Se l’oste Demma, superdirettore dei Musei e dei parchi archeologici di tutte le Calabrie, invece di preoccuparsi di mescere vino a profusione nel parco archeologico di Sibari e fare buchi privi di senso a Capocolonna avesse provveduto a fermare le trivellazioni dell’Eni a mare e su terra ferma, a far fare indagini geologiche e avviare tentativi di fermare il processo di slittamento e cedimento del costone roccioso del promontorio sul quale sorge il santuario di Hera Lacinia a Crotone forse, ora, non staremmo qui a temere che la colonna e tutte le altre strutture antiche se ne scendano a fare un bel bagno a mare.
Come si evince dalle foto pubblicate da “Il Crotonese” e dal suo direttore Giuseppe Pipita, si è creata una vera e propria faglia lunga ben 12 metri che dopo le piogge di questi ultimi giorni si è allargata fino a misurare più di 40 centimetri. Anche a nord del promontorio la situazione è ingravescente perché si sono staccati grandi blocchi di calcarenite.
Il promontorio di Capo Lacinio, per le sue caratteristiche geologiche, è stato ed è interessato da fenomeni vistosi di crollo. In corrispondenza della falesia, infatti, gli studi geologici rilevano il distacco di blocchi della platea rigida silico-arenitica e calcorenitica poggiante sul basamento argilloso molto erodibile per una serie di concause: le onde e l’acqua salina del mare, episodi sismici e alterazioni antropiche come vibrazioni provocate da automezzi, turisti e pellegrini.
Figurarsi quanto possano incidere su un luogo geologicamente così fragile le trivellazioni per la ricerca e l’estrazione del gas che si sono effettuate e si effettuano nei pressi del sito archeologico.
Da alcuni decenni, ormai, le associazioni ambientaliste di Crotone e provincia, in testa Italia Nostra, cercano di fermare le trivellazioni che l’Eni, complici tutte le amministrazioni comunali di Crotone, compie sulla terraferma e in mare a poche centinaia di metri addirittura dal promontorio lacinio sul quale sorgeva il tempio di Hera e, poi, anche la colonia romana, ma, finora, sono state inascoltate.
Perché l’oste Demma non ha impedito, in qualità di superdirettore dei musei e dei parchi di tutte le Calabrie, le trivellazioni sulla terraferma e quelle in mare a poche centinaia di metri dalla costa di Capocolonna? Poteva e doveva farlo per tutelare le strutture antiche che, secondo gli studi idrogeologici prodotti in questi ultimi decenni, subiscono danni e slittano verso il mare anche, e soprattutto, a causa delle vibrazioni prodotte dalle attività antropiche come le trivellazioni per la ricerca e l’estrazione del gas da parte dell’Eni.
Lo scorso anno il sindaco Voce – dopo che le associazioni si erano sollevate per impedire la riapertura di una delle trivelle a ridosso del sito archeologico – si è messo a fare il portavoce dell’Eni dicendo che quelle che tutti i cittadini avevano visto erano solo manovre per mettere in sicurezza il pozzo. Tutto questo con il complice silenzio dell’oste superdirettore e della Soprintendente Abap di Catanzaro e Crotone, Stefania Argenti.
L’oste superdirettore smetta di fare e di dare spettacoli ad alta gradazione alcolica e lavori da subito per mettere in sicurezza, con interventi mirati e progetti seri con il Ministero e la Regione (Ah, già! Il primo è in mano a Giuli e l’altra a Occhiuto. Poveri noi!), uno dei siti archeologici più importanti della Magna Grecia e del Mediterraneo.