Dalle mie parti si dice a prima gaddrina ca canta ha fattu l’uovo. E il primo a depositare l’uovo, all’indomani dell’annuncio da parte di Mattarella di nuove elezioni a settembre, è stato don Magorno. Che come vi abbiamo già detto, insieme a Madame Fifì, e a buona parte degli eletti del Pd, sono gli unici seriamente preoccupati per queste “nuove” elezioni. Ovviamente la stessa preoccupazione riguarda anche personaggi di FI come Jole Santelli e Roberto Occhiuto.
Ritornare di nuovo alle urne per il Pd, FI e tutti gli altri, significa, oltre che rimettere mani aru portafogliu, riscrivere le liste con annessa “ripartizione” dei collegi in base al peso delle correnti interne che come si sa sono in continua evoluzione. E allora la domanda che si pone don Magorno, il primo che ha fatto l’uovo, è: cosa succederà ora? Saranno riconfermati gli “uscenti” oppure no? E’ questo che preoccupa don Magorno e Madame Fifì. Ed è per questo che don Magorno sono giorni che lancia appelli, fa proclami e rilascia interviste. E tutto questo darsi da fare, dalla sera alla mattina, è solo perché lui ci tiene all’unità del Pd. Ha fatto, politicamente parlando, molto di più in questi giorni, per il partito, che in tutto il suo mandato di segretario regionale. La verità, in questo caso, è una sola: don Magorno si agita perché vuole portarsi avanti con il “lavoro”. Come a dire: io lo dico subito che voglio essere ricandidato. E tutta la pantomima messa in piedi, in questi giorni, è solo funzionale a questo. Ha paura, come Madame Fifì, di restare senza immunità parlamentare, che è la sola cosa che gli interessa, insieme ai privilegi che la carica di eletto comporta, ovviamente.
Se fossero con la coscienza a posto non si agiterebbero in questo modo, ma il problema c’è ed è serio: per don Magorno specialmente. Tutti oramai sanno che è dentro fino al collo in storie di collusione con il clan Muto. E’ stato, come tutti sapete, intercettato mentre si vantava, addirittura, di questa appartenenza. Scusate se è poco.
Ma non è solo questo il loro problema. Sia don Magorno che Madame Fifì non hanno più nessun referente romano a cui “affidarsi”. Con un Renzi così ridimensionato, la lotta per accaparrarsi i collegi sarà senza quartiere e all’ultimo sangue, ancor di più di tre mesi fa. Perché oggi c’è la consapevolezza dei numeri. La coperta è corta e non basta per tutti, è da qui che si parte. E Renzi non starà certo lì a lambiccarsi il cervello per vedere come sistemare Madame Fifì e don Magorno. Tra l’altro gli artefici principali, insieme a Palla Palla, della clamorosa sconfitta del Pd in Calabria. Ricandidarli significherebbe sbeffeggiare il popolo calabrese che su di loro si è già espresso bocciandoli sonoramente. E questo, oggi, è un dato certo per Renzi. Carta canta.
Stessa cosa per la Santelli e Occhiuto, la cui unica speranza di rielezione e ricandidatura, è legata alla posizione di Salvini alle prossime elezioni, e non è detto, anche qualora si riconfermasse l’alleanza di centrodestra, che ciò potrebbe bastare alla loro elezione. Forza Italia è quasi estinta, e questo Salvini lo sa, e se non deciderà per una alleanza con i 5 Stelle, potrebbe, come ha già detto, correre da solo. E poi decidere con chi stare. Il che sancirebbe senza ombra di dubbio la totale scomparsa di Forza Italia (vedi Valle d’Aosta). Che è quello che più gli fa comodo politicamente in questo momento. In Calabria, giusto per fare il nostro esempio, vale molto di più di FI. Un bel problema per Jole e Robertino.
Don Magorno è veramente alla frutta e il suo è un disperato appello ai compagni a non abbandonarlo al suo triste destino. Un appello, purtroppo per lui, destinato a cadere nel vuoto. Perché, comunque vada, la sua storia politica finisce qui, nessuno gli darà più il proprio voto, perciò conta poco, candidarlo o no che sia. E questo per il momento è già qualcosa.