Fatture false per importare auto, coinvolto un imprenditore di Corigliano-Rossano

Interessa anche la Calabria l’operazione della Guardia di Finanza sul giro di fatture false emesse per portare in Italia auto dall’estero. In particolare a rimanere coinvolto un imprenditore di Corigliano-Rossano che assieme ad altri due del Barese e del Salernitano avrebbero fatto parte del giro di cui era a capo un imprenditore di Pietrapertosa, in provincia di Potenza.

A lui le Fiamme Gialle hanno notificato una misura interdittiva ed è accusato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazione infedele e altro.
All’imprenditore sarà vietato di esercitare attività professionali o imprenditoriali per un anno.

Inoltre, è stato eseguito – su disposizione del gip presso il Tribunale del capoluogo, che ha accolto la richiesta della Procura delle Repubblica – il sequestro preventivo di beni mobili e immobili per un importo di oltre 1,3 milioni di euro, «corrispondente al valore delle imposte evase».

Il provvedimento è il risultato di indagini della Guardia di Finanza sulla contabilità relativa alla ditta guidata dall’imprenditore nei quattro anni dal 2014 al 2017.
Nell’inchiesta, come si accennava, sono coinvolti altri tre imprenditori che vendono auto a Modugno (Bari), Corigliano-Rossano (Cosenza) ed Eboli (Salerno). Sono indagati per emissione di fatture per operazioni inesistenti ed altro: oggi hanno subito delle perquisizioni oltre che ricevere la notifica del sequestro preventivo dei beni.

In pratica, secondo l’accusa, è stata avviata una frode all’iva su auto provenienti da Paesi dell’Unione europea, «con fittizia schermatura contabile di imprese dislocate» in Calabria, Campania e Puglia. La ditta potentina sarebbe riuscita a «dissimulare gli effettivi acquisti delle auto presso i fornitori comunitari al fine di evadere l’obbligo del pagamento preventivo dell’iva all’atto della nazionalizzazione degli autoveicoli, nonché di detrarre indebitamente l’imposta esposta sulle fatture».
L’imprenditore potentino nel 2021 aveva ricevuto un’altra misura di prevenzione patrimoniale, richiesta dalla Procura della Repubblica di Potenza e disposta dal Tribunale, dopo la ricostruzione di «una notevole sproporzione tra i redditi dichiarati rispetto al tenore di vita e all’elevato valore dei beni» disponibili.