Anche questa volta il Partito Democratico cosentino non si è lasciato sfuggire l’occasione di stupire tutti: è riuscito nell’impresa di dimostrare, ancora una volta, di essere ostaggio dei soliti capibastone: in questo caso Iacucci e Bevacqua ai quali si è sciaguratamente aggiunto Mancini junior. Quella di Bevacqua e Iacucci, come tutti sanno, è la cricca contrapposta alla paranza di Nicola Adamo.
Ma vediamo nei dettagli com’è riuscito il Pd, anche questa volta, a “suicidarsi” schierandosi, con precisione chirurgica, dalla parte sbagliata. A conferma di questa sudditanza, la scelta di supportare, per gli interessi di paranza, il Sì al referendum sulla fusione dei comuni di Cosenza, Rende e Castrolibero. Il risultato? Un clamoroso ceffone elettorale da parte dei cittadini, che hanno sonoramente bocciato l’idea.
Dopo mesi di sproloqui sul presunto miracolo della fusione – portati avanti con ammirevole dedizione da un fronte bipartisan e persino dalla Cgil (vrigogna da faccia vostra) – la popolazione ha deciso di non farsi abbindolare. Certo, qualche sparuta “truppa cammellata” i soliti ras locali sono riusciti a racimolare, ma neanche quelle sono bastate a salvare un progetto che puzzava di inciucio politico/massonico/mafioso lontano un miglio. I cosentini (con l’astensione) e i rendesi e castroliberesi (con il voto) hanno mandato un messaggio chiarissimo: “ognuno si tena i guai sua.”
Il Pd cosentino, come al solito, ha dato prova di essere non solo un partito frammentato e privo di coraggio politico, ma anche completamente asservito alle cricche che da sempre lo compongono e perennemente in guerra l’una contro l’altra. Ma a nulla è valso l’impegno profuso dal terzetto Bevacqua-Iacucci-Maincini: infatti non solo non hanno convinto nessuno, ma sono riusciti a realizzare un vero e proprio capolavoro “tafazziano” ovvero salire sul carro degli sconfitti, “impresa” non facile in una terra dove tutti lottano per salire su quello dei vincitori. Un trionfo del masochismo politico che non lascia dubbi: finché il Pd rimarrà ostaggio di cricche e paranze, continuerà a perdere tutto ciò che si può perdere. E forse anche di più.
Questo referendum avrebbe potuto essere un’occasione d’oro per rilanciare il partito, magari con un colpo bene assestato al presidente Occhiuto. E invece, niente. Il Pd cosentino gestito da Pecoraro ha preferito farsi trascinare ancora una volta nei giochi di potere dei soliti capibastone, sacrificando qualsiasi pretesa di rappresentare i cittadini. Un errore grave, certo, ma ormai routine per un partito che sembra vivere in un loop infinito di autoreferenzialità, divisioni e genuflessioni ai voleri dei soliti noti.
La sudditanza patologica alle cricche e alle paranze che governano il Pd cosentino non è solo politicamente suicida, ma è la principale ragione del lento, inesorabile declino del partito in tutta la provincia. Invece di essere una forza di cambiamento, il Pd appare sempre più come un comitato elettorale al servizio di pochi, del tutto scollegato dai bisogni reali dei cittadini. E mentre il territorio chiede risposte concrete, il Pd si perde nelle sue divisioni interne e nei tatticismi di corto respiro. Con il tragicomico corollario degli “adamiani” che remano pacchianamente contro attraverso le dichiarazioni di Enza Bruino Bossio e i profili falsi sui social chiaramente riconducibili a qualche consigliere comunale “creatura” della terribile Madame Fifì.
L’adesione “ufficiale” al fronte del Sì non è stato solo un errore tattico. È l’ennesima dimostrazione di un partito ostaggio degli interessi di pochi. Per il Pd cosentino, ogni occasione sembra buona per confermare che il declino non è un incidente di percorso, ma uno stile di vita. E mentre i cittadini aspettano soluzioni ai loro problemi, il partito si consola con ciò che gli riesce meglio: collezionare sconfitte e ridursi sempre più a una caricatura di sé stesso. Ma tranquilli: tanto ci sono abituati.