Franco Sammarco e l’immenso potere del foro di Cosenza

Franco Sammarco versione "007"

La fortissima lobby degli avvocati cosentini (parliamo degli studi legali che vanno per la maggiore, quelli che macinano soldi, non certo dei giovani o di quelli che non sono mai entrati nei “circuiti di potere”) affonda le sue radici praticamente nella notte dei tempi quando il foro di Cosenza era davvero una culla di civiltà e sapere. Ma nei bei tempi andati c’erano avvocati di enorme spessore, non certo quelli che ci sono adesso.

“… Col Risorgimento e l’Unità d’Italia – scrive lo storico Luca Addante – la classe borghese celebrerà il suo trionfo e vale la pena evidenziare il protagonismo secolare, nel ceto borghese cittadino, dei cultori del diritto. Analizzando la rappresentanza municipale cittadina dall’unità al fascismo, contiamo una percentuale di avvocati superiore al 50% tra i sindaci: si pensi ad Alfonso Salfi o Francesco Martire ma anche a un giurista del calibro di Bernardino Alimena…”.

Bernardino Alimena

Il ceto forense legittimerà la sua rappresentatività anche sul piano parlamentare con Francesco Martire prima e con il leader radicale Luigi Fera successivamente. Ma erano avvocati di spessore anche Pietro Mancini e lo stesso Fausto Gullo.

A metà degli anni Settanta, per come scrive Arcangelo Badolati nel suo “Mamma ‘Ndrangheta” i maggiori avvocati che operavano nel foro di Cosenza erano

“…il grande Luigi Gullo, Silvio Sesti, Orlando Mazzotta, Ernesto d’Ippolito, Carlo Vaccaro. Cominciano brillanti carriere pure Sergio Calabrese, Ninì Feraco, Riccardo Adamo, Giuseppe Mazzotta, Enzo Aprile, Tommaso Sorrentino, Massimo Picciotto e Franco Sammarco… “.

sesti

E’ in questa situazione che matura l’omicidio dell’avvocato Silvio Sesti. Otello Lupacchini, il magistrato che ha contribuito a sgominare la Banda della Magliana e che ha lavorato a lungo sugli intrecci nel Tribunale di Cosenza, sintetizza così la matassa.

“Una ristretta cerchia di avvocati si appropria dello spazio lasciato libero dal collega assassinato. Mentre l’avvocato Sesti era un penalista vecchio stampo anche con un certo nome e proiettato sulla piazza romana, coloro che trovavano nella sua morte ragione di crescita e di affermazione sono di fatto avvocati i quali operavano esclusivamente sul territorio di Cosenza e che si segnalarono nel 1991 per avere inscenato il primo lungo sciopero della categoria solo per sbarazzarsi di un collegio di magistrati che voleva condannare alcuni pregiudicati evidentemente graditi alla loro categoria…”

Dallo sciopero del 1991 all’operazione Garden del 1994 il passo è breve. La prima vera retata sulla malavita cosentina viene abilmente smontata, pezzo dopo pezzo, dalla procura di Cosenza e dalla fortissima lobby degli avvocati. Del resto, attribuire tutto quanto è avvenuto prima del processo ad accordi perversi tra delinquenti è operazione del tutto riduttiva.

Quando sono stati toccati gli interessi corporativi degli avvocati e sono stati portati alla luce gli interessi incrociati della delinquenza e della politica attraverso la pratica perversa del voto di scambio, sono usciti fuori i registi occulti. Il processo Garden non si doveva fare, costasse anche chissà che cosa. Si è arrivati sia all’intimidazione e all’aggressione fisica sia alla delegittimazione dei magistrati.

L’operazione è stata possibile grazie all’abile manovra delle decine di pentiti che sono usciti fuori. Accuse indiscriminate, anche nei confronti di magistrati e di chi si è reso strumento più o meno consapevole di tali manovre. La Dda è stata delegittimata presto. I pentiti consentivano di rinvenire armi, esplosivi, congegni per azionare ordigni, cadaveri sepolti e dimenticati. Di conseguenza, venivano considerati preziosi e insostituibili. Da un lato aumentava il numero dei soggetti che dichiaravano la loro dissociazione dalle cosche, dall’altro si delineava il pericolo dell’inquinamento probatorio.

Il procuratore Lombardi, nella sua audizione, dichiara di non voler demonizzare l’intera classe forense ma indicava negli avvocati Tommaso Sorrentino, Antonio Cersosimo, Luigi Cribari, Marcello Manna e Paolo Pittelli personaggi protagonisti di fatti censurabili penalmente mentre coloro che sono stati strumenti più o meno consapevoli delle manovre in atto rispondevano ai nomi del procuratore Serafini e del sostituto anziano Spagnuolo.

Mario Spagnuolo
Mario Spagnuolo

FRANCO SAMMARCO

Franco Sammarco, nonostante sia tra i “big” del foro fin dagli anni Settanta, non compare tra i registi occulti indicati da Lupacchini. In quel periodo il suo ruolo è un altro.

Franco Sammarco
Franco Sammarco

Nel 2000 Franco Pino lo aveva accusato di essere implicato in un presunto piano per “liquidare” il magistrato della Dda Stefano Tocci, titolare del processo Garden. In quell’occasione, Sammarco aveva immediatamente denunciato per diffamazione Franco Pino e lo aveva anche fatto condannare. Sappiamo tutti che Franco Pino aveva stretto un patto con la procura e con gli avvocati. Sammarco non faceva parte di questo patto? Difficile dirlo. Abbiamo imparato che, soprattutto a Cosenza, nulla è come appare e non serve molta fantasia a pensare cosa possa essere accaduto dietro le quinte di quella clamorosa accusa di Franco Pino a Franco Sammarco.

Franco Pino
Franco Pino

Nel partito unico del potere che gestisce a suo piacimento le vicende di Cosenza, l’avvocato Franco Sammarco è stato ed è una delle pedine fondamentali.

Sammarco è un penalista di grande successo e nella sua ormai lunga carriera ha difeso decine e decine di personaggi di grido della malavita (il lavoro è lavoro), ma anche e soprattutto politici.

Da Sandro Principe ad Orlandino Greco, da Ennio Morrone a Franco Morelli per finire a Franco Pacenza, tanto per fare qualche esempio. 

Il suo nome, tuttavia, rimane legato indissolubilmente e a doppio filo a quelli di Nicola Adamo ed Enza Bruno Bossio. Sia per affinità politiche, dal momento che Sammarco non ha mai fatto mistero delle sue origini comuniste, ma anche per rapporti di stima e amicizia sincere che si protraggono ormai da decenni.

Nel 2006 Franco Sammarco è stato uno dei fulcri centrali della fallimentare esperienza di Salvatore Perugini sindaco della città. Ma è stato proprio in questa occasione che Sammarco non ha gradito l’impostazione politica di Nicola ed Enza. E così, dopo un anno e mezzo a dir poco burrascoso, si è dimesso dalla prestigiosa carica di presidente del consiglio comunale e subito dopo anche da consigliere comunale. Perugini-Sammarco, tanto per essere chiari, era la coppia sulla quale era stata costruita l’alleanza caravanserraglio composta da ben 12 liste che si è sciolta come neve al sole e che fin da subito si è distinta solo per litigi, ricatti e contrapposizioni per conquistare strapuntini di potere.

Sammarco, che è uno che le cose non le manda a dire, ha “strappato” e ha detto basta. Ma non per questo ha rotto i suoi rapporti con Nicola ed Enza.

Nasce così il suo ruolo di mediatore alle elezioni del 2011 e di regista occulto di fughe di notizie. Contrariamente a quanto accadde nel 2000, stavolta è lui che fa circolare i verbali. Per gli stessi motivi che portarono alla delegittimazione della Dda nel 2000, quando lui, almeno apparentemente, era dall’altra parte.

E la fuga di notizie, per chi non lo sapesse, è un reato. La tradizione di cultura del diritto si è ormai ridotta a cultura dell’intrallazzo.