Cosenza, le Sezioni Riunite della Corte dei Conti spiegano come Occhiuto ha falsificato e “gonfiato” il bilancio dal 2014 ad oggi

Mario Occhiuto nel 1994

Sono state pubblicate poco più di un anno fa ma sono sempre attualissime le motivazioni con le quali la Corte dei Conti Sezioni Riunite ha rigettato ad ottobre 2020 il ricorso del Comune di Cosenza avverso il dissesto finanziario dell’ente. Che continua a condizionare la vita dei cosentini e che condizionerà anche il lavoro di chi prenderà il posto del truffatore conclamato ancora per pochi mesi alla guida della città. 

Le Sezioni Riunite della Corte dei Conti ci spiegano fin nei minimi particolari come Occhiuto ha falsificato, alterato e “gonfiato” il bilancio del Comune di Cosenza nel disperato tentativo di continuare a farla franca nascondendo la sua squallida “finanza creativa”. 

Gli atti sono stati trasmessi anche alla Corte dei Conti Calabria e alla procura di Cosenza perché è evidente che siamo in presenza di reati penali riconducibili al falso ideologico ma sappiamo bene che nel porto delle nebbie nessuno osa indagare seriamente sul cazzaro pià viscido della politica italiana. A questo punto, lasciamo che siano direttamente le Sezioni Riunite della Corte dei Conti ad illustrare nei particolari questa vergogna. 

LE MOTIVAZIONI

“… La mancanza di obiettivi intermedi non può giustificare l’assenza di qualsiasi controllo sull’attuazione del Piano e la stessa sentenza 2/2015 ha esplicitamente affermato la necessità di un monitoraggio per evitare scostamenti dalle previsioni del piano.
6.2. Contesta poi l’esistenza di un qualsiasi legittimo affidamento, atteso che la Sezione territoriale, con delibera 66/2019, ha effettuato le prime valutazioni sugli esercizi dal 2015 al 2018 e, solo dopo un ampio contraddittorio con il comune, ha adottato la delibera 106/2019 oggi impugnata. Peraltro, l’organo di revisione aveva già evidenziato il negativo andamento del percorso di riequilibrio, né gli elementi di criticità potevano sfuggire all’ente, si cita prima di tutti il costante assottigliamento del fondo cassa.

Rileva poi che la Sezione, oltre allo sforamento degli obiettivi intermedi, ha dimostrato l’esistenza di un complessivo aggravamento della situazione finanziaria del comune, che versa in una situazione di dissesto occulto, non avendo risorse certe necessarie per fronteggiare la massa passiva accumulatasi, e, così facendo, ha pienamente applicato i principi affermati dalla Sezione delle autonomie nella delibera 32/2016.

6.3. Circa il mancato rispetto del favor legislatoris per il riequilibrio finanziario, osserva il requirente che privilegiare l’istituto del riequilibrio sin quando è possibile, non significa affatto non tener conto del grave e mancato rispetto degli obiettivi intermedi e dell’aggravarsi della crisi finanziaria.

6.4. Quanto all’errata valutazione dei dati contabili, il requirente osserva che il ricorso al Piano di Riequilibrio non si esaurisce nella mera estinzione rateizzata dei debiti, ma prevede l’adozione di misure strutturali che ne evitino il riformarsi, per raggiungere un equilibrio economico veritiero e durevole. Ciò premesso, nel corso del procedimento la Sezione ha accertato numerose criticità che l’ente non ha contestato e quindi risultano pienamente confermate, quali l’incapacità di riscossione delle entrate in conto competenza e residui, il mancato incremento dei proventi tributari, il mancato recupero dell’evasione fiscale, la mancata realizzazione delle entrate da alienazioni patrimoniali, ed il mancato contenimento della spesa corrente, anche a causa della crescita dei debiti fuori bilancio.

Quanto alla tesi che il disavanzo esposto nel piano sarebbe “prospettico”, con la conseguenza che quello oggi espresso sarebbe stato coperto ex ante nel Piano di Riequilibrio e non sarebbe un ulteriore passivo da recuperare, il PM osserva che presupposto del Piano è l’esistenza di uno squilibrio in atto e che l’ammontare del disavanzo deve essere individuato con esattezza: a tal fine richiama quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza 105/2019 ed osserva che senza un disavanzo effettivo e certo non vi sarebbero debiti da ripianare, equilibri da raggiungere ed obiettivi intermedi da monitorare.

Osserva infine, quanto alla manovra effettuata con la delibera consiliare 38 del 6 agosto, che il disavanzo asserito di circa 11,5 milioni è un vero e proprio disavanzo di amministrazione e che la Sezione ha dimostrato l’esistenza di numerosi elementi passivi non rappresentati e non correttamente rappresentati che alterano il risultato di amministrazione, facendo figurare un disavanzo inferiore.
Quanto al merito della manovra, definita ottimistica dal collegio dei revisori, il requirente osserva che non appare credibile raggiungere il concreto risanamento in un triennio, quando per sei anni (tanta è la vigenza del piano) non solo non è stato fatto ma si sono accumulati ulteriori debiti, primo fra tutti i 20.000.000 di anticipazione da restituire entro dicembre.

6.5. In ordine al mancato contenimento della spesa, il PM contesta l’affermazione del ricorrente, secondo il quale nel Piano sarebbe stata esposta la spesa al lordo degli accantonamenti mentre il dato della spesa a rendiconto è al netto…

6.6. Osserva infine il PM che la crescita vorticosa degli oneri finanziari evidenzia che lo smaltimento della spesa è stato possibile solo con il ricorso crescente ad anticipazioni di liquidità. Inoltre, la presenza di debiti fuori bilancio per oltre 24.000.000, ammessi dalla stessa amministrazione, l’assenza di accantonamenti e la presenza di residui attivi dubbi (quali 11,6 milioni collegati alla vendita immobili) hanno alterato i bilanci e i rendiconti rappresentando una situazione non veritiera.

Il PM osserva poi che le anticipazioni di liquidità ex d.l. 35/2013, che dovevano servire solo per il pagamento dei debiti certi liquidi esigibili, sono stati adoperati in maniera non conforme a legge e condivide l’analisi della Sezione che il ricorrente non ha contestato nel merito.

6.7. Quanto alle entrate il PM ritiene che correttamente la Sezione si è soffermata sulla loro riscossione, e il ricorso del Comune di Cosenza alle anticipazioni di liquidità, utilizzate in maniera tanto strutturale da rilevare alla stregua di un ricorso all’indebitamento, costituisce la più evidente dimostrazione della loro mancata realizzazione.

6.8. Per quanto riguarda i rapporti con la Regione Calabria, osserva che il debito relativo allo smaltimento rifiuti, per ammissione dello stesso il ricorrente, è un debito fuori bilancio; per il servizio idrico, la Sezione non si è pronunciata sulla certezza del debito ma ha evidenziato che andava fatto un congruo accantonamento.

Quanto alle entrate provenienti dalle dismissioni immobiliari, osserva che si tratta di una ulteriore leva del risanamento che correttamente è stata analizzata dalla Sezione, la quale ha accertato che nei bilanci dal 2015 al 2017 sono state mantenuti tra i residui attivi importi relativi a vendite non realizzate, circostanza non smentita nel ricorso e confermata dal collegio dei revisori.

Sul rapporto con la società AMACO, il PM ritiene che il ricorso non smentisca la necessità di una congrua valutazione del fondo perdite società partecipate.

In ordine ai debiti fuori bilancio da riconoscere, osserva che la loro esistenza per circa 24.000.000 è ammessa dallo stesso ricorrente. Infine, sul fondo crediti dubbia esigibilità evidenzia che il ricorso non smentisce le considerazioni svolte alla Sezione sulla adozione del cosiddetto metodo semplificato

7. All’udienza odierna, il Collegio, con ordinanza a verbale, ha rigettato l’istanza di differimento della discussione. Nel corso della discussione le parti, dopo aver illustrato le relative posizioni, si sono riportate alle conclusioni in atti. Al termine, in risposta ad una precisa richiesta del relatore, il difensore del Comune di Cosenza ha comunicato che, alla data odierna, la situazione della cassa prevede un utilizzo della anticipazione di tesoreria per € 21.000.009,00 e somme “riservate” per € 4.200.000,00 a fronte di un fido complessivo accordato per € 26.000.612,00.

TUTTE LE FALSITA’ DEL COMUNE DI COSENZA

Dai dati sopra esposti dovrebbe dedursi che l’ente sin dal 1/01/2015 era uscito dal Piano di Riequilibrio Finanziario: infatti, l’intero disavanzo a quella data (€ 101.195.900,07) derivava dal riaccertamento straordinario conseguente all’entrata in vigore del nuovo sistema contabile (cd extradeficit), tanto che con delibera consiliare 33/2015, ne è stato disposto il ripiano in trenta annualità di € 3.373.196,67. 

Questa conclusione è talmente lontana dalla realtà da non essere neanche ipotizzata dallo stesso ente, ben consapevole di trovarsi in una situazione di grave crisi finanziaria, sicché è evidente che i dati contabili sopra esposti non rispecchiano la reale situazione finanziaria del Comune.

6. Dagli atti di causa risulta che l’ente si trova in una grave situazione di deficit di cassa. La Sezione regionale di controllo evidenzia come “il fondo cassa – che nel 2015 e nel 2016 beneficiava percezione delle anticipazioni di liquidità di cui al d.l. 35/2013 ed evidentemente non spese, come invece imposto dalla normativa (art. 1, comma 14, d.1. 35/3013), entro il termine di trenta giorni dalla loro percezione – è in progressivo e costante assottigliamento. Non solo: nel 2017 e nel 2018, il fondo di cassa risulta completamente eroso dalla presenza di pignoramenti pendenti, come segnalato dal codice SIOPE 1450”.

Peraltro, l’anticipazione di tesoreria, alla quale l’ente ha fatto ininterrottamente ricorso, al 31 dicembre 2017 non risulta restituita per euro 11.987.061,00 ed al 31 dicembre 2018 per euro 15.867.179,32.

FONDI VINCOLATI: ANTICIPAZIONI NON RESTITUITE PER 27 MILIONI

La Sezione ha inoltre accertato che l’ente ha utilizzato i fondi vincolati per il pagamento della spesa corrente senza ricostituirli integralmente: in particolare al 31 dicembre 2017 erano da reintegrare fondi vincolati per € 10.220.962,47 e al 31 dicembre 2018 per € 2.605.789,52.
Il Collegio, esaminato il rendiconto 2018, ha accertato che al 31 dicembre 2018 il debito verso il Tesoriere per anticipazioni non restituite ammonta ad euro 27.854.241,11 e che sono da reintegrare somme vincolate per euro 2.003.437,22

Sul punto l’ente non ha dedotto nulla in sede di procedimento di controllo e nell’atto introduttivo del ricorso si limita a richiamare la deliberazione della Giunta municipale 77/2019 con la quale si dovrebbe risolvere il problema.
Dalla lettura della suddetta deliberazione si evince il permanere della grave mancanza di liquidità; infatti, viene concordato un piano di accumulo per consentire al Tesoriere di procedere a fine anno alla restituzione dell’anticipazione di liquidità (€ 19.959.583,47) concessa dalla Cassa Depositi e Prestiti ai sensi dell’art. 1, comma 849, della l. 30 dicembre 2018, n. 145, e al pagamento delle rate in scadenza relative ai mutui in ammortamento, ai BOC e alle altre anticipazioni di liquidità, debiti tutti garantiti da delegazioni pagamento.

Dalle delibera si evince pure che, per procedere ai suddetti pagamenti e per restituire totalmente l’anticipazione di tesoreria, occorrono € 49.875.374,00, importo che corrisponde a circa il 27% degli incassi avvenuti nell’esercizio precedente e che appare ben lungi dall’essere posseduto dal Comune, atteso che all’odierna udienza il difensore, in risposta ad una precisa richiesta, ha comunicato che il saldo aggiornato del fondo cassa prevede un’anticipazione di tesoreria di 26.000.612,00, attualmente utilizzata per euro 21.000.009,00 e che vi sono somme “riservate” per € 4.200.000.
Com’è noto la cassa riflette le risorse che l’Ente può immediatamente spendere, per dare corso ai pagamenti dovuti, sicché il suo deficit è uno dei principali indicatori di squilibrio finanziario, come si desume dall’art. 162, c. 6, del Tuel in base al quale “Il bilancio di previsione è deliberato in pareggio finanziario complessivo […] garantendo un fondo di cassa finale non negativo”.

RISCOSSIONE DELLE ENTRATE

7. A fronte di questa cronica deficienza di cassa la Sezione ha accertato un basso tasso di riscossione delle entrate proprie sia di competenza che in conto residui, evidenziando che risulterebbero disattesi gli obiettivi intermedi del Piano di Riequilibrio.
Sostiene il ricorrente che dai rendiconti risulta che vi sono maggiori accertamenti rispetto alle previsioni del piano. Osserva il collegio che, ai fini della reale situazione finanziaria dell’ente, gli accertamenti vanno messi in relazione alle riscossioni, giacché è solo con la riscossione che l’entrata si realizza, mentre l’accertamento senza riscossione costituisce un’entrata solo potenziale, non essendo altro che un mero diritto di credito. Al riguardo va ricordato che la giurisprudenza della Corte costituzionale “ha più volte affermato che la copertura finanziaria di una spesa e l’equilibrio del bilancio non possono essere assicurati solamente dall’armonia numerica degli stanziamenti in parte entrata e spesa (ex plurimis, sentenze n. 197 e n. 6 del 2019), ma devono fondarsi anche sulla ragionevolezza dei presupposti giuridici ed economici che ne sorreggono l’iscrizione in bilancio” (Corte cost 227/2019).

Dai dati dei rendiconti risulta che le riscossioni relative ai residui attivi degli esercizi precedenti sono drasticamente diminuite, passando dal 21,90% del loro ammontare nel 2015 (riscossi 18.489.222,09), al 9,62% nel 2018 (riscossi 14.660.465,69). A fronte di questa riduzione vi è un notevole incremento del loro ammontare complessivo essendo passati da 84.426.015,60 a 152.318.951,29, con una variazione dell’80,42 %
La bassa riscossione dei residui protratta nel non solo incide negativamente sulla cassa, ma è indice di uno squilibrio occulto, atteso che si è fatto fronte a spese effettivamente sostenute con entrate potenziali di dubbia esigibilità, determinando in tal modo uno squilibrio di bilancio dinamico che l’ente invece di risolvere, compensa con il costante ricorso ad anticipazioni di cassa, impedendo l’emersione del deficit e della conseguente concreta incapacità di evadere le obbligazioni contratte.

Se si considera che il risultato di amministrazione esposto nel rendiconto è dovuto per la maggior parte ad una eccedenza di residui attivi sui residui passivi, il dato esposto appare fuorviante, essendo legato ad un evento, la riscossione dei residui, che diventa sempre più difficile quanto più i crediti divengono anziani. Al riguardo va evidenziato che, come risulta dal verbale del collegio dei revisori n 9 del 15 marzo 2019, vi sono ben 79.295.874,78 di residui attivi provenienti dagli esercizi 2015 e precedenti.

DEBITI FUORI BILANCIO

MITCH

7. La Sezione ha accertato anche l’esistenza di debiti fuori bilancio ancora di riconoscere: in particolare nel periodo 2013-2019 l’Ente ha riconosciuto debiti per soli € 5.139.702,79, a fronte di passività da riconoscere per € 30.508.776,77. I debiti pagati (alcuni anche senza previo riconoscimento in bilancio) sono stati nel complesso € 10.801.516,35; ne restano, quindi, da onorare € 24.846.963,21.
Sostiene il ricorrente che in seguito al definitivo accertamento fatto con la deliberazione consiliare n 38 del 6 agosto 2019 le passività ex art. 194 TUEL ammontano a complessivi € 24.153.728,64, che tale importo non si discosta dalla previsione contenuta nel Piano di Riequilibrio ed ha trovato integrale copertura nelle poste di bilancio indicate nella suddetta deliberazione consiliare; di contro l’ente vanta crediti verso la Regione Calabria per complessivi € 19.920.652,79.

Osserva il Collegio che con la deliberazione consiliare n. 38/2019, sopra citata, l’amministrazione, dopo aver proceduto ad una ricognizione da parte dei responsabili dei vari settori, ha accertato che vi sono debiti fuori bilancio per € 27.245.222,60, dei quali € 6.801.567,74 di parte capitale ed € 20.443.654,86 (8.385.753,70 + 5.827.215,58 + 6.230.685,58) di parte corrente.
Pur ipotizzando che questi debiti coincidano con quelli indicato nel Piano (circostanza che sarà confutata di seguito ma che in ogni caso costituirebbe un grave inadempimento del piano), discende che il disavanzo al 31 dicembre 2018 dovrebbe essere incrementato del relativo ammontare raggiungendo così l’importo di € 114.904.785,15 (87.659.562,55 + 27.245.222,60).
In realtà non si tratta dei debiti fuori bilancio indicati nel Piano ma, almeno in parte, di ulteriori debiti maturati dopo l’approvazione del piano. Tanto si desume dai debiti nei confronti della Regione Calabria per lo smaltimento dei rifiuti che, ammonterebbero a € 12.269.026,51 ancora da pagare.

DEBITO FUORI BILANCIO PER I RIFIUTI URBANI

Con delibera n. 11 del 30 settembre 2019, il Commissario ad acta, nominato dalla regione, ha riconosciuto il debito fuori bilancio relativo alla tariffa per il conferimento dei rifiuti urbani in impianti di trattamento per le annualità 2014,2015, 2016, 2017 e 2018 per l’importo complessivo di € 9.855.643,91. Dalla stessa delibera risulta che con propria precedente deliberazione n. 1/2019 lo stesso Commissario ad acta ha disposto la liquidazione di € 698.612,49, per rate scadute e non pagate.
Risulta di lampante evidenza che le somme relative agli esercizi dal 2014 al 2018 non potevano essere comprese nel PRFP approvato nel 2013…
L’esistenza di questi debiti fuori bilancio è particolarmente grave, perché, trattandosi di spese obbligatorie, denota il mancato adempimento di funzioni essenziali…

TUTTO FALSO DAL 2014

La banda del cazzaro e del gattopardo

8. Quanto sopra esposto, dimostra la non rispondenza a realtà dei documenti contabili, discordanza che risale al 2014 e si è trascinata sino ad oggi.
Partendo dal rendiconto relativo all’esercizio 2014 risulta dagli atti di causa che l’ente al 31 dicembre aveva un avanzo di amministrazione di € 119.658.254,17 interamente vincolato.

I vincoli erano i seguenti: sblocco pagamenti d.l. 35/2013 (€ 6.183.091,94), sblocco pagamenti d.l. 102/2013 (€ 79.400.000,00), sblocco pagamenti d.l. 66/2014 art. 32 (€ 24.905.000,00), sblocco pagamenti d.l. 66/2014 art. 31 (€ 3.359.685,94), fondo di rotazione (€ 3.860.692,77), fondo svalutazione crediti (€ 1.949.783,72).
Premesso che se il risultato esposto nel rendiconto 2014 fosse veritiero il Comune di Cosenza sarebbe uscito sin da allora dal Piano di Riequilibrio, perché “non può essere assolutamente configurata la compatibilità di un avanzo di amministrazione con un piano di riequilibrio finanziario pluriennale”, si osserva che non vi è corrispondenza tra le voci esposte nel PRFP ed i vincoli apposti al risultato d’amministrazione, ad eccezione del fondo di rotazione inspiegabilmente diminuito da € 9.601.000 ad € 3.860.692,77, sebbene la sua restituzione avvenga in rate decennali ai sensi dell’art. 243-ter del Tuel.

Quest’errore si è riflesso sulla rideterminazione del risultato d’amministrazione all’1/1/2015, a seguito del riaccertamento straordinario dei residui, facendo apparire solo il cd extra deficit soggetto alla speciale disciplina del ripiano trentennale. Anche in questo caso si osserva che se il reale disavanzo fosse solo quello esposto, l’ente avrebbe dovuto abbandonare la procedura di riequilibrio pluriennale: significativo a tal riguardo, è che l’ente non si sia avvalso della facoltà di riformulazione o rimodulazione del piano prevista dall’art. 1, c. 714, della l. 28 dicembre 2015, n. 208.

Il rendiconto 2015 espone un disavanzo di € 100.021.044,32, dovuto per € 59.406.082,88 al risultato contabile di amministrazione negativo e per € 40.674.961,44 alla parte accantonata costituita dal FCDE, mentre non vi è alcuna parte vincolata.
Il rendiconto 2018 espone un disavanzo di € 87.659.562,55 dovuto dalla differenza algebrica tra il risultato d’amministrazione (+66.284.380,64), la parte accantonata (-104.635.484,46) e quella vincolata (-48.308.458,73) ma tale risultato, non rispecchia la reale situazione finanziaria del Comune perché non contiene i debiti fuori bilancio che a tale data esistevano, contiene numerosi residui attivi riferiti ad esercizi pregressi (2015 e precedenti) e quindi con un alto tasso di inesigibilità.

Il rendiconto contiene anche residui attivi insussistenti. A tal riguardo la Sezione di controllo ha accertato che ” il bilancio comunale è con ogni probabilità «gonfiato» dalla presenza di ca 11,6 mln di residui attivi per «entrate da alienazioni di beni materiali e immateriali»” e tale circostanza è confermata dal verbale del collegio dei revisori, 39/2019 nel quale dopo aver dato atto che non è stata presentata alcuna documentazione comprovante il diritto di credito viene detto che “da quanto informalmente dichiarato dal dirigente del servizio finanziario, […] l’ente provvederà allo stralcio dei residui attivi per l’importo di euro 11.600.574,88 in sede di assestamento di bilancio 2019”.
Sul punto il ricorrente non ha fatto alcuna contestazione limitandosi a ricordare che in base alla sentenza n. 2/2015/EL, “i proventi derivanti dall’alienazione dei beni patrimoniali in via prudenziale non sono stati previsti per la copertura dei debiti fuori bilancio e disavanzi, ma sono previsti solo per conseguire gli equilibri di parte capitale e per eventuale miglioramento nell’attuazione del piano”.

Osserva il Collegio che ciò non esclude l’incidenza dei predetti residui sul risultato di amministrazione e la sua conseguente alterazione, che si trasforma in disavanzo occulto qualora l’opera finanziata con detti fondi risulti avviata.
10. I motivi sopra esposti sono sufficienti a far ritenere che il ricorso non sia meritevole di accoglimento e assorbono ogni ulteriore motivo di doglianza. Conseguentemente si accerta l’obbligo del comune di Cosenza di dichiarare il dissesto finanziario ai sensi dell’art, 243-quater, c..7, Tuel.

TRASMISSIONE DEGLI ATTI

11. La presente sentenza va trasmessa: – alla Procura regionale della Corte dei conti per la Calabria per i profili di danno erariale e per l’accertamento di eventuali responsabilità in ordine alle cause che hanno determinato il mancato riequilibrio dell’ente ed il conseguente dissesto.
– alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza, atteso che la delibera di approvazione del rendiconto di un comune è qualificabile come atto pubblico ex art. 479 cod. pen. sicché la non rispondenza a realtà dei dati ivi contenuti, può integrare gli estremi del reato previsto dalla predetta norma (Cass. pen. sentenza 14617/2018).

P. Q. M.
La Corte dei conti, Sezioni riunite in sede giurisdizionale a speciale composizione, rigetta il ricorso ed accerta il conseguente obbligo del comune di Cosenza di dichiarare il dissesto.
Le spese seguono la soccombenza.
Dispone la trasmissione della presente sentenza alla Procura della Repubblica ed alla Procura della Corte dei conti territorialmente competenti.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del 16 ottobre 2019″.
Il Presidente estensore
Mario Pischedda