(di Antonio Padellaro – ilfattoquotidiano.it) – Si dice che Giulio Andreotti trangugiasse aspirine per difendersi dall’emicrania che gli procurava la vista di certi suoi impresentabili “amici” democristiani. Soprattutto quando, al rientro dai frequenti viaggi all’estero, il paragone di quei nani politici con i grandi della Terra a cui aveva fatto visita si faceva per così dire arduo. Abbiamo il sospetto che trascorsi i primi nove, dieci mesi di convivenza con un governo che si manifesta ogni giorno di più come un consiglio dei sinistri, Giorgia Meloni stia esaurendo le riserve di non proverbiale pazienza. È vero che di fare il presidente del Consiglio non glielo ha mica ordinato il medico e che la lista dei ministri con la sua firma in calce l’ha portata lei al Quirinale, ma quando è troppo è troppo. Dal garrulo Carlo Nordio troppo ebbro di sé per rinunciare a prendere di petto l’intera, suscettibile, categoria dei suoi ex colleghi magistrati e su materie delicatissime come la libertà di parola. Alla troppo disinvolta Daniela Santanchè, come imprenditrice non certo un modello di rigore etico alla luce delle gravi accuse non smentite di Report: dipendenti lasciati a casa senza Tfr e uso illegale della cassa integrazione.
Perfino il celebrato ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, non sembra più quel modello di equilibrio e competenza tramandatogli da Mario Draghi, ma piuttosto un indeciso a tutto e sempre sull’orlo di una crisi di nervi. Come sul maledetto Mes dove l’Ue lo tiene sulla corda alla luce dei vistosi ritardi dell’Italia sul Pnrr, mentre Salvini lo strattona richiamandolo ai suoi doveri di militante padano. Quel medesimo capo leghista che a un anno dalle Europee è già in campagna elettorale con il manifesto proposito di logorare FdI e di recuperare quei voti che con l’abituale sicumera egli considera al momento in libera uscita.
Tra le tante ipotesi che sono state fatte sul rinvio del consiglio dei sinistri a Palazzo Chigi (prendere tempo, diversivo tattico, scazzo mostruoso) preferiamo pensare a un pomeriggio disintossicante della premier, magari in famiglia (in attesa della prossima rigenerante visita di Stato con il mondo che conta). Sempre meglio di una doppia aspirina per non pensare a certe facce.