Dopo quasi tre anni di “travaglio”, la procura della Repubblica di Cosenza ha partorito il solito topolino nelle sue infinite indagini sulla depurazione. Anche le pietre avevano capito che si stava inquinando il fiume Crati ormai da anni… E meno male che la dottoressa Manzini, che come sapete è la più famosa pettinatrice di bambole del globo terrestre, ha disposto il sequestro del depuratore, perché se avesse usato lo stesso metro con il quale ha chiesto misure cautelari, saremmo stati freschi. La dottoressa Manzini – bontà sua – ha disposto solo una interdittiva di un anno al direttore dell’impianto, l’ingegnere Vincenzo Cerrone. Per gli altri – semplici dipendenti – obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Questo passa il convento. E stendiamo un velo pietoso sulle dichiarazioni trionfanti di quel vecchio trombone del procuratore Spagnuolo, più impresentabile di certi politici che si candidano alle elezioni.
Le indagini, e videosorveglianza, hanno permesso di accertare che gli indagati, in concorso tra loro, dipendenti della Geko Spa, società incaricata della gestione dell’impianto di depurazione, scaricavano illegalmente un ingente quantitativo di liquami direttamente nel fiume Crati. Gli operai, seguendo le direttive impartite, usando due bypass, uno generale in testa all’impianto e uno posto a monte della sezione ossidativa, sversavano ripetutamente quantitativi di liquami, senza effettuare alcun tipo di trattamento depurativo.
Lo sversamento ha provocato una compromissione e un deterioramento, significativo e misurabile, delle acque del Fiume Crati e del relativo ecosistema alterandone composizione chimica, fisica e batteriologica nonché l’aspetto e l’odore. Durante alcuni controlli, gli stessi operanti nell’impianto, hanno nascosto la modalità illecita della gestione del depuratore, simulando il normale funzionamento della linea depurativa, per poi, una volta terminato il controllo, azionando il sistema illecito, ritornare a scaricare direttamente nel fiume consapevoli che alcune sostanze non fossero in linea con i valori tabellari previsti dalla normativa e falsificando inoltre gli esiti delle analisi inviate alla Provincia di Cosenza.
Il livello di compromissione ambientale è stato confermato dai dati dell’Arpacal che evidenziano come il livello di escherichia coli nel punto di sversamento è superiore di quasi cento volte rispetto a quello misurato più a monte. Molto alti anche i paramenti relativi all’azoto ammoniacale, tensioattivi anionici B.O.D. e C.O.D. L’impianto dopo il sequestro è stato affidato ad un custode giudiziario nominato dal Gip, il quale ha ricevuto incarico di gestirlo senza causare alcuna interruzione del servizio.