DOBBIAMO DOMARE I LEONI
di Stefano Boldrini
Fonte: Gazzetta dello Sport
In un Europeo organizzato a uso e consumo dell’ Inghilterra, non c’ è da sorprendersi se sia un rigore molto generoso a lanciare la banda di Gareth Southgate verso la prima finale dopo 55 anni. Peccato, perché questa nazionale non ha bisogno di aiutini, ma quello è accaduto in questo mese, con l’ Uefa che ha ignorato gli appelli di due governi e il grido di allarme lanciato dall’ Organizzazione mondiale della sanità, lascia intendere quale sia l’ aria.
Tra l’ Inghilterra e un titolo annunciato, in un torneo giocato in casa, c’ è ora l’ Italia e da queste parti sono preoccupati: gli azzurri sono considerati inafferrabili. Mancini dovrà invece tenere conto di due cose: della consistenza dell’ avversario e del vento politico. Romanzando su quanto accadde nelle ore del tentato golpe della Superlega, il premier britannico Boris Johnson è passato alla storia come l’ uomo che ha salvato il calcio europeo da pericolosi strappi.
Un effetto ricambio sta nella logica delle cose: penseremo male e saremo peccatori, ma meglio così che passare per fessi. L’ Europeo saluta la Danimarca, la nazionale di tutti dopo la tragedia sfiorata con il malore di Eriksen: applausi sinceri. La valutazione non si spiega solo in termini affettivi, ma anche tecnici: l’ orchestra di Hjulmand ha spinto l’ Inghilterra verso i supplementari, rispondendo colpo su colpo, in alcune fasi mettendo in difficoltà i signori di Wembley. Non meritava di perdere per un rigore ai limiti dell’ inesistente.
Avvio. L’ Inghilterra parte pancia a terra: è la prima volta che si ritrova di fronte a 60 mila persone dall’ inizio della pandemia. Lo stadio è ai limiti del delirio: tutti ammassati, altro che distanze sociali. L’ Uefa e Boris Johnson si sono assunti una bella responsabilità. Ma la Danimarca c’ è: la linea a tre difensiva viene aiutata in fase di copertura da Styger Larsen e Maehle. Il copione è scontato: la banda di Southgate all’ assalto e quella di Hjulmand che stringe le linee.
E’ Hojbjerg, uno dei leader dei danesi, a dare il segnale con un allungo in verticale che lo porta al tiro: un peccato di egoismo, ma l’ azione sveglia i suoi che tornano al tiro dopo mezzo minuto. L’ Inghilterra è interdetta: non si attendeva questa reazione. La diga Phillips-Rice ha qualche problema, ma dietro Walker aiuta la coppia centrale e i danesi in attacco non hanno risorse eccellenti. Si muove bene Damsgaard, il giocatore della Sampdoria. Nel complesso, la nazionale scandinava ha l’ animo leggero. Non ha pressioni sulle spalle. Comunque vada, ha già ottenuto un risultato straordinario.
Il gol danese. Damsgaard illumina la semifinale con un capolavoro su punizione. Il destro da venti metri infila il pallone sotto la traversa: Pickford non ci arriva ed è la prima rete incassata in questo Europeo dall’ Inghilterra.
La squadra entra in un territorio sconosciuto: quello della risalita. Southgate parla con il vice Holland e cambia qualcosa nel piano tattico: la mossa è quella di liberare Kane, arretrandolo e ripetendo lo schema adottato da Mourinho al Tottenham.
La variante Kane. La variante apre una crepa nella muraglia danese. Una parata da urlo di Kasper Schmeichel, sull’ assalto da un metro di Sterling, evita la caduta, ma un minuto dopo, ecco il pareggio. L’ azione è ispirata da Kane: l’ apertura libera Saka che vola, piazza il pallone al centro e Kjaer, in scivolata, nel tentativo di anticipare Sterling, buca Schmeichel. Si riparte con l’ Inghilterra avanti. Uno scontro in area Maguire-Kjaer porta all’ ammonizione del difensore e a un diverbio con il portiere danese. Il confronto tra i due si ripropone in una punizione pro England: sulla capocciata del capitano del Manchester United, il colpo di reni di Schmeichel è spettacolare.
Un gigante. Hojbjerg è il gigante danese: da solo fa reparto e consente ai suoi di indossare l’ abito di un insolito 5-2-3. L’ Inghilterra ha fretta e un filo d’ ansia. A sinistra Shaw comincia a liberare la corsa e a ripetere il giochino delle sovrapposizioni con Sterling. Phillips si prende la regia: lo scudiero di Bielsa dirige le operazioni. Hjulmand piazza tre cambi in un colpo solo: esce anche Damsgaard.
L’ attacco è quasi polverizzato dalle sostituzioni: resta solo Braithwaite. Ma è Southgate a scatenare Wembley: inserisce un creativo, Grealish, invocato dal popolo. Stavolta però la magia di altri match non si ripeterà. Il problema è che la Danimarca si muove bene, inserisce altre forze fresche e controlla il match portandolo ai supplementari: avesse giocatori superiori a Braithwaite e Poulsen, potrebbe cercare il colpaccio all’ ultimo tuffo.
Il rigore. L’ Inghilterra si ritrova nell’ extratime quasi incredula. Kane ha un lampo e Schmeichel inventa il terzo capolavoro della serata. Il duello tra i due però non è finito: quando Jensen abbatte Sterling in area, Makkelie fischia il rigore. La Var conferma la decisione, ma è un mezzo omaggio nei confronti dell’ Inghilterra, tanto per ribadire che sta giocando in casa questo europeo. Kane si presenta sul dischetto: Schmeichel para ancora, ma il centravanti brucia tutti sul tempo e il 2-1 porta l’ Inghilterra in finale.