E se Grillo si riprendesse il simbolo del M5s?

(DI LUCA DE CAROLIS – Il Fatto Quotidiano) – Il Garante e fondatore è furibondo, amareggiato, anche stanco. Dal suo blog inveisce contro “i traditori”, quelli che “talvolta possono tendere perfino a sentirsi eroi, ma solo ma agli occhi di qualche loro compare”. È l’invettiva di Beppe Grillo, che potrebbe avere vari bersagli. Per esempio il sociologo Domenico De Masi, che martedì al Fatto aveva rivelato quella confidenza del Garante che ora fa vacillare un governo: “Draghi mi ha chiesto di rimuovere Conte dal Movimento”. Poi quei parlamentari e quei big che lo stanno raccontando, da giorni: “Beppe aveva detto la stessa cosa anche a noi”. Mentre i contiani ci vedono un’intemerata tutta per Luigi Di Maio, l’uomo della scissione, che davanti ai parlamentari proprio lui, Grillo, aveva bollato come “un Giuda”. Cioè come il traditore dei traditori, citato nel post. Ma ciò che conta adesso è la rabbia del Garante, che mercoledì scorso è quasi fuggito da Roma, furente, saltando così il previsto incontro con ministri e sottosegretari del M5S, e soprattutto senza rivedere Conte, con cui pure dovrebbe prendere decisioni pesanti: anche sui due mandati, una partita che nel Movimento considerano ancora aperta.

Così adesso tra i big dei 5Stelle riemerge e si diffonde la paura della vendetta, del patriarca. Cioè si fa largo un sospetto: “Beppe potrebbe staccare la spina”. Magari togliendo il simbolo del Movimento a Conte, da qui a qualche settimana. O magari prima, se si dilatassero la rabbia e le già larghe differenze di vedute con l’avvocato: abbracciato dal Garante anche in pubblico a Roma, per dissimulare una distanza che era e resta un abisso. “Anche se per noi potrebbe essere perfino un favore, così Giuseppe farebbe una cosa nuova” sorride un contiano. Statuto alla mano, l’ex premier “è responsabile dell’utilizzo del simbolo”. E ha il potere di sfiduciare il Garante, decisione che però andrebbe poi approvata dagli iscritti. Ma anche Grillo potrebbe sfiduciare lui, il presidente. La certezza, al di là delle pieghe normative, è che il Garante è scontento di un M5S dove gran parte degli eletti vorrebbero uscire dal governo Draghi, quello che lui invece vorrebbe blindare. Irritato, dal dover insistere nel ribadire che no, sul totem dei due mandati non sono possibili neppure le deroghe invocate da Conte. “Al limite ci si potrebbe candidare solo per organi monocratici, il sindaco o il governatore di Regione” ha buttato lì ai tanti parlamentari incontrati nei suoi tre giorni a Roma. Soprattutto, c’è l’amarezza per essere finito su giornali e tv come l’uomo che sussurrava troppo con Draghi.

Cioè l’avversario di Conte, che gli imputa di aver almeno agevolato lo strappo di Di Maio. Mescolare il tutto, ed ecco il post di Grillo di ieri, l’anatema. Il ministro degli Esteri, nel consueto punto stampa per mordere Conte, ostenta indifferenza: “Il post di Grillo? Non possiamo inseguire il dibattito interno ai partiti, dobbiamo pensare all’Italia”. Anche dal giro contiano assicurano di pensare ad altro. Però l’avvocato e Grillo dovranno riparlarsi, a breve.

Potrebbero dover discutere di una votazione on line, quella per decidere se restare o meno nel governo (l’ipotesi di consultare gli iscritti è sul tavolo). E poi sempre di quel nodo, i due mandati. Raccontano che Giancarlo Cancelleri, dopo essersi sfilato all’ultimo minuto utile dalle primarie in Sicilia – proprio per mancanza di una deroga – speri nella candidatura in Parlamento. In cui contano anche alcuni veterani. “Non si tratta di poltrone, ma di garantire un minimo di continuità al M5S con figure chiave” ragionano i vertici. Tradotto, con Grillo se ne riparlerà. Come, è tutto da vedere.