Cosenza. Occhiuto, il porto delle nebbie e la falsa crociata di Morra

L’offensiva lanciata dal Tribunale di Cosenza contro la Dda di Catanzaro e quella di Salerno, “promuovendo” una serie di archiviazioni/assoluzioni nei confronti dei principali responsabili del saccheggio delle casse comunali, non è solo una “esposizione di muscoli” verso i colleghi magistrati della Dda che hanno osato indagare su di loro, della serie: le vostre inchieste ci fanno un baffo, qui a Cosenza continuiamo a fare quello che vogliamo, anche assolvere conclamati colpevoli che con molta probabilità sono da tempo sulla lista dell’antimafia, riconosciuti, però, dalla paranza, come fedeli fratelli di loggia e devoti osservanti del “Sistema Cosenza” e quindi degni di impunità, ma anche perché qualcuno ha impedito, quando i “tempi erano maturi” che la verità sulla diffusa corruzione, a tutti i livelli, nelle istituzioni cittadini, Tribunale su tutti, venisse a galla.

Se a Cosenza i colletti bianchi la fanno sempre franca, non è certo perché sono innocenti, e i soldi spariti dalle casse comunali di cui nessuno osa parlare, Franz compreso, sono la prova dell’avvenuto ladrocinio (qualcuno, che non può essere il solo Cirò, questi milioni di euro spariti dalle casse comunali, che nessuno riesce a spiegare dove sono finiti, deve averli pur presi. Non possono essersi volatilizzati da soli! Su questo non ci piove, e lo dicono le carte dei conti comunali), ma perché intranei ad un sistema massomafioso che garantisce ai propri sodali protezione e impunità.

Il “potere” che difende se stesso, un classico della storia dell’umanità, anche se a Cosenza assume “contorni” ancora più inquietanti. La presenza ai vertici della paranza massonica/delinquenziale di stampo mafioso di figure istituzionali come quelle dei magistrati, e l’ex giudice Marco Petrini (condannato a 4 anni per corruzione giudiziaria) ha fatto nomi e cognomi dei magistrati massomafiosi, mette davvero i brividi. Magistrati corrotti che possono fare quello che vogliono perché chi aveva detto di volerli combattere, alla fine si è dimostrato il loro migliore alleato.

Il protagonista di questa vicenda è il senatore Morra, l’unico che allo stato, può spiegare ai cittadini, qualora decidesse di dire per una volta la verità, come stanno veramente le cose al Tribunale di Cosenza, perché ha “vissuto” in prima persona la fase di forte denuncia del malaffare a Cosenza. È lui il protagonista di quella stagione. Anche se come vedremo dove ha messo mano lui, tutto è finito a tarallucci e vino. E non perché hanno vinto i “poteri forti”, i malvagi, che lui da buon novello Don Chisciotte si ostina a combattere, e contro i quali gli “uomini di valore” possono poco, ma perché schiacciato dai suoi scheletri nell’armadio, usati dai “malvagi” contro lui, che lo hanno costretto a diventare il miglior alleato dei massomafiosi. Pur di tenere nascosti i suoi “segreti”, usati dai suoi nemici come arma di ricatto per farlo desistere dalla denuncia, ha venduto l’anima al diavolo.

Come sempre esponiamo i fatti che ci consentono di dire che il senatore Morra, dopo aver fatto la parte del leone, alla fine ha lavorato per garantire ai corrotti l’impunità.

Siamo agli albori della carriera politica di Morra: dopo aver animato per qualche anno, non senza problemi e divisioni, il Meetup cittadino, il professore di filosofia nato a Genova ma residente a Cosenza, è eletto con una settantina di voti, nelle elezioni del 2013, senatore della Repubblica del Movimento 5 Stelle, in poche parole uno dei tanti politici miracolati dal “porcellum di Calderoli”. Si è da poco conclusa la XV legislatura per mano del presidente Napolitano che ha posto fine al governo Monti, che a sua volta aveva posto fine all’era Berlusconi giunto al suo quarto e ultimo governo. Sono i tempi dei V-day, e il Movimento guidato da Grillo è sulla cresta dell’onda, e le promesse di aprire il parlamento come una scatoletta di tonno, fioccano. La gente li segue e nel 2013 il Movimento guidato da Grillo riesce a piazzare nel Parlamento 88 deputati e 35 senatori, è il preludio al 33% nelle elezioni del 2018. Morra è considerato a tutti gli effetti uno dei protagonisti di quella stagione, si è conquistato sul campo i gradi di teorico del “populismo al potere”, uno dei pochi a far parte, a quel tempo, del cerchio magico di Grillo e di Di Maio.

A guidare il “nuovo governo”, battezzato da Napolitano, il chierichetto Enrico Letta. Il suo, però, è un governo destinato a durare poco (2013-2014), a dargli il benservito, dopo una macchinazione di palazzo, e il famoso “stai sereno”, quell’animale di Renzi (2014-2016). Ma come si dice: chi la fa l’aspetti. E a fare le scarpe a Renzi convinto com’era che il suo governo sarebbe durato 100 anni, quella gattamorta di Gentiloni (2016-2018). Grillo resta saldo all’opposizione che annuncia dura e senza sconti. Il tempo delle parole è finito, e tutti gli eletti devono dare prova agli italiani che l’unico loro scopo è quello di portare l’onestà dentro le stanze corrotte dell’oramai marcio potere politico/istituzionale.

A Cosenza governa già da qualche anno Mario Occhiuto, in totale accordo con la famiglia dei Cinghiali. Il patto tra le due potenti famiglie è chiaro: privilegiare gli amici degli amici, con generose donazioni mascherate da determine dirigenziali, delle rispettive paranze in egual misura. Un patto che l’avidità di Mario Occhiuto e il peso dei suoi debiti (28 milioni di euro di debiti e 18 società a lui riconducibili fallite) non gli permetterà di rispettare, arrivando ad un duro scontro con Katya dei Cinghiali (allora vice sindaco) che porterà in procura prove schiaccianti sugli intrallazzi di Mario Occhiuto, nello specifico sull’appalto di piazza Fera/Bilotti. Denuncia finita, come tutto ciò che riguarda Mario Occhiuto, nel solito dimenticatoio riservato agli amici della paranza, nelle segrete stanze del tribunale.

Ed è in questo clima di scontro tra potenti famiglie masso/mafiose, che il nostro giornale quotidianamente raccontava, che si inserisce il professore senatore Morra. E dall’alto della sua forte moralità, con piglio di chi è abituato ad insegnare agli altri, inizia a dare lezione di etica pubblica ad Occhiuto e compari. La santa crociata contro il malaffare, promossa da Morra, ha inizio. Una battaglia, come vedremo domani, analizzando tre tappe fondamentali dell’iniziativa di Morra (gli esposti sugli appalti spezzatino alle ditte in odor di mafia amiche di Occhiuto, il caso Cirò, e il boicottaggio di due richieste di ispezioni ministeriali chieste da 8 deputati 5 Stelle sul Tribunale di Cosenza, e nello specifico su Mario Spagnuolo e Giuseppe Cozzolino) che inizia con “l’avanzata francese”, e si conclude con la “ritirata spagnola”. O meglio finita con l’accordo sottobanco con chi, nei suoi discorsi, ha sempre definito come il male assoluto. E capiremo il perché tutte e tre le “tappe” promosse da Morra come lotta al malaffare cittadino, sono finite, per sua diretta responsabilità, a tarallucci e vino. E lo diciamo da subito: il caso, e le coincidenze, in questa storia, non c’entrano niente.

1 – (continua)