Cosenza, una domanda a Vigna e Spataro

Vero è che le sentenze diventano definitive solo dopo il terzo grado di giudizio, e quindi Spataro e Vigna sono da considerarsi ancora presunti colpevoli, ma è altrettanto vero che quando la condanna, anche non definitiva, colpisce un personaggio che ricopre una carica pubblica, subentra, per l’imputato, un altro metro di “giudizio” e la questione, oltre che sul piano giuridico, si sposta anche su quello del “principio etico e della disciplina morale”.

Aspetti che stanno alla base di ogni sincero politico e leale servitore dello stato. Per capirci: questi valori appartengono solo a coloro i quali intendono la politica come servizio al cittadino. Se ricopri una carica pubblica hai il dovere di rappresentare i cittadini e le istituzioni con decoro, onestà e onore. E se dovesse sorgere qualche problema, anche indipendente dalla propria volontà, che metta in discussione le citate “qualità”, l’uomo pubblico dotato di una coscienza civica e sociale, non ci penserebbe su due volte a “lasciare”. Perché per lui, prima ancora che la sua di reputazione, è più importante tutelare quella del cittadino e delle istituzioni che rappresenta. E non serve una legge per capire, o per imporre, la necessità sociale di questo onorevole gesto, quando la nobiltà di intenti e ben radicata nell’animo e nello spirito di chi si propone a rappresentare gli altri. Un concetto comprensibile solo a chi non rifiuta, proprio perché fermo nella volontà di servire il cittadino, l’aspetto e la profondità filosofica di questo pensiero.

Detto questo la domanda è semplice – visto che sia Spataro che Vigna hanno sempre detto che per loro la politica significa essere al servizio del cittadino – e diretta: se per voi, nell’espletare la vostra funzione pubblica, non ci sono altri interessi da curare al di fuori di quelli dei cittadini, perché, in nome degli interessi dei cittadini  non vi dimettete?

E’ la politica (polis) che ve lo chiede.