di Lorenzo Curia
Stanotte si è improvvisamente spento Franco Piro, deputato socialista per 3 legislature.
Piro lo conobbi nel 2012 a Bologna perché volevo scrivere un libro su di lui. Andai nel suo studio su Via Maggiore e mi raccontò in breve la sua storia. Nato a Cosenza nel 1948, poliomielitico ad appena un anno di età, dopo il diploma partì per l’Università di Bologna dove iniziò la sua militanza nel movimento studentesco ed operaio.
Amico da subito di Bifo (Franco Berardi) insieme entrarono in Potere Operaio, contestandone la militarizzazione e la scelta della lotta armata. Divenne dirigente e segretario di Pot.Op. nel 1970, ma nel 1973, con il convegno di Rosolina che decretò la fine del gruppo, scelse la via moderata. Si iscrisse nel PSI ed anche qui, ne divenne un giovane dirigente in tempi brevi fino ad entrare in Parlamento nel 1983.
Nel 1989 venne nominato Presidente della Commissione Finanze della Camera ed attivò numerose leggi che regolarono la trasparenza bancaria. Negli stessi anni, promosse e divenne il padre della pluridiscussa legge 104 per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, così come la legge per l’eliminazione delle barriere architettoniche.
Dopo la bufera del 1992, fu uno dei pochi a non essere minimamente toccato da Di Pietro e dal suo pool, ma da buon fedelissimo di Bettino Craxi, si fece trasferire a Tunisi per continuare ad insegnare Storia Economica e per assistere il suo grande amico che viveva in quel momento ad Hammamet.
Tentò più di una volta la riconciliazione dei Socialisti, ma senza ottenere grandi risultati. Carattere duro, irruento, ma sempre fiero, passò alla storia per alcune gesta memorabili, per esempio le stampellate in testa al suo nemico giurato Cirino Pomicino, accusato da Piro di essere un camorrista al servizio delle famiglie di Napoli.
Quel giorno a Bologna mi raccontò una marea di fatti, ma ripercorremmo anche la sua giovinezza cosentina e i suoi primi passi da militante anarchico. “Vida ca iu scrivìa supra Umanità Nova” mi gridò. Ricordò quasi con paradossale commozione quando guidò gli scontri al Teatro Rendano per l’arrivo di Domenico Modugno. “I borghesi si meritanu sulamente l’ova”, ed infatti vi fu un lancio di uova impressionante, tanto da scatenare la repressione poliziesca. Oppure lo smantellamento dei carri dei goliardi a Corso Mazzini, completamente distrutti ed incendiati. “Era ù ’68, eravamu arraggiati e c’ero puru io. Ma non rinnego ste cose. Non me ne pento, ma non me ne vanto”.
Ciao Franco, che la terra ti sia lieve.