“Quella della Corte (Corte Europea dei diritti dell’uomo – ndr) e’ una decisione che preoccupa. Chi e’ mafioso resta mafioso, a meno che non faccia una scelta di campo, allontanandosi e rendendo dichiarazioni”. Cosi’, sul tema dell’ergastolo ostativo, il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, dopo gli arresti di questa mattina nell’ambito dell’operazione ‘Cerbero’ della Direzione Distrettuale Antimafia di Torino che hanno colpito una sessantina di esponenti della ‘ndrangheta attivi nel Nord Italia. “L’ergastolo ostativo – spiega De Raho – e’ figlio della reazione dello Stato dopo le stragi del 1992. L’esperienza mostra come gli stessi detenuti che si trovano in regime del 41bis e che hanno posizioni di vertice all’interno dell’organizzazione mafiosa riescano a comunicare con l’esterno tramite pizzini e forme criptiche di linguaggio. Come, anche dal carcere, riescono a mantenere il controllo. Basta pensare a Toto’ Riina, che e’ rimasto capo sino all’ultimo”.
Sul punto è intervenuto anche il procuratore generale di Torino, Francesco Saluzzo.
“Il mafioso non cessa mai di essere tale se non nel momento in cui inizia a collaborare. Per questo motivo, non legare i premi, che sono l’unico incentivo, alla collaborazione e’ profondamente sbagliato. Queste persone – ha aggiunto Saluzzo – riprendono l’attivita’ mafiosa non appena riacquistano la possibilita’ di agire sul territorio, dopo rilasci e scarcerazioni la ripresa e’ immediata”.
Nell’operazione di stamattina e’ stato accertato che Antonio Agresta, padrino della ‘Ndrangheta attualmente recluso a Torino, dal carcere continuava a comunicare mediante ‘pizzini’ con il resto dell’associazione.