Cosenza, ponte di Calatrava: aprite gli occhi, Occhiuto dice solo falsità (di Pasquale Rossi)

Si prepara il grande, tamarrissimo e costosissimo evento voluto dal sindaco per festeggiare l’apertura dello spropositato PONTE DEI VAVUSI. Credo che non ci sia niente di più propriamente “estetistico” della presentazione dello spettacolo “Il ponte che canta” che si svolgerà per l’inaugurazione: “Voleranno dame, angeli, pianoforti, mondi e suggestive sculture di luce che corteggeranno una maestosa luna mai così bella, mai così vicina. Un elogio alla visione creativa su un’opera maestosa e finalmente nostra. Un evento unico costruito per celebrare una giornata storica per tutti i calabresi”.

Una serie ininterrotta di luoghi comuni resi falsamente poetici per mezzo di una prosa da soap opera di quart’ordine: voleranno dame? Maestosa luna mai così bella? Visione creativa? Giornata storica? Horribile dictu, visu et auditu! (Occhiù, sappiamo che hai tradotto al volo…).

Un evento che il sindaco ha costruito esclusivamente per celebrare sé stesso e per darsi l’occasione di affacciarsi, nerovestito, sulla ormai celebre massa di depilados (letteralmente depilati, donne e uomini), su quella folla intontita che, in soli sette anni, è riuscito a manipolare trasformandola in un blocco sociale e culturale disponibile a qualsivoglia avventura politica ed elettorale. Quella stessa folla che riempie le decine di orride piazze e piazzette nonché di marciapiedi extra-large approntate solo per questo fine, senza altra occupazione apparente che ascoltare musica triviale ad altissimo volume e bere alcolici e superalcolici all’addiaccio (ma non hanno freddo?).

Il sindaco, insieme ad un cerchio magico vacuo ed inconcludente, è riuscito a trasformare profondamente la città, ed i suoi cittadini, inoculando dosi massicce di vuoto disimpegno e di totalmente infondato orgoglio cittadino, edificato sulla autocertificata bellezza delle opere e, persino, delle “visioni” del Sommo. Il sindaco, da parte sua, è stato capace di interpretare i desideri, i bisogni, le aspettative di una folla – composta, naturalmente, non da tutti i cosentini- di giovani e meno giovani del tutto privi di pensiero critico, ma pronti, in questa temperie culturale e sociale, a far bisboccia, ad andare fuori di sé stessi in tutti i modi, a bere sconsideratamente, a “stare insieme disinteressatamente” (come scrive il sindaco medesimo) e cioè disinteressati, senza interesse alcuno se non quello del divertimento fine a sé stesso.

Proviamo a ricapitolare le vicende, ormai anche tragiche, del PONTE DEI VAVUSI.

È ormai destituita di ogni fondamento la leggenda dei finanziamenti europei che si sarebbero persi se non si fosse costruito un ponte che collega il nulla con il nulla, come se fossero spiccioli in una tasca bucata, ma che, come ormai sappiamo, Occhiuto ha prelevato dai fondi ex Gescal destinati alla costruzione delle case popolari. In primo luogo fu Mancini che volle investire in una tipica “vavusata” cosentina chiedendo al famoso architetto Calatrava di disegnare un ponte che lasciasse una traccia di sé nei decenni successivi. Bisogna dire che allora, come oggi, non era obbligatorio spendere i fondi europei per opere sommamente inutili come questa. Giacomo Mancini avrebbe potuto, invece, decidere di investire nel centro storico progettando e chiedendo alla UE gli stessi 50 milioni di euro per comprare e restaurare, per esempio, un intero quartiere della città storica. Sì, 50 milioni di euro, perché se andate a riguardare le cifre del progetto iniziale, pubblicate all’epoca, sono proprio queste: 14 milioni per il ponte e 36 milioni per le opere di urbanizzazione nei quartieri interessati dall’infrastruttura.

La stessa cosa avrebbe potuto fare Occhiuto -dando per perduti gli oltre 2 milioni di euro già spesi (di cui 1,5 per la parcella di Calatrava)- e decidere, senza alcuna difficoltà tecnico-progettuale, di progettare altre opere da farsi finanziare per mezzo dei fondi europei POR e/o PON dei “settenni” successivi.

Ma il sindaco Occhiuto, ça va sans dire, ha preferito radere al suolo parte del centro storico mentre erigeva, per 20 milioni di euro, un ponte che collega il nulla con il nulla, il PONTE DEI VAVUSI utilizzando, per giunta, i soldi, trattenuti sulla busta paga di ogni dipendente, destinati alla costruzione delle case popolari
L’immaginifico rendering navigabile, frutto esclusivo dei potenti computer del sindaco, messo a confronto con il vero corso del Crati con la sua normale portata invernale, è davvero imbarazzante. A chi sembra che sia possibile che il Crati e le sue sponde possano essere trasformati nella Senna, nel Danubio o nel Reno con le loro sponde attrezzate, come fantasticano i grafici del computer di Occhiuto? E se fosse davvero possibile farlo, quanto costerebbe?

Cosenza, Ponte di Calatrava (rendering)

Quello che sappiamo per certo è che solo il ponte costerà più di 20 milioni di euro, come ha biascicato il sindaco in una intervista, contro i 14 previsti dal progetto Mancini grazie proprio… alle case popolari. Secondo voi quanto verrà a costare tutto l’ambaradan navigabile fantasticato da Occhiuto se il progetto Mancini prevedeva, per le opere di urbanizzazione, una spesa di 36 milioni? Le fantasmagoriche ed immaginate (non c’è alcun progetto di massima e men che meno uno esecutivo) opere di Occhiuto verranno a costare quanto? 40, 50 milioni? Quindi 20 milioni più 50 milioni fa un totale di 70 milioni di spesa per un’opera totalmente inutile che collega il nulla con il nulla.

Per fortuna il Gran Maestro delle Cerimonie Valerio Festi, pagato quasi 140mila euro, si è accorto che: “È un ponte leggero, che non ha nulla sotto, sospeso nell’aria come una ballerina che danza nel cielo”. Saremo eternamente grati all’immaginifico e festaiolo imprenditore di questa rivelazione, anche se era piuttosto evidente a chicchessia che un ponte che collega il nulla con il nulla non poteva avere nient’altro che nulla, anche sotto.

Deve essere sfuggita anche a lui la presenza del Crati che in quel punto, anche in un inverno piovoso come questo, è largo 2 o 3 metri.
Tanto più che, nel raggio di poche decine di metri, vi sono ben altri due ponti che collegano la sponda est con quella ovest. Se proprio avessero voluto renderlo utile, avrebbero dovuto costruirlo più a nord collegandolo, magari, alla strada 107 Silana-Crotonese.
Insieme alla palese inutilità bisogna aggiungere il danno paesaggistico creato da un’opera troppo grande, addirittura gigantesca per un ambito paesaggistico in fondo ristretto, con un fiume largo tre metri in estate e meno di dieci in un normale inverno.

Un’opera totalmente fuori scala che ha devastato irreversibilmente le caratteristiche primigenie dei nostri luoghi: una antenna alta 104 metri pesante 800 tonnellate, una sede stradale larga 22 metri e lunga 130 metri. Un gigantesco corpo estraneo che, visto da nord, quasi fa scomparire il nostro centro storico incastonato sul colle Pancrazio. Un ponte che peraltro, dal punto di vista del disegno architettonico, altro non è che la copia della copia della copia dell’unico ponte che Calatrava disegna, subendo moltissime critiche dagli addetti ai lavori, da decenni ovunque: a Siviglia, a Valencia, ad Atene, a Gerusalemme etc. etc.

Mi viene anche da pensare: il gigantesco e fuori scala PONTE DEI VAVUSI ha ottenuto, come per DLgs 42 del 2004, l’autorizzazione paesaggistica da parte della Soprintendenza? E se l’ ha ottenuta, sulla base di quali valutazioni la Soprintendenza ha ritenuto che non violasse gli articoli 131, 134, 136, 146 e 148 DLgs 42/2004 e s.m.i.?
In ogni caso, a chi sembra opportuno spendere, per tutto questo discutibilissimo ed irreversibile stravolgimento urbanistico e paesaggistico, 70 milioni di euro?
Questi 70 milioni di euro avrebbero potuto e potrebbero esser spesi diversamente? Certamente sì. Per esempio avrebbero potuto essere investiti nel centro storico che, invece, il sindaco architetto vorrebbe radere al suolo come, in parte, ha, del resto, già fatto. Occhiuto poteva lasciar perdere questa opera sommamente inutile, già tramontata all’epoca di Mancini, e decidere di investire nel centro storico progettando e chiedendo alla UE gli stessi 70 milioni di euro per comprare e restaurare, per esempio, un intero quartiere della città storica, per mezzo dei fondi europei POR e/o PON degli ultimi “settenni”.

Fra qualche anno, invece, il centro storico sarà crollato e/o raso al suolo e le decine di milioni di euro spesi per il PONTE DEI VAVUSI saranno stramaledetti dai nostri figli e dai nostri nipoti ai quali, invece di lasciare un città storica restaurata e capace di trasmettere valori etici ed estetici per secoli, lasceremo questa copia della copia di un ponte disegnato da un architetto di cui fra una generazione si sarà persa la memoria ed anche i ponti, credo, saranno crollati.

Si aggiunga, poi, la dolorosissima vicenda dell’operaio specializzato Raffaele Tenuta morto per essere caduto nel corso della costruzione del ponte, mentre lavorava in nero, come dicono i suoi familiari. Una ennesima, terribile morte bianca di un lavoratore che assume, in questo caso, anche il sapore di una beffa se si pensa che mentre quest’uomo agonizzava nella terapia intensiva dell’Ospedale, a Cosenza il sindaco organizzava e portava a termine il gran festeggiamento per l’erezione dell’antenna più alta d’Europa.
Nonostante io sia un suo fiero oppositore, non credo che il sindaco sapesse e, ciononostante, abbia voluto, insensibilmente, festeggiare lo stesso, ma sono convinto, invece, che già da tempo avrebbe dovuto far costituire il Comune come parte civile contro la ditta appaltatrice che i familiari di Tenuta ritengono responsabile, Sono convinto pure che a seguito di questa bruttissima vicenda avrebbe dovuto assumere un atteggiamento meno trionfalistico e di minore arroganza nei confronti degli oppositori e dei critici delle sue “grandi opere” che i suoi fans e trolls vorrebbero impiccare al sunnominato PONTE DEI VAVUSI.

In quanto alla politica del fare e delle “grandi opere”, invece, ne ho piene le tasche, perché questo sindaco ha realizzato solo sconcezze: l’orrenda colata di cemento di Piazza Fera, il devastante restauro del Castello e la sua trasformazione in lounge bar, le sempiterne luminarie, il tamarrofiume boulevard, i ridicoli, costosissimi e totalmente improduttivi bocs-art e vorrebbe, bontà sua, realizzarne delle altre ancora: l’ovovia (sic!), il Museo del nulla-Alarico, il viale parco trasformato, solo nei suoi renderings, in una sorta di oasi immaginata da un sultano arabo.
Questa visione “estetistica della città” ha stravolto Cosenza e, purtroppo, anche la maggior parte dei cosentini.

Cosenza ha subito, in soli sette anni, una vera e propria mutazione genetica: da piccola città di provincia meridionale, ma non priva di vividi fermenti politici e culturali, a piccola, vacua, “vavusa”, tamarra ed anonima (Cadenza!) città del mondo globalizzato.
Il grande evento, questa ennesima, costosissima, tamarrissima e sgangherata festa di cui non si occuperà nessun giornale o telegiornale nazionale, se non a pagamento, dimostrerà, con un grande bagno di folla, quanto i cosentini siano stati, nella maggioranza dei casi, plagiati da questo abilissimo manipolatore delle coscienze.