Crotone. Il bivio di Torromino e il caos del centrodestra

Il bivio di Torromino e il caos del centrodestra crotonese
Tra Voce, Talerico e Ferrari: la guerra fredda azzurra che deciderà le amministrative e le regionali

Fonte: U’Ruccularu

Il centrodestra crotonese è un partito senza rotta, un’alleanza senza collante, un campo minato dove a prevalere sono i sospetti, le ambiguità e gli interessi personali.
Nel mezzo, come in un paradosso politico perfetto, si trova Sergio Torromino, coordinatore provinciale di Forza Italia e uomo-chiave per le sorti delle prossime elezioni amministrative del 2026 a Crotone e, a cascata, delle regionali in Calabria.

TORROMINO, L’ENIGMA SILENZIOSO
Un tempo imprenditore combattivo e parlamentare di peso, oggi Torromino è diventato una figura ambigua e sfuggente, una specie di spettro politico che aleggia sopra un partito in disfacimento.
Formalmente è ancora il coordinatore provinciale di Forza Italia, ma nei fatti è sempre più isolato. Non viene invitato ai tavoli decisionali, il suo nome non compare neanche nelle locandine degli eventi ufficiali del partito, e persino il recente congresso provinciale, tenutosi fuori sede a Cirò Marina, ha segnato la sua marginalizzazione.
Eppure, proprio lui potrebbe essere l’ago della bilancia.
Dopo aver accarezzato l’idea di candidarsi a sindaco, Torromino ha scelto una linea attendista, accennando un “sì velato” all’appoggio a Vincenzo Voce, attuale sindaco civico e grande manovratore in vista del voto.
Un “sì” interpretato da molti come un segnale di resa, dettato da convenienze imprenditoriali e spinte dai vertici regionali del partito, in primis Cannizzaro e Occhiuto, che vedono in Voce un alleato utile e gestibile.

TALERICO LANCIA L’ULTIMATUM: “O TORROMINO O ROTTURA”
A rompere questa apparente quiete è stato il consigliere regionale Antonello Talerico, che ha deciso di mettersi di traverso.
Il suo messaggio è chiaro: Forza Italia non può farsi fagocitare da Voce e dai suoi alleati, tra cui spiccano Sergio Ferrari (presidente della Provincia e principale regista dell’operazione pro-Voce) e Mario Megna, presidente del Consiglio comunale, entrambi formalmente ancora in quota FI ma già abbondantemente “voce-dipendenti”.
Talerico ha lodato pubblicamente Torromino, ricordando che fu lui a “tenere la barra dritta” nei momenti più bui del partito.
Ma allo stesso tempo lo sollecita a scegliere: candidarsi come volto del centrodestra vero, oppure uscire definitivamente di scena.
E nel caso in cui Torromino dovesse defilarsi ancora, Talerico è pronto a proporre alternative: l’imprenditore Cesare Spanò ultimamente alle prese per un danno erariale insieme ad Antonella Rizzo ai danni dal Comune nel 2014 in cui la cassazione a rigettato il ricorso. All’epoca dei fatti, e bene ricordare che i due facevano parte della compagine politica di Peppino Vallone. O l’ex sindacalista Fabio Tomaino, dimessosi recentemente dalla UIL non senza polemiche.

IL PATTO VOCE–FERRARI: REGIONALI IN VISTA
Ma perché tanto pressing su Voce da parte di Forza Italia (o di una sua parte)?
Il motivo è semplice e ha un nome: elezioni regionali 2026.
Ferrari punta a entrare in Consiglio regionale e ha bisogno dei voti del movimento “Crescere” di Voce.
In cambio, offre pieno appoggio politico al sindaco uscente.
Un’operazione che Talerico definisce senza mezzi termini un “baratto”, utile solo a chi cerca incarichi, ma dannosa per il centrodestra e per l’identità politica del partito.
L’idea di “agganciarsi” a Voce, un tempo civico e indipendente e oggi trasformato in neo-forzista gesticolante, serve solo a mascherare l’assenza di una vera strategia politica, trasformando Forza Italia in una succursale del civismo opportunista. E mentre Ferrari pensa alla Regione, nessuno si occupa realmente di come vincere le comunali.

SCENARIO: CENTRODESTRA SPACCATO, FI ALLO SBANDO
Il quadro che emerge è impietoso.
Forza Italia è spaccata in due: da una parte il blocco pro-Voce (Ferrari, Megna, Manica e compagnia bella), dall’altra Talerico, che cerca di salvare l’identità del centrodestra “puro”.
Torromino è il vero ago della bilancia: se accetta la candidatura, può unire e rilanciare il partito; se resta nell’ambiguità, legittima il patto con Voce e di fatto condanna il centrodestra alla frammentazione.
La posta in gioco non è solo Crotone, ma l’intero assetto regionale: un patto locale oggi può decidere le regionali di domani, e viceversa.

RISCHIO: SCONFITTA A CROTONE, IMPLOSIONE ALLE REGIONALI
Il rischio più concreto? Che Forza Italia perda il Comune di Crotone pur appoggiando il sindaco uscente, oggi in calo nei sondaggi, e che si presenti alle regionali divisa, delegittimata e senza un’identità riconoscibile.
In quel caso, l’intero centrodestra calabrese subirebbe un contraccolpo.
La prossima mossa spetta a Torromino.
E ogni sua parola – anche criptica, come quel suo post social che cita l’anarchia come “ruota del cosmo” – viene letta come un oracolo dai contendenti.
Ma il tempo dell’ambiguità è finito. Quello dei post pure.

SERVE UNA SCELTA, NON UN POST
Alla base dell’ambiguità politica di Sergio Torromino si nasconde un conflitto irrisolto tra la sua vocazione imprenditoriale e il ruolo pubblico di coordinatore politico.
Una tensione che si è fatta più evidente negli ultimi mesi, da quando la Metalcarpenteria di Crotone, azienda di famiglia da lui rappresentata, è tornata sotto i riflettori nazionali per i suoi successi industriali.
In un’intervista del 10 giugno 2025 rilasciata al Quotidiano del Sud, Torromino ha affermato con orgoglio che l’azienda crotonese è oggi il miglior fornitore europeo di Baker Hughes, colosso americano dell’oil & gas.
La Metalcarpenteria lavora per gruppi come Saipem, Drillmec, Nuovo Pignone e Total, esporta verso gli Emirati Arabi e l’Olanda, ed è specializzata nella costruzione di moduli off-shore e componenti ad alta ingegneria. Impiega circa 150 lavoratori nello stabilimento di Passovecchio, rappresentando uno degli ultimi poli industriali veri del territorio crotonese.

A questo si aggiungono i rapporti consolidati con il porto di Crotone, dove Torromino è coinvolto in tavoli strategici per lo sviluppo della zona industriale e logistica.
Non è difficile immaginare che una presenza troppo marcata nella politica attiva – specie se in opposizione al sindaco uscente Voce o al presidente della Provincia Ferrari – potrebbe risultare dannosa per equilibri industriali consolidati.
In questo contesto, la sua ritrosia a candidarsi o esporsi apertamente non appare più come debolezza politica, ma come una scelta calcolata: mantenere un profilo basso ma influente, conservare l’accesso ai tavoli che contano senza esporsi al fuoco incrociato delle lotte di potere locali.

In definitiva, Torromino ha costruito attorno a sé una figura di garante economico più che di leader politico, un imprenditore che ha trovato nella distanza dai riflettori una forma di potere.
Ma proprio questo profilo ibrido – mai dentro, mai fuori – è oggi il principale ostacolo alla chiarezza e alla ricomposizione del centrodestra crotonese.
E forse è anche ciò che spinge figure come Talerico a premere per una scelta netta: o dentro, con coraggio, o fuori, con coerenza.