L’11 gennaio 2019, meno di un mese prima delle “dimissioni telecomandate” di Raffaele Mauro da direttore generale dell’Asp di Cosenza, era andata in scena un’altra vergogna. Non vorremmo essere scortesi o poco educati, allora, nel ricordare la tragicomica vicenda dell’incarico dell’Asp di Cosenza per l’Unità Operativa Semplice Dipartimentale URP (Ufficio Relazioni con il Pubblico)-Comunicazione Istituzionale. A maggior ragione perché si trattava di un incarico, per di più con responsabilità dirigenziali, che riguardava direttamente proprio il settore della comunicazione. Ma non possiamo ancora oggi a fare a meno di sorridere ironicamente quando ricordiamo che l’incaricato era Raffaella D’Alba, la gentile consorte di Franco Pacenza.
Si tratta, come tutti sanno, di uno dei fedelissimi di Mario Oliverio e suo delegato, guarda un po’ il caso, per la sanità. Un goffo residuato della Prima Repubblica, famoso per tragicomiche inchieste sui fondi della 488 ma soprattutto per la sua sfrenata ambizione e lo smodato clientelismo, in perfetto stile familismo amorale di Palla Palla. In pratica, come dicono tutti, era il vicegovernatore, a fronte di un rapporto d’acciaio con Oliverio.
Ma l’aspetto che lasciava sconcertati riguardava la tempistica dell’assegnazione dell’incarico, avvenuta ad appena poche ore dall’incontro dell’allora nuovo commissario per la sanità Cotticelli con Oliverio e con lo stesso Pacenza. Della serie: mentre tu parli e ti insedi, noi ci aggiustiamo le nostre cose tanto noi andiamo avanti e voi non saprete nulla. Incredibile. E tutto questo quando il mandato del dg Raffaele Mauro era praticamente scaduto.
Raffaella D’Alba è una sociologa ma è soprattutto la moglie del vicegovernatore Franco Pacenza (!), viene inserita giusto nello staff della Direzione Sanitaria, senza alcun ruolo ben definito se non quello di… controllare se Giudiceandrea ovvero il direttore sanitario, svolgesse diligentemente le attività di… controllo sul direttore generale! Il primo gradino della scalata ovviamente non è bastato e dopo una serie di boatos che la volevano direttore del distretto di Corigliano, proprio in extremis ha piazzato la zampata per l’incarico da dirigente nell’URP. Un colpo da maestri.
Ora, non stiamo qui a raccontarvi per filo e per segno tutte le avventure del prode Pacenza, la cui nomina a delegato è stata a lungo contestata dai grillini, ma siamo qui a illustrarvi soltanto i profili di coloro che hanno firmato l’incarico. Vi risparmiamo quello del direttore generale Raffaele Mauro alias Faccia di Plastica, e passiamo direttamente agli altri due firmatari: il direttore sanitario e il direttore amministrativo, entrambi spediti oggi al divieto di dimora.

Francesco Giudiceandrea, nominato direttore sanitario dal direttore generale Mauro su indicazione del vicegovernatore Franco Pacenza, vanta un curriculum paragonabile a quello di un neo laureato. Manca di qualsivoglia attività e/o esperienza di gestione e, in quanto medico legale, ha svolto solo le funzioni di presidente della Commissione Invalidi Civili di Corigliano. I bene informati affermano che, ad onor del vero, lo stesso Giudiceandrea avrebbe candidamente manifestato forti perplessità alla sua stessa nomina, ma il vicegovernatore Pacenza, per motivi personali e di geopolitica, lo avrebbe “obbligato” ad accettare senza opporre discussione alcuna. Pacenza aveva, quindi, bisogno non già di offrire all’utenza un capace direttore sanitario, ma di posizionare un suo fedelissimo che “controllasse” l’operato del direttore generale!
Luigi Bruno, nominato da Mauro quale direttore amministrativo dopo un lungo e travagliato periodo durato circa cinque mesi, non riesce a nascondere il suo oscuro trascorso professionale presso l’Istituto Papa Giovanni XXIII di Serra D’Aiello negli anni in cui venivano perpetrate indicibili nefandezze nei confronti degli “ospiti” ricoverati. Il fosco Bruno non riesce a nascondere il suo essere asservito al volere di Mauro e, al pari del direttore sanitario, controfirma tutto ciò che il DG gli sottopone, senza un benché minimo confronto o contraddittorio o qualsivoglia espressione di minima “perplessità” sugli atti da adottare. Bruno non riesce a nascondere proprio nulla e di conseguenza paga anche lui per amore del “padrone”. Speriamo che almeno lo sputtani. O no?