Cosenza, l’irresistibile ascesa fino alla pensione di Rino (Bartucci) lo zerbino

Arturo Bartucci, l' assessore Carmine Vizza e Maximiliano Granata

L’ingegnere Arturo Bartucci è, insieme all’ingegnere Carlo Pecoraro (ormai tutti e due felicemente in pensione), tra i dirigenti più noti del Comune di Cosenza (entrambi figuravano, già a novembre 2017, tra i dirigenti interdetti dalla procura di Cosenza). E proprio qualche giorno fa è arrivata la notizia della loro assoluzione per le questioni legate alle ditte amiche e agli appalti spezzatino. Chiunque ha avuto a che fare con lui sa bene che non aveva alcuna competenza né dal punto di vista tecnico né amministrativo, praticamente “un ci ‘mpacchiava a na turra” e se arrassusia, dovev unire due punti pensa subito ad una curva. La principale dote di Arturo, altrimenti detto Rino, era il suo totale servilismo verso il padrone, ovvero verso i padroni, ciò non gli era molto difficile poiché essendo incapace di capire, gli era più semplice obbedire, da qui il nomignolo: Rino lo zerbino.

Non c’è stato sindaco, assessore o consigliere comunale al quale non ha cercato di soggiogarsi con un livello di servilismo difficile da riscontrare in qualsiasi altro lecchino professionista. Nessuno, al Comune, ricorda che abbia concluso positivamente qualche opera che lo ha visto coinvolto: dal pasticcio dei rifiuti sotto viale Parco – nel quale ammise di aver firmato collaudi falsi, e per questo condannato in via definitiva dopo patteggiamento, alla mancata messa in funzione dell’isola ecologica di via Baccelli dopo aver fatto spendere decine di migliaia di euro al Comune per la sua realizzazione, dal centro Comunale per i rifiuti di Donnici (procedimento penale ancora in corso), alla mancata pubblicazione del bando di gara dei rifiuti dopo oltre sei mesi dalla scadenza, alla concessione di proroghe in deroga a tutte le leggi, in poche parole ”unu ca fa sulu ‘mmualichi”.

Nella questione ditte amiche, Bartucci era impelagato fino al collo con la Cmt di Francesco Amendola, alla quale ha sfornato qualcosa come 14 determine per un totale di oltre 300 mila euro tra canile, tendopoli rom, demolizione Palazzo Bombini e sgombero strade. Con la “perla” dei lavori gratis a casa della figlia: un “siparietto” degno della società dei magnaccioni di romana memoria.

Proprio per queste sue “qualità” il lungimirante Maximiliano Granata (nella sua qualità di presidente truffaldino del Consorzio Valle Crati) aveva chiesto al Comune di utilizzarlo come responsabile del procedimento per la gestione del maxi finanziamento di 35 milioni di euro per la depurazione in provincia di Cosenza; ovviamente anche tale intervento non è andato a buon fine con il presidente Granata, pari suo, sospeso per un anno dalle sue funzioni.

Rino lo zerbino è stato sempre pronto a gridare contro qualche dipendente di Ecologia Oggi, l’impresa che gestisce i rifiuti a Cosenza, e comminare multe salate, per poi accucciarsi, quando il padrone glielo ordinava, e liquidando alla ditta il dovuto senza detrarre nessuna sanzione. Dopo la candidatura della moglie, ovviamente non eletta, alle Comunali 2016 con Mario il cazzaro in un primo tempo aveva addirittura rafforzato la sua posizione in Comune e gestiva totalmente il settore ambiente: rifiuti, canile, discariche.

Ma ormai da tempo la pacchia era finita e da quando non firmava più lui, è scoppiato alla grandissima il casino in Ecologia Oggi. E così si è capito che era proprio lui a garantire gli equilibri truffaldini tra Occhiuto e Guarascio mentre successivamente si è scatenato il più immorale “tutti contro tutti”. 

In realtà l’unica cosa che Rino lo zerbino aveva imparato a fare in quasi 40 anni di attività in Comune era trovare il modo di fare un po’ di guagna. Infatti, da quando il dirigente all’ufficio ragioneria era il dottor Nardi, ogni settimana portava una determina con un corrispettivo da liquidarsi come incentivo.

Aveva iniziato con quello per i lavori nel quartiere di Santa Lucia, aveva continuato con il Centro Mercatale per il riuso (opera di oltre 6 milioni di euro, mai appaltata e mai realizzata che è servita solo per liquidarsi molte decine di migliaia di euro) quindi la bonifica di via Reggio Calabria (determina 432/2017), il servizio integrato di Igiene Urbana (determina 433/2017).

Il colpaccio lo aveva fatto però con la determina n. 420/2017 nella quale indicava come incentivo per le risorse interne al Comune per il 2017 la cifra di oltre 136mila euro.

Ovviamente per far camminare “i carti” devolveva un po’ di guagna anche a qualcuno del cerchio magico del cazzaro, a cui, dopo, affidava improbabili incarichi di “Collaudatore del servizio di Igiene Pubblica” con liquidazione pari a 4mila euro; oppure come “Supporto al Rup” per qualche altra decina di migliaia di euro (determina 474/2017).

Rino lo zerbino non dimenticava neanche i dirigenti, vecchi e nuovi. Come accennavamo, ha praticamente gestito uno spregevole “magna magna”, in deroga a tutte le leggi, dove il problema dell’igiene urbana e quello delle tute gialle licenziate o non pagate non interessava proprio a nessuno.

E a questo punto eccoci all’ultimo capolavoro del Nostro eroe. Abbiamo accennato al bando di gara per il servizio integrato dei rifiuti, pubblicato con oltre sei mesi di ritardo e del quale ovviamente Bartucci era il Rup (Responsabile unico del procedimento). Nonostante i ritardi “scientifici” studiati appositamente per “regalare” soldi a Guarascio e ai suoi scagnozzi con il regime (illegittimo ma tanto chissenefrega) della proroga, Rino lo zerbino aveva partorito, un mese prima della sua scontatissima interdizione, la determina n. 1997 del 26 settembre 2017 con la quale si autoliquidava il fondo incentivante per questa sua nuova “prodezza”. Parliamo di 34mila euro, dei quali 11.250 se li è pappati lui in prima persona. Hanno partecipato al banchetto, tra gli altri, i dipendenti comunali del Settore 8 (Ambiente-edilizia privata) Pierpaolo Perrelli (2.500), Santo Granata (2.500), Massimo De Paola (già indagato con lui per i 600mila euro cash alla General Construction: 2.500), Antonella Grande (1.500), Maria Greco (1.500) e poi via via a scendere fino ai 750 euro di altri soggetti.

Peccato che di questo capolavoro non ci sia stata traccia nell’inchiesta della dottoressa Manzini, costretta per anni dal suo (ormai ex) “capo” Gattopardo a perseguire solo e soltanto i reati eclatanti davanti ai quali proprio non si possono chiudere gli occhi. Perché poi, per il resto, ci avrebbe pensato il solito sistema del porto delle nebbie ed è per questo che oggi gente come Pecoraro e Bartucci possono godersi le loro stramaledette pensioni alla faccia dei cittadini onesti. Questo era ed è ancora il Sistema Cosenza.

GdD