Cosenza, per la DDA esiste solo l’omicidio di Luca Bruni

Foto GAZZETTA DEL SUD

A questo punto della storia è chiaro che su Cosenza ancora una volta marpioni, politici corrotti, magistrati, massoni, ministri e servizi segreti deviati hanno trovato un accordo: Cosenza resta un’isola felice. Per corrotti e collusi, si intende. E se così è, una domanda sorge spontanea: a cosa servono allora tutti questi pentiti di ‘ndrangheta cosentina che la DDA di Catanzaro continua ad arruolare, dato che le cose stanno bene così come stanno? Che se ne fa di tutti questi pentiti la DDA di Catanzaro se dalle loro dichiarazioni alla fine si può dire che la montagna ha partorito un topolino? Se nessuno deve finire in galera a cosa è servito arruolarne altri?

Una delle risposte potrebbe essere:il pentito serve per avere informazioni sui movimenti criminali ed arrestare gli altri ‘ndranghetisti. E questo si può dire che in gran parte è stato fatto. Le cosche cosentine negli ultimi anni sono state per lo più sgominate. E quasi tutti i componenti di spicco dei vari clan, sono stati arrestati, boss compresi. Non esiste più la geografia criminale così come la conoscevamo fino a qualche anno fa. Oggi tutto è cambiato anche sotto questo profilo. Ed i pentiti di ieri non sanno niente dell’oggi.

Infatti i pentiti di spessore hanno raccontato tutto quello che sapevano e che la legge gli impone di dire nei primi sei mesi del loro pentimento. Ma alla fine, dopo le loro dichiarazioni, gira vota e riminia a finire nella rete della giustizia sono sempre gli stessi. Che per carità non è poco. Ma resta quantomeno strano, alla luce di tutto quello che sappiamo sulle loro dichiarazioni, che oltre all’aspetto criminale non si sia mai andati.

Il primo pentito di nuova generazione che ha fatto da apripista ad altri, è stato Adolfo Foggetti. Adolfo ha raccontato tutto, dalla A alla Z, ed infatti dopo le sue dichiarazioni sono finiti in galera Daniele Lamanna, Franco Bruzzese, Rango, Sottile, Porcaro, Patitucci, e tanti altri “minori”.

Dopo Foggetti in tanti hanno seguito il suo esempio e sono spuntati Daniele Lamanna e Franco Bruzzese, due pezzotti da tutti riconosciuti tali. Che altro non hanno fatto che confermare quello che aveva già detto Adolfo sulle “azioni” della malavita locale, ripetendo sempre gli stessi nomi. Con l’aggiunta di qualche “dettaglio” come ad esempio Daniele che accusa il fratello Carlo di essere l’esecutore materiale di un omicidio. Questo sempre per quel che riguarda la malavita.

Franco Bruzzese

Dunque sotto il profilo criminale i pentiti hanno raccontato tutto, ma come sappiamo non si sono fermati al solo racconto criminale. Tutti i pentiti hanno raccontato anche la corruzione e la collusione dei clan con politici e sindaco. Vedi le cantate di Foggetti.

Luca Bruni

Ma la cosa strana in tutto questo è che le loro dichiarazioni sono state usate solo ed esclusivamente per l’omicidio di Luca Bruni: tutto converge e si concentra attorno a questo omicidio. Pare che le loro dichiarazioni non dicano altro. Si parla solo di questo omicidio. Che resta una azione vile e tragica. Ed è diventata per la DDA di Catanzaro la panacea di tutti i mali. Come se in oltre un lustro di dominio criminale in città non avessero fatto nient’altro. Ed infatti all’inizio gli imputati per questo tragico omicidio erano 4 (Rango, Daniele Lamanna, Adolfo Foggetti, Franco Bruzzese), ora sono diventati 7 (Francesco Patitucci, Roberto Porcaro, Ettore Sottile) presto diventeranno 10 (Ettore Lanzino, Alberto Superbo e Umberto Di Puppo). E non è detto che non si arrivi a 12.

Tutta l’attenzione investigativa è concentrata su questo omicidio che come sappiamo ha prodotto già condanne, su tutti quella di Rango all’ergastolo. Ed i due pentiti ad 11 anni ciascuno. Ma la procura antimafia vuole di più, ed ha istruito un altro processo che a questo punto è evidente che serve più a giustificare il mantenimento di questi pentiti piuttosto che a ricercare la verità, già scritta, tra l’altro, nelle sentenze di condanna degli esecutori materiali del delitto.

A questo servono i pentiti: a mandare in galera altri criminali. Magari nello specifico innocenti, ma questo poco importa, l’importante è giustificare i costi del loro mantenimento al sistema di protezione. Non potendoli utilizzare per altro, perché i politici non si toccano, tirano a campare in questo modo. E per dimostrare la loro “attività” ogni tanto gli fanno aggiungere qualche nome da inserire nei vari filoni d’inchiesta dell’omicidio Bruni. Che pare essere diventato come l’omicidio di Aldo Moro: all’inizio c’erano solo i brigatisti, poi sono arrivati anche i marziani.

Questo resta un dato oggettivo, e a dimostrazione di ciò c’è l’immobilismo della procura antimafia su tutto quello che i pentiti hanno detto nei confronti dei politici locali accriccati. Non una sola loro dichiarazione, sulla corruzione in città, è stata sottoposta a verifica. E fin quando questi pentiti fanno e accontentano i magistrati la loro pensione è assicurata.

E’ così che vengono utilizzati i pentiti: quando gli conviene, perché hanno qualche problema con qualcuno e lo devono risolvere, fanno uscire fuori i loro verbali che accusano i politici per ricattarli, quando hanno apparato i fatti loro, i pentiti con le loro dichiarazioni vengono rimessi in cantina in attesa di tirali fuori alla nuova occorrenza, e nel mentre, per tenere viva la loro credibilità, si inventano nuovi filoni d’inchiesta sull’omicidio Bruni.