“Cosenza, porto delle nebbie. Questa è la storia di un omicidio travestito da suicidio: verità per Lisa”

dalla pagina FB di Angela Marino

Questa è la storia di un omicidio travestito da suicidio. Tutto inizia a Rose, paesello in provincia di Cosenza. Lisa Gabriele vive con la zia da molti anni in Italia, anche se è nata in Germania, dove i suoi genitori ancora vivono e lavorano. Zia Angelina la ama con una figlia e si preoccupa per lei quando Lisa comincia a frequentare un uomo più grande. Ma Lisa è testarda, non vuole saperne di mettere fine a quell’amore litigioso e fosco. Fino a che, il 9 gennaio 2005, viene ritrovata senza vita in una radura vicino nei boschi di Montalto Uffugo.
Sulla scena una bottiglia di alcolici (senza impronte), un blister di farmaci (che lei non aveva ingerito) e una enigmatica lettera d’addio (autentica solo in alcune frasi). Nonostante l’evidenza il caso viene chiuso come suicidio. Gli anni passano, consegnando il caso agli archivi e zia Angelina alla disperazione. Eppure, tredici anni dopo, qualcuno, consumato dal rimorso, invia una lettera in Procura:

“Sono un poliziotto della Stradale, per troppo tempo sono stato costretto al silenzio dalla paura. Voglio liberarmi dal peso di non aver contribuito a fare luce su un episodio gravissimo. Parlo di una ragazza, Lisa Gabriele, morta a 22 anni. È stata barbaramente uccisa, soffocata con un cuscino”. Nella missiva, che riapre il caso, l’anonimo fa anche riferimento a un episodio specifico, in cui Lisa, picchiata selvaggiamente, si era fatta soccorrere dalla Stradale (stesso corpo cui lo scrivente dice di appartenere).

Le informazioni corrispondono: le indagini sul corpo confermano che Lisa è morta per asfissia, probabilmente causata da un cuscino. Sotto accusa di omicidio finisce M.A., ex poliziotto: l’uomo con cui Lisa aveva una storia. Ma l’epilogo, anziché avvicinarsi, si allontana.
Nel gennaio 2024, infatti, il gup del Tribunale di Cosenza ha assolto M.A. per insufficienza di prove, condannandolo invece a 5 anni di reclusione per cessione di stupefacenti. La Procura ha deciso di non presentare appello contro l’assoluzione, chiudendo così il caso senza un colpevole.
E gettando polvere sulla verità, già calpestata da testimonianze tardive e silenzi omertosi.