Cosenza, le scelte sbagliate sulla città vecchia (di Battista Sangineto)

di Battista Sangineto 

docente Archeologia dei paesaggi UNICAL

Fonte: il manifesto

La Calabria va a fuoco da mesi. Bruciano i suoi boschi, bruciano le pendici delle sue montagne precipiti sul mare, bruciano le valli e le pianure coltivate, brucia il terzo paesaggio delle desolate periferie urbane, brucia anche la maestosa Silva Silae dei romani senza che nessuno riesca a porvi rimedio.

Venerdì è andato a fuoco anche un palazzo, fra i più antichi e importanti, del martoriato centro storico di Cosenza. In questo caso, gravissimo, sono morte nel rogo violentissimo ben tre persone. Hanno perso la vita tre individui marginali che avevano occupato abusivamente una casa, proprio in quel centro storico diventato, ormai, l’estremo riparo degli ultimi.

I diseredati, per un accidente del destino, sono diventati gli unici eredi della bi-millenaria storia della città di Telesio. Un centro storico che, fino a non troppi anni or sono, era, pur con tutte le sue debolezze, uno dei più importanti del Mezzogiorno per la sua omogeneità e integrità del suo tessuto urbanistico, quasi privo di superfetazioni e di interventi moderni trasfiguranti, perché era stato abbandonato dai cosentini che preferirono, soprattutto dal secondo dopoguerra, insediarsi in pianura.

Negli ultimi anni, a causa di incuria ed assenza di ordinaria manutenzione da parte delle Amministrazioni comunali, questa città – capitale del popolo italico dei Bruttii, fondata nel IV sec. a.C. sul colle Pancrazio – ha iniziato a crollare, a smottare, a scivolare, pioggia dopo pioggia, verso valle. Per tutta risposta a questo degrado strutturale, ed abitativo, l’attuale Amministrazione ha deciso, per mezzo di ben due ordinanze, di abbattere alcuni palazzi antichi di Cosenza perché pericolanti.

Foto di ERCOLE SCORZA

Una prima ordinanza, senza autorizzazione alcuna da parte della Soprintendenza, è stata, purtroppo, eseguita dall’Amministrazione con la demolizione di tre o quattro edifici antichi lungo quella stessa via, Corso Telesio, nella quale si è sviluppato l’incendio.

A seguito di una interrogazione parlamentare presentata, il 23 maggio 2017, da Sinistra Italiana  e di un appello firmato da partiti, sindacati, associazioni e cittadini si è riusciti a fermare le ruspe del sindaco che volevano abbattere un’altra serie di palazzi del centro storico. La Soprintendenza, questa volta, ha diffidato l’Amministrazione comunale dal continuare a strappare altri brandelli della forma urbana e dell’antica storia della città.

Quella stessa Amministrazione che ha, invece, investito 14 milioni di euro per colare cemento destinato alla costruzione di un piccolo, brutto ed inutile parcheggio al centro della città nuova, 20 milioni (altri 40 o 50 serviranno per le infrastrutture) per costruire un ponte, disegnato da Calatrava, che collega il nulla con il nulla e che vorrebbe spenderne altri 7 per costruire un Museo in onore di Alarico, il re dei Goti distruttore di Roma che, per caso, morì sulle sponde del Crati e del quale non abbiamo alcuna testimonianza archeologica.

Un’Amministrazione, quella guidata dal sindaco di FI Occhiuto, che, invece di investire energie e progetti nello straordinario centro storico della città, lo considera solo come un gravoso ed inutile fardello del quale occuparsi, con fastidio, solo per mezzo di demolizioni preventive ed indiscriminate di edifici giudicati pericolanti, ma del tutto recuperabili con la stessa quantità di denaro impiegata per raderli al suolo.

I tre diseredati sono morti, bruciati vivi, in uno degli appartamenti di Palazzo Compagna che era stato trasformato, prima, in sala ricevimenti chiamata “Residenza Ruggi d’Aragona”, ed ora, secondo le intenzioni del sindaco, in sala in cui celebrare le Lauree nella città vecchia, come unico, insufficiente ed estemporaneo tentativo di rivitalizzazione del centro antico della città.

Secondo le dichiarazioni del proprietario dell’appartamento in questione, ma anche di quello occupato abusivamente, è andata a fuoco anche una considerevole quantità di libri, incunabula e manoscritti antichi che vi aveva trasportato, proprio pochi giorni or sono.

Secondo le dichiarazioni di Bilotti, il proprietario dei libri e dell’appartamento distrutto dal fuoco, fra i testi perduti vi sarebbero anche una edizione del “De rerum natura iuxta propria principia” di Bernardino Telesio ed un inedito manoscritto di Aulo Giano Parrasio, importantissimo filologo cosentino del XVI secolo.

Rimaniamo, anche, in attesa di sapere quale tipo di decisione vorrà prendere il sindaco a proposito di Palazzo Compagna, le cui strutture sono state seriamente danneggiate dall’incendio. Vorrà abbatterlo, magari in danno dei proprietari, o metterlo in sicurezza, per poi ristrutturarlo, come avrebbe dovuto fare con gli edifici, anch’essi del XVI secolo, che ha, invece, già raso al suolo lungo lo stesso Corso Telesio?