Cosenza, oggi l’autopsia sul corpo di Pasquale Francavilla. L’avvocato Scarpelli racconta i suoi ultimi giorni di vita

di Davide Falcioni

Fonte: Fanpage

Pasquale Francavilla, detenuto di 46 anni, è morto ieri a causa di un malore mentre era chiuso nella sua cella del carcere di Cosenza: l’uomo stava scontando gli ultimi dieci mesi di pena dopo la condanna definitiva inflittagli nel processo Apocalisse, ma da alcune settimane le sue condizioni di salute erano peggiorate e il quadro clinico era stato giudicato dagli stessi sanitari che l’avevano avuto in cura incompatibile con il regime carcerario. Non dello stesso avviso è stato il magistrato di sorveglianza che, dopo le dimissioni dall’ospedale, l’ha rispedito nel penitenziario. Qui ieri mattina il cuore del 46enne ha cessato di battere: dopo aver fatto la doccia ed essersi presentato alla colazione, Francavilla ha avvertito un malore ed è stato trasferito in infermeria. Al medico carcerario la situazione è apparsa subito gravissima e – dopo aver tentato di rianimarlo – ha dovuto constatarne il decesso.

Perché, però, Pasquale Francavilla era in cella e non stava beneficiando di una misura alternativa alla detenzione? È quello che si sta chiedendo ora la Procura di Cosenza, che sulla vicenda ha deciso di vederci chiaro ed ha aperto un’inchiesta. “Pasquale – ha spiegato il suo avvocato Mario Scarpelli – è stato ricoverato d’urgenza in ospedale, dieci giorni fa, per la presenza di alcuni trombi. Si trovava nel reparto di terapia intensiva. Cinque giorni fa ho avuto modo di sentirlo tramite video chiamata e mi aveva annunciato l’imminente trasferimento in un altro reparto. L’ho visto sofferente, mi ha detto che lo avrebbero dimesso dall’intensiva e ricoverato in un reparto. Tra un mese avrebbe dovuto sottoporsi ad un altro delicato intervento, ma è tornato in carcere ed è morto perché gli è sopraggiunto un trombo alla gamba”.

Il quarantaseienne soffriva di una grave patrologia vascolare che, fino a quattro giorni fa, lo aveva costretto sul letto di un ospedale: l’uomo aveva riferito ai suoi familiari che, una volta dimesso, sarebbe stato trasferito in un altro reparto per essere sottoposto a un intervento chirurgico. Ciò però non è avvenuto perché una volta protocollate le dimissioni il magistrato di sorveglianza di Cosenza ha disposto la custodia in carcere di Francavilla, nonostante il parere contrario del medico della casa circondariale che aveva definito la patologia incompatibile con la detenzione, suggerendo invece il ricovero in ospedale per le cure del caso.

“La mia collaboratrice – ricorda ancora l’avvocato Scarpelli – è andata subito dal magistrato per capire il motivo di quella disposizione, e in tutta risposta la giudice ha detto che non aveva ancora la cartella clinica”. Un fatto, secondo l’avvocato, singolare. “Mi chiedo come sia possibile disporre la carcerazione quando ancora non si ha contezza della situazione clinica! Anche se c’era stata una lettera di dimissioni firmata dal medico dell’ospedale, bisogna prima valutare in base alla cartella”, chiosa l’avvocato.

In un’intervista al Corriere della Calabria l’avvocato Scarpelli ha spiegato: “Anche il direttore dell’istituto penitenziario è rimasto sorpreso quando inspiegabilmente il magistrato di sorveglianza ha disposto il trasferimento del paziente in carcere”. Il legale ha ricordato che anche il medico dell’istituto di pena avrebbe “informato il direttore dell’istituto penitenziario dell’impossibilità di trattenere il paziente in cella e della necessità di lasciarlo in ospedale per via della terapia farmacologica alla quale Francavilla avrebbe dovuto sottoporsi. I medici che lo avevano avuto in cura – ha aggiunto il legale – avevano confessato ai familiari della vittima la presenza di solo il 5% di possibilità di sopravvivenza”. Oggi sarà eseguita l’autopsia sul corpo di Francavilla – alla presenza del medico di parte, il dottor Arcangelo Fonti – in attesa di nuovi sviluppi delle indagini avviate dalla Procura di Cosenza.