La “rinascita” della locale di Cirò
Il blitz è scattato all’alba, tra le campagne di Cirò e le celle di mezza Italia, contro quella che gli investigatori ritengono essere la riorganizzazione della storica locale di Cirò della ‘ndrangheta. La rinascita del clan di Cirò L’indagine, sviluppata tra l’aprile 2023 e il maggio 2024, è la naturale prosecuzione delle note operazioni “Stige” e “Ultimo Atto”, che negli anni scorsi avevano inferto duri colpi alle cosche del Crotonese. Nonostante ciò, la Locale di Cirò — sostengono gli inquirenti — sarebbe riuscita a riorganizzarsi, ricompattando le proprie articolazioni nei territori di Crotone, Strongoli e Cariati, grazie anche al coinvolgimento di familiari e conviventi di affiliati già detenuti. Attraverso intercettazioni, pedinamenti e le dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia – tra i quali l’ex superboss di Rossano, il 45enne Nicola Acri detto Occhi di ghiaccio, e il 46enne Gaetano Aloe, cognato di Spagnolo ‘U banditu –, i militari avrebbero documentato la “resilienza” del sodalizio e la sua capacità di mantenere il controllo del territorio, continuando a esercitare pressioni su imprese e attività economiche.
L’omicidio Mingrone e gli affari del clan
Tra gli episodi più gravi al centro dell’inchiesta figura l’omicidio dell’imprenditore edile Francesco Mingrone, ucciso a Cirò Marina il 9 aprile 2003. Tre persone sarebbero gravemente indiziate di averne ordinato e compiuto l’assassinio: la vittima, secondo quanto emerge, avrebbe più volte molestato la sorella di uno degli autori.
Estorsioni, assunzioni e appalti
Le indagini hanno inoltre fatto emergere una serie di estorsioni, consumate e tentate, ai danni di aziende impegnate in lavori pubblici, anche finanziati con fondi del P.N.R.R., oltre a gestori di lidi balneari, ristoranti e negozi della grande distribuzione. In alcuni casi, gli affiliati avrebbero preteso l’assunzione di parenti nelle ditte sotto minaccia o, più semplicemente, il prelievo gratuito di carburante agricolo. Non solo: sarebbe stato accertato anche un episodio di turbata libertà degli incanti, legato a un’asta giudiziaria di un immobile dove operava un ristorante che, per “protezione”, avrebbe versato mille euro al mese a uomini del clan.
La “bacinella” del clan e le armi
Nel corso delle indagini è stata individuata una “bacinella”, una sorta di cassa comune utilizzata per sostenere economicamente le famiglie dei detenuti e coprire le spese legali. Da questo fondo, secondo gli inquirenti, sarebbero stati prelevati circa 30.000 euro per l’acquisto di un’auto destinata a un affiliato ma poi usata stabilmente da un esponente di vertice della consorteria. Gli investigatori hanno inoltre documentato la disponibilità di armi da fuoco e la continuità operativa della cosca “Giglio” di Strongoli e delle ‘ndrine di Cariati, entrambe ritenute subordinate alla Locale di Cirò.
Perquisizioni e nuovi indagati
Parallelamente all’arresto dei 21 sospettati, sono state effettuate 17 perquisizioni personali e domiciliari nei confronti di altri indagati. Due di loro sarebbero coinvolti in ulteriori episodi estorsivi avvenuti tra novembre 2024 e gennaio 2025, caratterizzati da danneggiamenti e intimidazioni — come l’imbrattamento di saracinesche e la distruzione di mezzi meccanici — per costringere imprenditori locali al pagamento del “pizzo”.









