Ferrovie della Calabria, il feudo di Lo Feudo: il boiardo servo del potere va (finalmente) in pensione

Oliverio e Lo Feudo, il deus ex machina delle Ferrovie delle Calabria

Non serviva certo il concorso-farsa per autisti di novembre 2018 per capire che le Ferrovie della Calabria sono da decenni ormai un inutile carrozzone politico funzionale solo alle esigenze elettorali di papponi come Mario Oliverio e di boiardi al soldo del potere come Giuseppe Lo Feudo. Ci si chiede com’è possibile che ancora non siano state cancellate con un colpo di spugna ma fino a quando governerà questa classe politica (senza nessuna distinzione tra centrodestra e centrosinistra e con la complicità dei sindacati venduti) nulla potrà mai cambiare.

La notizia di oggi è che Lo Feudo se n’è andato in pensione. Eh sì, anche per lui è arrivato il fatidico momento. Che cosa lascia? Il deserto dei Tartari… Un’azienda che produce solo debiti e una ferrovia che a malapena riesce ad arrivare a Catanzaro e a Soveria Mannelli, “saltando” a piè pari tutta la Sila. Una vergogna! Ci dicono che prima di andar via l’immarcescibile Lo Feudo ne abbia combinato un’altra delle sue, una veramente grossa. Si parla di promozioni a tavoletta; ma non abbiamo ancora tutti gli elementi necessari e quando li avremo non c’è dubbio che ve li riveleremo. Per il momento accontentatevi di un breve “ripasso” delle sue prodezze. 

143 mila euro l’anno. Da venti anni dirigente delle Ferrovie della Calabria, servitore di mille padroni. Il suo nome è Giuseppe Lo Feudo, ingegnere, governativo più di un Prefetto. È lui che comanda le Ferrovie da decenni, lui le ha gestite portandole a un debito spaventoso coperto con i fondi Fas. Ed è lui oggi ad essere garantito e supportato da Mario Oliverio.

Covelliano storico (sono anche parenti), ai tempi di Scopelliti divenne subito amico di Fausto Orsomarso. Non mancava a una riunione di partito. Ovviamente, passato il Santo, passata la festa.

Lo Feudo vota Guccione alle Regionali su indicazione di Oliverio ma lo lascia non appena litiga con il Governatore. Insieme a Marazzita e Pinna, gli altri due dirigenti, costa 400 mila euro annui per una gestione disastrosa che produce solo deficit.

Da Mario Oliverio ci si aspettava che lo togliesse fuori dalle stanze, ma è ancora saldo lì con i sindacati appecoronati a pendere dalle sue labbra (presto scriveremo approfonditamente anche di questo altro scandalo). Pronto a far saltare la riforma monca voluta dall’assessore Musmanno per continuare a essere il padrone della locomotiva. Una locomotiva lenta, dove ci sono appalti di milioni di euro che nessuno va a verificare.

Il feudo di Lo Feudo, uomo buono per tutte le stagioni.

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29 febbraio 2012 – Emilio Grimaldi

Alla stazione delle Ferrovie della Calabria di via Milano a Catanzaro c’è un via vai di “addetti al movimento in esercizio”. Addetti. Non sono autisti. Non sono meccanici. Solo addetti. Sono più degli autobus che circolano e di quelli parcheggiati perché non hanno un autista o perché guasti.

A Via Crispi 117, poco lontano, c’è la Direzione di esercizio. Anche qui gli addetti affollano.
Infine, c’è la Direzione generale, sempre su via Milano, l’Assessorato Trasporti della Regione Calabria. Addetti, sempre addetti. A sentire il direttore generale, Giuseppe Lo Feudo, “sono diminuiti” rispetto al predecessore, a Ernesto Gigliotti. Gli addetti lo venerano. Sarà perché alcune indennità di pertinenza degli operai di “esercizio” le ha trasferite a tutti indistintamente, compreso gli addetti. Sarà. Concorsi pilotati? “No, sono tutte supposizioni”. E le consulenze? “Pensi che sotto la voce “consulenze” nei bilanci vengono conteggiati anche i corsi di formazione”. Nega Lo Feudo. Ma una cosa l’ammette. Anzi due.

È parente di Franco Covello, ex senatore e politico di lungo corso della circoscrizione di Cosenza. Dalla Democrazia cristiana a Forza Italia. Alla Margherita. Attualmente sembra abbia raggiunto il porto del Pd. Ma soprattutto ex amministratore unico delle Ferrovie della Calabria. Colui che lo pose ai vertici delle Ferrovie. Una promozione in famiglia.

La seconda. Le pasticche dei freni degli autobus. “Una sola volta è capitato!” si giustifica. Sì, si è sganciata dalle ruote mentre stava partendo. Per fortuna. La manutenzione ordinaria e straordinaria dei pullman è in mano ai Fratelli Circosta Srl. “Hanno vinto una gara europea”, tiene a precisare. Era il 2007. “Non io, ma tutto il Consiglio di Amministrazione lo decise”. Morale: sessanta dipendenti in meno. Dove sono andati a finire? “Non li abbiamo licenziati. Alcuni sono andati in pensione. Altri adesso svolgono mansioni diverse”. Ci ha guadagnato la Pubblica Amministrazione? “Certo”. E come? Iniziano i calcoli.

E vengono fuori i particolari della gara europea. “Venticinque centesimi di euro per ogni chilometro. La linea gommata ne percorre circa nove milioni all’anno. Due milioni di euro per Circosta, quindi. Solo due milioni a fronte dei due milioni e mezzo per gli operai. Anzi – corregge – ultimamente abbiamo rinegoziato il contratto. Perché la qualità, rispetto a prima, è leggermente diminuita. La ditta adesso si occupa della manutenzione solo degli autobus che hanno meno dieci anni di usura”. Meno chilometri e meno soldi. E chi la fa ai mezzi più vecchi? “Noi”.

Sfugge al direttore il senso di appartenenza alle Ferrovie, svendute al miglior offerente. La qualità, prima, non è mai stata in discussione. Sessanta operai sull’altare dei soldi. Gestione Lo Feudo. “Gigliotti non l’avrebbe mai permesso”, confessa un dipendente che vuole rimanere anonimo. “Era severissimo. Diritti e doveri. Non faceva sconti a nessuno. Eppure le cose allora funzionavano”, continua.

OGGI le Ferrovie della Calabria sono in caduta libera. I percorsi ferrati chiudono giorno dopo giorno. San Giovanni in Fiore. Gioia Tauro. Cinquefrondi. Sinopoli. È rimasta solo la tratta Catanzaro – Cosenza. Spezzata, però. Fino a Colosimi dal capoluogo. E a Rogliano da Cosenza. Aumentano le braccia conserte dei dipendenti. E, paradossalmente, anche quelli che non si possono prendere un giorno di ferie senza compromettere il servizio.

Come alla Funicolare di Catanzaro. C’è un avviso all’ingresso della Direzione esercizio di via Crispi. Che recita: “Si informa il personale tutto che, dovendo soddisfare necessità di servizio afferenti a specifiche carenze di organico presso la Funicolare di Catanzaro, è data facoltà agli interessati ad acquisire le previste abilitazioni ad a svolgere le mansioni di operatore fta, di farne specifica richiesta, indirizzata allo scrivente ufficio, tramite gerarchico, improrogabilmente entro il 29 febbraio 2012. (…) in mancanza di istanze in tal senso si procederà ad adottare i provvedimenti di mobilità interna per la copertura dei posti vacanti”. Firmato: il direttore generale, Giuseppe Lo Feudo. Bene. Allora, il personale c’è. Va solo traghettato. Dal non lavoro al lavoro. Gli addetti con le mani in mano sono avvisati. Gli stessi addetti Lo Feudo.

SUL “BUCO” di 120 milioni è categorico. Non dipende dalle “consulenze”. E nemmeno da Circosta. Lo esclude. E lo adduce, invece, ai crediti che vantano le Ferrovie nei confronti dello Stato e della regione Calabria. “L’inflazione. La vera causa del dissesto finanziario”.

È DELLO SCORSO 23 dicembre (siamo nel 2011, ndr) il trasferimento definitivo dallo Stato alla Regione dei beni, degli impianti delle infrastrutture dell’ex gestione commissariale governativa delle Ferrovie della Calabria. Non si è fatta attendere la dichiarazione dell’assessore al Bilancio e alla Programmazione, Giacomo Mancini: “Per noi una risorsa”.

Lo Feudo lungimirante, oltre Circosta: “L’intesa rappresenta il primo passo verso il compimento della regionalizzazione delle aziende ferroviarie”. Dixerunt.