Cosenza, sparatoria al B-Side: il processo a Molinari come quello di Kafka

Pur avendo scritto appena tre romanzi (per di più incompiuti) e una ventina di racconti, l’opera di Franz Kafka è riuscita a caratterizzare la cultura moderna per via della specificità delle tematiche affrontate e dello stile utilizzato. Infatti il suo nome è entrato nel nostro vocabolario e nell’uso – forse non comune – ma nemmeno così raro della lingua italiana.

Con l’aggettivo “kafkiano” si intende infatti delineare una situazione paradossale e angosciante ma che viene tuttavia accettata come immutabile, rendendo così impossibile una qualunque reazione sia a livello pratico, sia a livello psicologico. Qualunque avvenimento produca un effetto assurdo e straniante può essere definito ‘kafkiano’ quando delinea qualcosa di estraneo e familiare al tempo stesso, e risuona inquietante proprio per questa sua spiazzante ambiguità.

L’opera dell’autore cecoslovacco è infatti ricca di situazioni paradossali e allucinanti, ma l’effetto più straniante dell’assurdo kafkiano è dato dalle reazioni spiazzanti e illogiche dei protagonisti: posti di fronte a difficoltà insormontabili, mostrano sia lo smarrimento esistenziale dell’uomo del Novecento, sia la sua angoscia davanti a realtà avverse e ingovernabili.

Nel romanzo incompiuto “Il processo”, il protagonista Josef K. si ritrova in una situazione  paradossale e angosciante: l’uomo viene infatti arrestato, processato e condannato da un tribunale che non gli ha mai neanche spiegato la natura delle accuse che gli sono state mosse. Per questa sua inconfondibile peculiarità stilistico/tematica, Franz Kafka non è entrato a far parte solo della storia delle letteratura, ma anche della nostra lingua.

Nella nostra realtà, purtroppo, la definizione di processo kafkiano calza a pennello per tante, troppe storie. Come quella di Andrea Molinari, che stiamo raccontando da qualche giorno. Andrea ha trascorso otto anni della sua vita in carcere, condannato dal Tribunale di Cosenza ed in modo particolare dal giudice Maria Antonietta Onorati per un reato che non ha mai commesso. La storia di Andrea Molinari in città la conoscono tutti, così come tutti sanno che non è stato lui a sparare quella maledetta notte del 28 ottobre 2006 al B-Side di Rende contro un buttafuori del locale, che è rimasto ferito gravemente. Iacchite’  vi sta raccontando un’altra incredibile storia di malagiustizia direttamente dal porto delle nebbie di Cosenza. Molinari è stato condannato sulla base delle dichiarazioni di un testimone oculare che poi ha ritrattato, di una intercettazione telefonica che poi è risultata taroccata, di un nomignolo che si è rivelato inventato e di una perizia su presunte particelle di polvere da sparo trovate su un maglione che ha del ridicolo. Eppure è stato condannato e si è sciroppato otto anni di carcere da innocente. Ci rimane da raccontare l’ultima parte di questa incredibile storia.

Dopo le ultime deposizioni del testimone oculare, integrate da altri verbali di nuovi testimoni, la difesa – già all’epoca di questi nuovi elementi – proponeva istanza di revisione del processo presso la sede di competenza cioè la Corte d’appello del Tribunale di Salerno.

Il primo ricorso venne dichiarato inammissibile dalla stessa Corte, con motivazioni basate sulle nuove dichiarazioni del testimone, ritenute tardive, nonostante il codice di procedura penale in riferimento all’eventuale richiesta di revisione del processo del condannato, dice che la revisione può essere richiesta in qualsiasi momento, a patto che sopraggiungono nuove prove da valutare, insieme a quelle già valutate durante il primo processo.

Non solo: l’ultima deposizione del testimone oculare nel processo di primo grado risale
al luglio del 2009 e si tratta di dichiarazioni ritenute alla fine determinanti all’esito della condanna. Le nuove dichiarazioni del testimone, che preso dal rimorso fa dietrofront, sono state verbalizzate nel giugno 2011, ragion per cui parliamo di un lasso temporale di soli due anni. Ma non c’è stato niente da fare.

Nonostante tutto, i legali di Molinari propongono ricorso in Cassazione, ma anche qui nulla di fatto. Tutto rimane al suo posto, anzi tutti…
Dal 2012 al 2014, con l’arrivo di tanti nuovi collaboratori di giustizia, in fase di indagini, la procura antimafia di Catanzaro, che li ascolta, riscontra che alcuni dei pentiti rilasciano dichiarazioni spontanee proprio sui fatti e sulle circostanze che hanno portato a quella sparatoria al B-Side. Con la differenza che questa volta i magistrati non possono fare a meno di verbalizzare i loro racconti e come da procedura penale trasmettono i verbali con le dichiarazioni dei pentiti in merito a questi fatti alla Corte d’appello di Catanzaro.

I magistrati in particolare scrivono che in base a queste dichiarazioni deve essere nuovamente vagliata la posizione di Andrea Molinari in merito ai fatti ai quali è stato condannato dalla stessa Corte a 10 anni di reclusione. La stessa Corte che lo ha
condannato, si affretta subito a dichiarare tutto inammissibile e a questo punto la difesa richiede la copia dei verbali per presentare una nuova richiesta di revisione del processo, unitamente alle prove già raccolte in passato in favore del loro assistito, a chi di competenza e cioè alla Corte d’appello di Salerno.

Da li in poi fra istanze richieste mille volte e uffici che si rimpallano le responsabilità, per molto tempo non è stato possibile acquisire queste dichiarazioni dei pentiti perché oggetto di indagini aperte. Finalmente, nel 2016 la difesa di Molinari è riuscita ad entrare in possesso di queste nuove dichiarazioni per presentare nuovo ricorso di revisione.
Ricorso di revisione ancora una volta dichiarato inammissibile dalla Corte salernitana, con la motivazione che i collaboratori raccontano versioni diverse ma non considerando affatto che comunque tutti convergono sulla cosa più importante e cioè che non è stato Andrea Molinari a sparare quella maledetta sera. Dunque, per la magistratura i collaboratori possono far condannare decine di persone qualunque racconto facciano – e ci sono le sentenze che parlano chiaro – ma solo per Molinari le loro dichiarazioni non servono a niente. Ecco perché tutta questa incredibile storia ci ha riportato alla mente il processo kafkiano. Ma Andrea Molinari, per quanto ne sappiamo, non si è ancora arreso e fino alla fine cercherà di far affermare la verità per tutta questa sporca vicenda.

6 – (fine)