Il Riesame dà ancora una volta torto alla Procura di Paola in merito al sequestro del telefonino del fuscaldese Davide Di Domenico, ambientalista incensurato e vittima di estorsione.
E stavolta, i tre giudici entrano anche nel merito, dando torto al maresciallo che la sera in cui venne sequestrato il telefonino condusse Di Domenico in caserma, dopo averlo accompagnato in ospedale, dentro l’auto di servizio, per via una frattura del braccio verificatasi a causa della caduta registrata proprio durante l’azione di sequestro.
Sulla vicenda, tra l’altro, pende una interrogazione parlamentare del senatore Roberto Calderoli. Intanto nella ordinanza dei giudici Di Dedda, Marletta e Bilotta della sezione penale riesame si legge testualmente.

“In data 28.5.2016 il maresciallo (…) era a passeggio in Fuscaldo, quando incontrava suoi conoscenti e si fermava a parlare. Nel frangente osservava Di Domenico passare sulla pubblica via e puntare il telefonino (poi sequestrato) verso gli astanti fotografandoli. Ne sorgeva una discussione – raccontano i giudici nella ordinanza – in quanto il (maresciallo) si qualificava e chiedeva i motivi della foto. Di Domenico opponeva resistenza e ne nasceva un diverbio all’esito del quale il telefonino veniva consegnato dal proprietario” ad un altro maresciallo presente in sede, “intervenuto per sedare la lite, che lo sottoponeva a sequestro”.
Il Pm convalidava il sequestro – ricordano i giudici – “e, una volta annullato dal Tdl, il provvedimento per ragioni procedurali, procedeva a risottoporre a sequestro il cellulare…”.
Ma andiamo ai motivi secondo i quali i tre giudici del Tdl, anche questa volta, hanno bocciato il provvedimento della Procura, dando ragione agli avvocati Ugo Ledonne e Adolfo Cavaliere.
“E’ manifesta l’insussistenza del fumus commissi delicti per il reato ex articolo 615 bis c. p. (interferenza illecita nella via privata, ndr) in quanto tale illecito può perfezionarsi in caso di riprese nei luoghi indicati dall’articolo 614 c.p., non certo per riprese sulla pubblica via; in subordine, il reato sarebbe stato improcedibile per assenza di querela della parte offesa”.
E ancora: “Del tutto assente è poi il nesso pertinenziale del telefonino col l’eventuale reato di resistenza a pubblico ufficiale in quanto la condotta attiene al massimo alle frasi e ai gesti compiuti dal Di Domenico verso il maresciallo (…) dopo il contatto verbale intercorso tra i due”.
I tre giudici del Riesame emettono la seguente decisione: “Accoglie la richiesta e per l’effetto annulla il decreto del PM di Paola di sequestro probatorio qui impugnato, disponendone la restituzione del telefonino”.