Di chi ha piazze e di chi non ne ha più
dalla pagina FB di Gioacchino Criaco
Quella del Popolo è stata più che altro la piazza degli agiati e degli agée: di chi ha raggiunto tranquillità anagrafiche ed economiche e, legittimamente, non vorrebbe perderle. Un fatto e un raduno naturali di chi in questa idea di Europa ci è stato bene, ci sta e vorrebbe starci bene pure nel futuro. Nulla di strano nel chiamarsi a raccolta, nell’abbraccio, nello stare insieme.
Loro fanno il loro, lo fanno in modo efficiente e non c’è da lagnarsi o criticare.
Stride solo un po’ il tono paternalistico dei monologhisti quando superano le barriere della loro congrega sociale e pretendono di convertire alla loro idea chi ha altre idee e altri problemi.
Ma il problema vero non è il loro.
Gli operai, quelli che muoiono quattro al giorno, chi ha voglia di rappresentarli?
I detenuti che si suicidano uno ogni due giorni?
I disoccupati che finiscono alla caritas?
Quelli in gamba che hanno faticato per costruirsi un sapere ma non sono ammanicati?
Quelli che non sono manettisti, moralisti, qualunquisti?
Chi non sogna legge e ordine ma giustizia e rispetto?
Quelli che stanno ai margini, nelle periferie?
Liste infinite che formano una maggioranza schiacciante che non sanno rappresentarsi, non sanno scendere in piazza, lottare per qualcosa che gli raddrizzi la vita.
E’ la gente normale(diciamolo, i poveri) che marca male, che di giro in giro si lascia rappresentare da chi in modo variegato appartiene a contesti agiati e agée che stanno, ovviamente, distanti dai margini, dai drammi della quotidianità, dal lunario da sbarcare, dalla sincope da bolletta.
Giustamente ognuno si prende la piazza che gli garantisca il meglio. Per colpa propria manca la gente negli spazi che gli sarebbero congeniali e invece cede ogni giorno, metro dopo metro, limitandosi a un rancore da specchio o da social buono solo a corroderle il fegato.