Depurazione Cosenza-Rende, una squallida partita a scacchi sulla pelle della gente

Le vicende della depurazione cosentina stanno diventando una sorta di partita a scacchi della quale nessuno, al momento, è in grado di prevedere la conclusione. Anche il sequestro del depuratore di Rende avvenuto il 2 febbraio dell’anno scorso fa parte della “partita”. Esattamente com’era accaduto 6 anni fa con il primo, parziale sequestro seguito dall’affidamento alla General Constuction, oggi Geko, che adesso è finita nel mirino della procura con le misure cautelari nei confronti del direttore generale Vincenzo Cerrone, del dirigente Dionigi Fiorita e di quattro dipendenti. 

Certo, chi sperava che l’ultimo vertice in Prefettura risalente a settembre 2017 avesse risolto tutto, si sbagliava clamorosamente non tanto e non solo perché gli impegni che prende il sindaco di Cosenza valgono praticamente… zero, ma perché è evidente che ognuno punta ad un obiettivo e in mezzo a tutto questo si dovrebbe anche garantire un servizio essenziale alla popolazione qual è, appunto, quello della depurazione delle acque reflue.

Il rappresentante legale di GE.KO Alfonso Gallo ormai non sa più che pesci pigliare. Accredita milioni di euro che probabilmente non vedrà mai, ha sperato per anni di poter vincere una gara – quella per la depurazione cosentina -, che sembra sempre più un miraggio e ha già pubblicamente reso noto che non riesce ad effettuare tutte le procedure necessarie alla corretta depurazione delle acque in ingresso.
Lo sanno tutti che l’impianto di Coda di Volpe a Rende non sta depurando.
Gallo ha affermato che non riesce per questioni economiche e chiaramente tecniche a eseguire né i trattamenti primari e cioè l’areazione (immissione di aria in appositi bacini allo scopo di ossidare l’idrogeno solforato) e neanche i secondari.

I “trattamenti secondari” prevedono l’ossidazione biologica (degradazione di sostanze organiche operata da batteri) a fanghi attivi; e la sedimentazione secondaria (separazione dal liquame depurato della biomassa formatasi con il trattamento biologico). Questo significa che siamo sull’orlo di un vero e proprio disastro ambientale del quale, con decenza parlando, non frega niente a nessuno.

E se Gallo punta al suo business, i nostri politicanti puntano al loro, che è quello di far di tutto per non pagare. Occhiuto prima ha nominato il suo capo di gabinetto Antonio Molinari alla guida del Consorzio Valle Crati ma poi, nel più classico del gioco delle parti, ha ricevuto in cortese rifiuto. Poi ha nominato un certo Andrea Manna, che è rimasto al Consorzio un paio di mesi e poi si è dimesso. E adesso, in perfetto stile Repubblica delle Banane, dopo la scadenza della sua interdizione dai pubblici uffici per corruzione (!!!) Maximiliano Granata è tornato in carica al Consorzio Valle Crati ed è incredibilmente custode giudiziario. Di conseguenza, tutto ciò che dice il Gattopardo (il procuratore Mario Spagnuolo per i nuovi di Iacchte’) è soltanto aria fritta. Come sempre, del resto. 

L’hanno capito tutti che Occhiuto con la collaborazione del sindaco di Rende Marcello Manna punta allo scioglimento del Consorzio in modo tale che i debiti (derivanti dal mancato pagamento di ben 3 milioni di euro da parte del Comune di Cosenza) siano ripartiti come per legge a tutti i soci (cioè a tutti i comuni). L’obiettivo, non dichiarato ma effettivo, allora, è quello di far entrare un liquidatore che, con le dovute proporzioni, caricherà tutti i debiti a tutti i comuni. Contestualmente è nato un nuovo ente, una “marmellata” chiamata Ato guidato dallo stesso Manna per gestire la depurazione, che, come tutti capiscono, non può essere fermata in nessun caso. Ma con i chiari di luna che ci sono, è evidente che parliamo di cose quantomeno difficili da realizzare.

Occhiuto, dunque, smascherando il suo gioco, vuole arrivare alla chiusura del Consorzio e chissenefrega se nel frattempo la depurazione non si fa… Lui ha ben altro a cui pensare che a queste cazzate…