Cosenza, la massomafia di stato sguazza impunita: tutte le colpe della procura di Salerno

Se a Cosenza la massomafia può dormire sonni tranquilli, rispetto ai fratelli di altre province calabresi, questo lo si deve soprattutto all’inerzia e a quella che a noi pare la sistematica difesa della casta ad opera della procura di Salerno, competente per i reati commessi dai magistrati del distretto giudiziario di Catanzaro. Tutti i cosentini hanno capito, anche se in pochi lo dicono pubblicamente, che se a Cosenza la corruzione, presente in ogni dove dal pubblico al privato, resta impunita la colpa è di chi dovrebbe controllare e non lo fa: la procura della Repubblica di Cosenza.

Il perché della totale mancanza di inchieste e indagini sulle palesi ruberie a danno delle casse pubbliche a Cosenza, è presto detto: la totale appartenenza al “Sistema massomafioso di Cosenza” di diversi magistrati operanti nel tribunale di Cosenza. A dire questo non siamo noi, ma le inchieste in corso da tempo sulla corruzione di almeno una quindicina di magistrati appartenenti al distretto giudiziario di Catanzaro, condotte dalle procura di Salerno. Inchieste rese pubbliche da indiscrezioni giornalistiche mai smentite, riportate dal “Fatto Quotidiano”. L’articolo, oltre a svelare l’esistenza delle inchieste, alcune nate da denunce fatte dal procuratore Gratteri, riporta anche alcuni nomi dei magistrati indagati. Tra questi il procuratore capo di Cosenza Mario Spagnuolo e l’allora pm antimafia (trasferito al tribunale civile di Potenza) della Dda di Catanzaro, Vincenzo Luberto.
Ma l’indiscrezione giornalistica non è la sola prova dell’esistenza di queste inchieste. Il pentito Mantella, durante uno dei suoi tanti racconti al processo “Rinascita Scott”, oltre a riferire di aver corrotto per 30.000 euro un magistrato di Vibo, dice anche di essere stato ascoltato almeno 12 volte dai pm salernitani sull’argomento: magistrati corrotti del distretto di Catanzaro. La nostra stessa redazione ha sostenuto diversi interrogatori con i pm salernitani, come persone informate sui fatti, aventi come oggetto diversi nostri articoli che parlano della corruzione al tribunale di Cosenza. Non c’è nessun dubbio sull’esistenza di queste inchieste che mirano a scoperchiare il malaffare, sotto gli occhi di tutti, che si nasconde dietro le toghe. L’unico dubbio che ci attraversa è sulle reali possibilità di trasformazione di queste inchieste in azioni giudiziarie.

A guardare la gestione del caso del giudice Petrini e dell’avvocato/sindaco Manna, tutto lascia pensare ad una scarsa volontà della procura di Salerno di giungere a conclusioni giudiziarie. A Cosenza e Rende tutti si chiedono, anche se quasi nessuno lo dice pubblicamente, com’è possibile che l’avvocato/sindaco Manna, nonostante la prova schiacciante del video che lo immortala nell’atto di corrompere il giudice Petrini per taroccare la sentenza di condanna a 30 anni per omicidio del mafioso Patitucci, sia ancora al suo posto. Com’è possibile che di fronte alla pistola fumante la giustizia, nei confronti di Manna, non abbia fatto il suo corso?

Tutti i cosentini sanno bene che in città c’è chi può trasgredire la Legge anche pubblicamente e non ricevere nessuna sanzione (ed è per questo che è meglio farselo o tenerselo amico che non si sa mai), e chi è destinato a subire la Legge del più forte. Una magistrato nemico è la peggiore iattura che possa capitare ad un uomo, meglio avere a che fare con qualche malandrino piuttosto che con un pm corrotto. E il caso Petrini/Manna conferma e rafforza questo sentire comune. A Cosenza i potenti non pagano mai per le loro malefatte, neanche quando li becchi con le mani nella marmellata. Perciò la maggior parte dei cosentini ha deciso che è meglio farsi i fatti propri, perché se questi possono tanto, figuriamoci cosa possono fare ad un piccolo cittadino che decide di ribellarsi a questo “abuso di potere”.

È chiaro a tutti che se la procura di Salerno non fa prima pulizia di chi indossa indegnamente la toga, nessun’altra operazione di “bonifica” è possibile a Cosenza. E di segnali in tal senso non ne arrivano affatto. La tattica e l’atteggiamento usato dalla procura di Salerno assomiglia molto a quello descritto nel famoso adagio che così recita: campa cavallo che l’erba cresce! È questa l’impressione di tutti: la Giustizia a Cosenza era e resta un vero e proprio mercato delle vacche. Se hai le possibilità passi indenne da ogni guaio giudiziario, se sei un povero disgraziato paghi le tue malefatte e se è possibile anche quelle degli altri.

Lo diciamo da sempre, cane non mangia cane e, nonostante tutto quello che è emerso in questo ultimo anno sugli intrallazzi dei magistrati, ancora una volta la casta più potente e pericolosa d’Italia si arrocca e difende strenuamente le sue posizioni. Che è quello che sta facendo, secondo noi, la procura di Salerno, non curante di lasciare in posti delicati personaggi nella migliore delle ipotesi discutibili a decidere del destino dei cittadini. Fino a che l’impunità dei potenti sarà garantita dalla corruzione dei magistrati che operano a Cosenza, forti delle coperture della casta, non potrà mai esserci nessuna Libertà. E la colpa è di chi dovrebbe intervenire e invece non interviene. La procura di Salerno, appunto!