Cosenza. Referendum, storia di un suicidio politicamente assistito (di Sergio Tursi Prato)

REFERENDUM SUL COMUNE UNICO COSENZA-RENDE-CASTROLIBERO. STORIA DI UN SUICIDIO POLITICAMENTE ASSISTITO.
Di Sergio Tursi Prato, già candidato a sindaco della città di Rende e sostenitore del NO

“Il dato referendario è stato chiaro ed inequivocabile, quello che il popolo sovrano ha detto NO. Un’ampia ed articolata maggioranza di cittadini dei tre Comuni sopracitati non ha gradito il metodo ed anche la mancanza di reali contenuti programmatici, con cui uno schieramento vasto di Partiti di destra e di sinistra, insieme alle forze sindacali, imprenditoriali ed associative, hanno portato avanti le ragioni del SI. Certo, in questo movimento popolare c’è anche l’orgoglio dell’appartenenza e delle radici storiche, culturali e sociali alle proprie comunità, la cui “buona amministrazione” è entrata nel cuore e nella mente di tanti cittadini, vedi Rende e Castrolibero.

Nello stesso tempo, tranne alcune considerazioni di rito, come “la gente non ha compreso l’importanza del referendum, fondamentale per il futuro delle giovani generazioni”, nessuno dei convinti referendari ha recitato un fisiologico mea culpa. In questo palese dissenso, certificato anche da un preoccupante astensionismo, c’è un chiaro ed inequivocabile messaggio ad una classe politica formata in buona parte dei casi da “nominati”, in alcuni atteggiamenti anche arrogante ed autoreferenziale, slegata dai bisogni reali della nostra martoriata quotidianità.

In poche parole un vero e proprio suicidio politicamente assistito. Oggi la gestione del potere fine a se stesso e di una ristretta cerchia magica di amici degli amici non paga più in termini elettorali ed il voto libero e d’opinione aumenta in vasti strati della società civile. Tutto questo rappresenta senza dubbio alcuno il valore aggiunto della democrazia partecipata. Ora si passi ad uso equilibrato, studiato e ragionato di un’auspicabile Unione dei Comuni, partendo dal coinvolgimento attivo delle tre Municipalità interessate e dall’integrazione dei servizi, per arrivare alla fisiologica costruzione di una comunità larga ed inclusiva, in cui nessun cittadino possa concretamente sentirsi figli di un Dio minore. Non prima, infine, che alcuni “accesi e faziosi “ promotori del SI facciano un doveroso bagno d’umiltà”.