(ANSA) – ROMA, 22 NOV – Il Consiglio dei ministri – su proposta del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi -, in considerazione delle accertate forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata, ha deliberato “lo scioglimento dei consigli comunali di Cosoleto (Reggio Calabria) e Anzio (Roma) e l’affidamento della gestione degli enti a commissioni straordinarie appositamente nominate per un periodo di 18 mesi”. Affidata a una commissione straordinaria anche la gestione del Comune di Nettuno (Roma), il cui Consiglio comunale è stato già sciolto il 30 giugno 2022 in quanto non ha approvato il rendiconto di gestione del 2021. (ANSA). La decisione è la conseguenza diretta della recente operazione della Dda di Roma denominata “Propaggine”, che ha smantellato una locale di ‘ndrangheta a Roma che faceva riferimento alla ‘ndrangheta reggina.
Il “direttorio” a Cosoleto
Dagli affari romani alla “base” in Calabria, quest’aspetto veniva approfondito nel filone di competenza della Dda di Reggio. La cosca di Sinopoli, chiarisce il gip, è una delle più potenti e pericolose attualmente esistenti nel territorio calabrese. Con i vertici ormai in età avanzata, a fornire nuova linfa sarebbero giovani leve allettate dalla prospettiva di “progressioni di carriera”. A Sinopoli sotto i riflettori degli inquirenti i fratelli Giuseppe, Antonino e Carmine Penna: anche Carmelo detto “Bin Laden” sarebbe considerato figura di rilievo. La locale di Cosoleto avrebbe invece un “direttorio” formato dai membri più anziani: i fratelli Nicola e Antonio Alvaro con Domenico Carzo. A loro, in età ormai avanzata, si sarebbe affiancato Francesco Alvaro, detto “Ciccio testazza”, figlio di Antonio.
Il sindaco di Cosoleto Antonino Gioffré era stato arrestato nell’ambito dell’inchiesta. Il suo nome compare nell’elenco dei 34 soggetti raggiunti da un’ordinanza di custodia emessa dal gip su richiesta della Dda reggina contro la cosca Alvaro-Penna di Sinopoli. L’indagine è collegata a quella della Dda di Roma. Nel filone calabrese, 29 persone sono finite in carcere e 5 ai domiciliari. Gioffré è accusato di scambio elettorale politico-mafioso. In sostanza avrebbe favorito tra le altre cose l’assunzione di un altro soggetto indagato. Gioffrè è anche vicepresidente del Parco Nazionale dell’Aspromonte.
Secondo i pm, guidati dal procuratore Giovanni Bombardieri, gli interessi della cosca Alvaro-Penna si sarebbero estesi all’amministrazione locale. Dall’attività investigativa, infatti, era emerso un forte interesse dei sodali per la competizione elettorale del Comune di Cosoleto del 2018.
Nell’ordinanza di custodia cautelare, firmata dal gip Angella Mennella, c’è scritto che «le elezioni amministrative del Comune di Cosoleto del giugno 2018 sono state pesantemente condizionate dalla cosca Alvaro in accordo con il sindaco uscente Antonino Gioffrè, poi nuovamente candidato ed eletto». Nelle carte dell’inchiesta «Propaggine», però, non c’era solo il controllo mafioso del voto, ma anche le parentele scomode di diversi amministratori locali. In particolare, il vicesindaco Giuseppe Modafferi è un «nipote di Antonio Alvaro detto ‘u massarù», il presidente del consiglio comunale Giuseppe Antonio Calvo ha “rapporti di frequentazione” con gli indagati Domenico Carzo, Antonino Rechichi e Ferdinando Ascrizzi. Assieme a quest’ultimo, invece, un altro assessore è «indagato per truffa aggravata ai danni dello Stato per assenteismo sul luogo di lavoro». L’indagine ha fotografato anche la campagna elettorale vinta da Gioffrè. Contro di lui, alle elezioni del 2018, si era candidato Giuseppe Casella che è «nipote di Antonio Carzo», ritenuto esponente di spicco della cosca di Cosoleto. Lo zio boss, però, non sosteneva il parente il quale era stato «sollecitato» dalla famiglia mafiosa «a non candidarsi» in quanto ci sarebbe stato un «accordo elettorale politico mafioso stretto con Antonino Gioffrè, dietro la promessa del reperimento di posti di lavoro in favore di soggetti molto vicini a Carzo». Sempre nell’ordinanza di arresto dello scorso maggio, infatti, il gip scriveva che «la contropartita per il sostegno elettorale si sarebbe dovuta sostanziare nel reperimento di un lavoro per Vincenzo Carzo, figlio di Antonio, e anche per Annunziata Maria Catena Modafferi, compagna del primo». Per i pm, pochi mesi dopo le elezioni, Vincenzo Carzo è risultato idoneo nel bando regionale di servizio civile per l’attuazione della misura «garanzia giovani» denominato «Green Vision».