Cosenza, la questione pentiti è sfuggita di mano alla Dda: cosa c’è dietro il caso Porcaro?

Oramai la questione pentiti a Cosenza, dopo la rinuncia di Porcaro di continuare a fare il canterino, si può dire che è sfuggita di mano alla Dda di Catanzaro. Dopo Danilo Turboli, che diceva di essersi pentito per vendicarsi dei suoi compari, salvo poi riscoprirsi nel bel mezzo della collaborazione di nuovo uomo d’onore, anche Roberto Porcaro, in udienza nell’aula bunker di Lamezia, annuncia il suo dietrofront. Non accuserà più nessuno, e non parlerà più con i magistrati, torna a fare il malandrino. Tanto la linea di confine tra infamità e malandrineria a Cosenza non esiste più da un pezzo. L’aver collaborato con i magistrati, nella dimensione criminale cosentina, non è più considerata una macchia, si può ritornare tranquillamente a fare il boss, o il picciotto. L’importante è pentirsi di essersi pentito.

La decisione di Roberto Porcaro di non voler più collaborare con i magistrati della Dda, non sembra una scelta che arriva all’improvviso e per chissà quale “crisi di coscienza”. Come Turboli segue una sua precisa strategia: prima si canta un po’ di roba per accreditarsi e quando si accorge che i magistrati non possono più prescindere dalla sua testimonianza per sostenere le accuse nel processo, e nel proseguo delle investigazioni, alza il prezzo della sua collaborazione. Un prezzo che vale il ritiro della sua firma sui verbali accusatori qualora non venisse pagato. E così deve essere stato anche per Porcaro. Ha chiesto qualcosa che i magistrati non possono o non vogliono dargli, e lui ha deciso, per ripicca, di non sostenere le accuse in aula. Perso per perso, vale la pena tentare. Avrà pensato. I motivi possono essere ovviamente anche altri. Magari è stato minacciato, ricattato, o chissà che altro. Ma l’ipotesi più probabile sul suo dietrofront resta quella della ripicca per non essere stato “accontentato” su qualche richiesta.

Alla luce di tutto ciò viene da chiedersi qual è il criterio di “selezione”” dei collaborazione di giustizia usato dai magistrati della Dda. Che somiglia molto a quello di un allenatore di calcio: fuori uno dentro un altro. Fuori Porcaro dentro Greco. Certo è che i sostituti che selezionano i pentiti cosentini non si sono dimostrati all’altezza del procuratore capo uscente Gratteri che i falsi pentiti li fiuta quasi all’istante…