di Saverio Di Giorno
Cosa ci racconta l’arresto del Generale Liporace? Forse niente, una casualità, una sfortuna e una bolla di sapone come tante vicende. Oppure no: ci racconta una volta ancora di un sistema (parola ormai divenuta logora) di influenze e contatti reciproci nel quale è invischiato in particolare il paese di Diamante. Ci racconta della colonizzazione della democrazia, l’atteggiamento predatorio delle élite nella cosa pubblica.
Sgomberiamo subito il campo da fraintendimenti. L’indagine è in corso e magari evaporerà. Non c’è da commentare l’indagine in questo caso, né parlare di reati. Sono la parte forse meno interessante: c’è da analizzare la simbologia. Le terrazze di Diamante di Magorno sono a lungo state una simbologia, una ritualità per mostrare potere. Né più né meno. E offrivano un affresco di questo potere messo in scena.
Andiamo con ordine. In uno dei suoi tanti eventi estivi l’allora sindaco Magorno aveva premiato il Generale Liporace, originario di Belvedere, qualche giorno fa viene raggiunto da un’ordinanza di arresti domiciliari. Nel 2013 doveva diventare capo dei vigili di Roma, ma la sua nomina aveva scatenato un coro di proteste dallo slogan: “lui Liporace, noi li poracci”. Magorno non è stato solo sindaco, è stato senatore, ha avuto incarichi al Copasir. Una posizione di estrema influenza.
E a dimostrarlo sono tutti quelli che hanno transitato. Viene in mente che un altro ospite delle terrazze estive è stato il professore Gaudio. Chi lo ricorda? Un curriculum enorme, prestigioso. Balzato agli onori delle cronache qualche anno fa perché era tra i papabili commissari alla sanità del governo Conte poi subito bruciati (https://www.iacchite.blog/calabria-senza-speranza-dallopus-dei-a-lotti-magorno-e-occhiuto-tutti-gli-amici-e-i-fratelli-del-commissario-gaudio/). Ex rettore della Sapienza, un insieme di figli e nipoti nelle varie facoltà. Il fratello Carlo Gaudio era voluto a tutti i costi come presidente dell’AIFA da Luca Lotti. “Gradito anche a Denis Verdini” precisa l’Huffington Post. Luca Lotti, proprio il compagno di partito di Renzi insieme a Magorno, quando ancora Renzi non veniva scaricato da tutti. Dagospia lo descrive come “vicino all’Opus Dei e con ottimi sponsor nella pastorale universitaria guidata dal vescovo Lorenzo Leuzzi”. Ai più attenti il suo nome ricorderà una presentazione di un libro avvenuto a Diamante. Tra i relatori manco a farlo apposta, oltre a Leuzzi, anche Gaudio. È stato indagato per turbativa nei concorsi dell’Università di Catania. In particolare, la procura si sofferma sul bando che ha regalato un posto in ateneo alla figlia dell’ex procuratore D’Agata. Concorso morale. Lui si discolpa dicendo che ha sempre seguito legge e doveri.
Sono due le cose: o Magorno porta male, o quella compagnia ha abitudini di mano larga. O c’è di più. C’è un ciclo di legami stretti. Anche leciti. Ma che hanno colonizzato di fatto la cosa pubblica. Luoghi della cultura, della giustizia e della politica. Frequentazioni reciproche nelle quali il limite tra amicizia e influenza per troppo tempo e in troppi casi è diventato molto molto sottile.