Giornalisti, Todos Caballeros a caccia di un voto e una poltrona

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Giornalisti per la Riforma
Todos Caballeros a caccia di un voto
e di una poltrona
di Oreste Pivetta (consigliere nazionale uscente)

“Todos Caballeros” pare abbia detto – ma l’attribuzione è incerta – Carlo V, di passaggio da Alghero, ai cittadini, che vantavano fedeltà e reclamavano titoli nobiliari, tanto per tacitarli… “Tutti riformisti” si potrebbe correggere oggi. Tutti riformisti a un passo dalle elezioni per il rinnovo dei consigli nazionale e regionali dell’Ordine. La medaglia se la vogliono appuntare, malgrado la storia di questi ultimi anni e di questi ultimi mesi sia stata ben diversa.

Basterebbe rileggere i verbali delle sedute del Consiglio nazionale per rendersi conto quanto i “riformisti” di quest’ultima ora abbiano cercato di ritardare, intralciare, affossare il dibattito al nostro interno (quando si sarebbe potuto da anni presentare un “nostro” originale progetto complessivo) e quanto con le stesse armi, in altre sedi, abbiano provato a ripetersi ostacolando il cammino parlamentare della legge sull’editoria, per quelle righe che riguardano appunto l’Ordine.

Qualcuno (non lo nominiamo per pietà umana), qualcuno che non ha mai lesinato il proprio assenso alla maggioranza che sosteneva la presidenza Iacopino, ha definito “facinorosi” quanti si sono battuti per una riforma ormai inderogabile, una piccola riforma che si esprime comunque nel solco della legge istitutiva (i cui cinquant’anni furono celebrati con grande solennità), riducendo il numero dei consiglieri nazionali (da 156 a 60), ripristinando il rapporto tra professionisti e pubblicisti previsto dall’articolo 16 della legge (due a uno), confermando responsabilità rispetto a temi come accesso, scuole, formazione, deontologia, restituendo dunque credibilità ad un organismo divenuto pletorico, costosissimo (a spese di tutti i giornalisti italiani), screditato.

Abbiamo fatto parte di quella piccola pattuglia di “facinorosi”, dentro il Consiglio, insieme con colleghi di tutta Italia, professionisti e pubblicisti, al fianco di tanti presidenti regionali, piccola schiera all’inizio che si è via via infoltita, anche in questo caso rappresentando gran parte delle regioni: dalla Lombardia di Gabriele Dossena al Lazio di Paola Spadari.

Gli altri, gli avversari della riforma, di qualsiasi riforma, li conosciamo nome per nome e il loro trasformismo e il loro opportunismo non ci possono ingannare: si potrebbe compilare facilmente l’elenco degli intruppati. Amareggia che tra questi vi siano anche coloro che avrebbero alle spalle una importante tradizione autenticamente riformista, sacrificata sull’altare della spartizione di piccoli poteri, di mance, di poltrone, accettando alleati d’ogni sorta, a cominciare da quanti hanno usato lo strumento della formazione per organizzare interessi clientelari e addirittura per imbastire qualche sceneggiata di propaganda politica, con l’interessata complicità della presidenza nazionale (tante volte in contrasto con i pareri espressi dai consigli regionali). Anche in questo caso ai danni dei colleghi giornalisti, che avrebbero il diritto ad una formazione di qualità.

Vogliamo cambiare e per cambiare non c’è che una strada, quella che indica la stessa legge del 2016 e nello spirito della legge istitutiva. Contro intollerabili pratiche clientelari, addirittura familistiche. Per un Ordine dei  giornalisti per i giornalisti.