C’è un filo rosso che unisce tutti i partecipanti, in qualità di soggetti attuatori dei progetti SPRAR, all’abbuffata dell’accoglienza.
Un comune denominatore che li rende tutti uguali. A guardare gli statuti che regolano le associazioni o le cooperative che gestiscono l’accoglienza nel nostro territorio, sembrano fatti tutti col copia e incolla.
Un primo aspetto che salta agli occhi è che sono tutte ONLUS. Ovvero: organizzazione non lucrativa di utilità sociale. Il che lascia intravedere lo spirito solidaristico che di fondo muove queste realtà, spesso costituite proprio in funzione della presentazione del progetto SPRAR. Come a dire: tutti si scoprono solidali il giorno prima di presentare il progetto. E lo diventano ancor di più quando il progetto diventa operativo.
Tutte si propongono questo: la promozione umana, la promozione sociale, la formazione, la condivisione, l’assistenza, la solidarietà, le pari opportunità, l’accoglienza e l’ospitalità a persone, adulti o minori, italiani o stranieri, in condizione di disabilità, marginalità e/o fragilità sociale, anche in convezione con gli enti pubblici o privati proposti.
E tutto, sottolineo, come dicono loro stessi, senza scopo di lucro. Che vuol dire, al netto di rimborsi spese giustificate, o “contratti per prestazioni lavorative continuate o occasionali”, nessun altro guadagno è possibile.
Il bilancio economico ogni anno deve essere pari a zero. In tutte le operazioni che mettono in campo, le onlus non possono ricavarne nessun profitto. Se entrano 100 euro si devono spendere, giustificandoli, 100 euro. Per essere chiari.
Oltre alla fratellanza per il prossimo, c’è un altro aspetto che accomuna questo fantastico mondo dell’altruismo, ed è quello che nessuna di queste realtà associative, ha mai reso pubblico un solo bilancio economico delle loro attività. Mi riferisco a quelle che incassano i soldi dello SPRAR.
Certo, la Legge non li obbliga a farlo – hanno l’obbligo di rendicontare all’ente gestore, ma si sa che spesso, come vedremo, il controllore ed il controllato coincidono – ma qui subentra un problema etico/morale.
Mi spiego: se ti dici solidale, se sei contro ogni forma di razzismo, se ti batti per i diritti degli ultimi, se imputi la mancanza di lavoro alle ruberie dei politici, se predichi legalità e Giustizia, non puoi sottrarti poi ai tuoi doveri etici, in primis la trasparenza. Proprio perché ciò che ti muove non è il profitto, ma la ricerca della giustizia sociale.
Almeno questa è la sintesi del pensiero che viene fuori a leggere tutti gli scritti che queste realtà producono. Che è un pensiero politico.
Infatti, la maggior parte di queste realtà associative provengono da una cultura politica cosiddetta di sinistra. Dove è più facile trovare, almeno virtualmente, l’adesione ad una battaglia politica terzomondista. E’ così che molti politici intrallazzini mascherano la loro adesione ai progetti di accoglienza, con la scusa della politica. Quella che contrappone i buoni, che sarebbero loro che accolgono i bisognosi, ai cattivi, cioè i razzisti, i fascisti, e le truppe coloniali. E in mezzo, secondo loro, il nulla.
Ma è solo una grande paraculata. Perché è meglio suscitare polemica politica fittiziamente che parlare di bilanci, fatture, e trasparenza. Meglio occupare i CPT, fare cortei di qua e di là, che pubblicare i bilanci economici.
Con l’attività politica, specie quella un po’ rivoluzionaria alla Che Guevara de noantri, u sguabbu, come vedremo nel dettaglio, si camuffa meglio.
E poi, quando ti capita di parlare con qualcuno di questi operatori dell’accoglienza, quasi tutti si presentano come se facessero tutto questo solo col cuore. Che per carità ci sarà pure, ma nessuno mai che spiega o dice chiaramente di ricevere un compenso per quello che fa.
Si preferisce, a primo impatto, dare questa impressione, se poi qualcuno lo chiede, non si può negare. Insomma, mi pare di capire che più si vestono di umanità tanto più si sentono esenti dai doveri sociali e morali, quali dar pubblico conto di come vengono spesi i denari per questi progetti. Di spiegare come sono redistribuiti, e quali criteri si adottano, nello scegliere, ad esempio, questo o quel fornitore. Di questo non puoi chiedere.
Con loro si parla solo di politica, questa cosa dei conti è per volgarotti come me, o peggio, per provocatori fascisti. Infatti quello che non capisco è dove sta il problema a pubblicare i bilanci.
Giova dire che ci sono progetti SPRAR che a Cosenza e provincia, amministrano centinaia di migliaia di euro. Alcuni ricevono finanziamenti fino a 6/700 mila euro all’anno. E sarebbe cosa buona e giusta darne conto.
Non fosse altro che per fermare tutte le vere speculazioni razziste che sul “giro di denaro” in questi progetti, si sono generate.
Piuttosto che chiamare in causa il conclamato razzismo di Salvini, si dia allo stesso la prova di come economicamente questi progetti funzionano. Quali sono le ricadute economiche e sociali per i territori che li ospitano. Come si sviluppa attorno ai migranti un processo economico virtuoso. Carte e conti alla mano. Altrimenti tutto si riduce a chi ce l’ha più grosso tra Manoccio e Salvini.Non basta concordare un servizio con il TG3 per dirsi onesti. Non basta un Festival a fare di una idea un progetto riuscito. Se manca l’onestà e la trasparenza, specie in questi progetti dove si “tratta” materiale umano, tutto ciò che appare non può che essere frutto di ipocrisia.
L’onestà è una pratica che si esplica. Infatti diffido sempre di chi la enuncia in piazza, salvo poi fare ricchia i mercanti quando tocca a lui darne prova. I peggiori in assoluto.
Mi chiedo: perché non si può sapere, ad esempio, quanto si spende a Cosenza, piuttosto che ad Acquaformosa per il dentifricio dei profughi? Oppure quante TV sono state comprate? Quanto vitto è stato acquistato? Dove è stato acquistato?
Chiunque neghi questo, cioè rendere disponibili i propri bilanci alla pubblica visione, a differenza di come fanno tanti altri, ad esempio, la Terra di Piero, va da se che ha qualcosa da nascondere, e noi lo abbiamo trovato, e domani vi racconteremo come avviene u sguabbu su questi progetti.
GdD
2 – (continua)