanti sportelli bancari presenti in città. Altrimenti perché il Credito Emiliano, o la popolare di Bari, o la Cassa di Vercelli, dovrebbero aprire delle filiali a Cosenza   dove non esiste una economia e gli investimenti dei privati sono pari a zero?

Se hanno aperto degli sportelli in città non è certo per “raccogliere” le pensioni o qualche rendita. Ma cifre più consistenti che arrivano, per forza di cose, da “certi canali”. Mantenere uno sportello aperto per una banca ha dei costi. E le entrate devono superare i costi. E questo, vista la presenza e la permanenza di tanti istituti di credito, vuol dire che avviene.

A Cosenza la puzza del malaffare in città si respira in ogni dove, e questo delle banche è solo un esempio dal quale, chi vuole, può trarre tante conclusioni. Un esempio che evidenzia, chiaramente, che nel sistema bancario c’è qualcosa di marcio e che puzza, ma si sa che le banche, come le chiese, sono intoccabili; e poi, c’è da dire, che i banchieri sono gli unici a non avere (e a non sentire) la puzza sotto il naso e non fanno nessuna discriminazione, perché turarsi il naso è il loro mestiere del resto si sa: “pecunia non olet”.

Ecco il link con l’elenco della banche presenti a Cosenza:

https://www.paginebianche.it/calabria/cosenza/banca.html